Barcellona con vista Madrid: le prime difficoltà di Ada ‘Podemos’ Colau
La vittoria di Ada Colau a Barcellona è stata sicuramente la più importante di Podemos alle elezioni regionali e Comunali. Da un punto di vista politico rappresenta una sorta di avamposto per cercare di prendere Madrid, nel senso del governo del Paese. Il prossimo autunno, infatti, la Spagna dovrà rinnovare il Parlamento e Pablo Iglesias sogna di sconfiggere i popolari di Mariano Rajoy e i socialisti di Pedro Sanchez.
Restando sugli avvenimenti del recente passato, Podemos, grazie all’alleanza con movimenti locali uniti nella lista Barcelona en Comú (BComú), è riuscito a conquistare la maggioranza relativa dei seggi (11) per guidare il Comune della principale città della Catalogna. A patto di trovare i numeri (la soglia di maggioranza è fissata a 21) per approvare i provvedimenti che di volta in volta saranno portati in Assemblea.
Ma Barcellona è complicata da governare, in quanto alle questioni amministrative si intrecciano le spinte autonomiste catalane. Il 9 novembre 2014, data del referendum sull’indipendenza (giudicato preventivamente illegale dalla Corte Costituzionale), non è lontana e quell’appunatamento, per quanto ininfluente dal punto di vista pratico, ha un significato simbolico prorompente. Un fatto di cui la leader della lista BComú deve temer conto.
La prossima sindaca di Barcellona deve infatti dirimere la questione soberanista, finendo per fare i conti con la sua posizione favorevole al referendum sul tema dell’indipendenza; che è una bandiera irrinunciabile per la Esquerra Republicana de Catalunya (Erc), la sinistra repubblicana catalana, e per Candidatura d’Unitat Popular (Cup), due partiti regionali che hanno rispettivamente 4 e 3 seggi.
I socialisti, altri preziosi interlocutori della giunta di Podemos, hanno già posto un veto, attraverso l’ex ministra Carme Chacón: «Sulla questione indipendentista non si tratta», ha detto l’aspirante leader nazionale del Psoe. Dunque, la strategia per azzoppare l’amministrazione partirebbe dalla rivendicazione dell’unità nazionale. Anche perché il 27 settembre è atteso il voto per il rinnovo della Generalitat catalana, il governo regionale, che è interpretato come un vero pre-referendum sulla questione indipendententista.
In un quadro molto contraddittorio, la combattiva attivista per i diritti alla casa Colau ha dovuto sfoderare una virtù quasi democristiana. «Per alcuni il processo indipendentista può essere l’espressione di indipendenza, per altri, uno stato federale o confederale. Ci sono sfumature diverse», ha affermato la vincitrice delle elezioni di Barcellona. Insomma, bisogna trovare una quadratura del cerchio per raggiungere un’intesa di massima, anche se è chiaro che dovrà affrontare la sua esperienza amministrativa con un governo di minoranza. Una missione difficilissima vista l’ambizioso programma da rispettare (con in testa il blocco degli sfratti), già visto con sospetto dagli imprenditori che hanno chiesto continuità con il “modello di sviluppo” degli ultimi 20 anni.
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