Commercio
Ecco cosa diceva Adam Smith sulla lobby dei supermercati aperti la domenica
In questi giorni è in discussione in Parlamento una nuova legge che regoli gli orari degli esercizi commerciali. Federdistribuzione in suo documento fa il punto della situazione, argomentando con dovizia di dati, le cui conclusioni i non sono sempre univoche come vorrebbe lasciare intendere nel documento, perché è contraria al progetto di legge.
Questa proposta sta alimentando un fiorente dibattito a cui partecipano giornalisti, blogger e tanti altri. Siccome la legge è ancora in discussione e buona parte dei commentatori non ne sanno granché di commercio, buona parte di essi si sono rifugiati in considerazioni di principio, citando i tipici santini da dibattito economico con qualche new entry: Adam Smith, Marx, von Hayek e von Mises, Baudrillard, de Unamuno etc.
A questo punto lasciate che anche io, come Marco Parigi, tanto per rimanere in famiglia, citi qualche riga di An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations di Adam Smith:
To widen the market and to narrow the competition, is always the interest of the dealers…The proposal of any new law or regulation of commerce which comes from this order, ought always to be listened to with great precaution, and ought never to be adopted till after having been long and carefully examined, not only with the most scrupulous, but with the most suspicious attention. It comes from an order of men, whose interest is never exactly the same with that of the public, who have generally an interest to deceive and even oppress the public, and who accordingly have, upon many occasions, both deceived and oppressed it. (The Wealth Of Nations, Book I, Chapter XI, Conclusion of the Chapter, p.267, para. 10
In sintesi, per Adam Smith, già alla fine del ’700, ampliare il mercato e ridurre la competizione è nell’interesse dei venditori. Ogni proposta che arriva da costoro deve essere scrupolosamente vagliata, perché mai l’interesse di costoro coincide con l’interesse generale, ed in molte occasioni si è potuto sperimentare come l’interesse dei commercianti fosse quello di ingannare (deceive) e tiranneggiare (oppress) il pubblico.
Questa lunga citazione per dire che se si frequentano le pagine di questi giganti come si frequentano quelle dell’ I-Ching si trova sempre una parola di conforto per la propria tesi, qualunque essa sia.
A mio avviso, con questi giganti del pensiero ci fai le rivoluzioni, ci riscrivi le costituzioni, certo non trai indicazioni utili sull’orario di vendita delle mozzarelle. Pertanto, di fronte al tema degli orari di vendita degli esercizi commerciali dobbiamo avventurarci in mare aperto privi di quei riferimenti che ci guidano in materie più delicate.
Di seguito le mie modestissime opionioni su alcuni degli argomenti emersi pro e contro la liberalizzazione.
1. Non è vero, come dicono i liberisti, che la regolamentazione degli orari commerciali minaccia ipso facto la libertà di impresa, pertanto la libertà tout court. Ad essere più precisi, tale regolamentazione in senso restrittivo minaccia la libertà delle grandi imprese esistenti. Solo queste, quasi sempre incumbent, possono competere in uno scenario di orari liberalizzati. Per i new comer e in genere le piccole realtà gli orari liberalizzati costituiscono una barriera all’entrata e una rapida discesa verso l’uscita. In pratica la liberalizzazione accelera la concentrazione del mercato, infatti è appoggiata da sempre dalla lobby delle grandi aziende commerciali, Federdistribuzione, che ha dovuto aspettare il governo Monti per riuscirci, ciò per dire quanto è brava.
2. Non è vero che la liberalizzazione aumenta l’occupazione. Favorendo la concentrazione del commercio, avremo una riduzione degli addetti, avremo meno negozi e un orientamento verso formule a bassa intensità di lavoro: è costoso tenere aperto a lungo e non corrisponde ad un aumento proporzionale delle vendite, pertanto si affermano formule più snelle. I numeri citati da Federdistribuzione che indicano un aumento dell’occupazione parlano soprattutto di nuovi contratti part time e fanno riferimento alla sola distribuzione moderna organizzata e non tengono conto dei negozi che chiudono o che devono ridurre il personale.
3. È vero che i consumatori beneficiano dalla liberalizzazione da un punto di vista economico. Non solo perché hanno maggiore libertà di quando comprare, ma soprattutto perché ciò avvantaggia le medie e grandi superfici di catene organizzate che garantiscono risparmio e ampia scelta di prodotti. Anche se spesso questa libertà è illusoria perché i prodotti sono sostanzialmente uguali.
3.1 È dubbio che ci siano vantaggi dal punto di vista sociale. Significa assistere alla contrazione di quel tessuto commerciale che è parte integrante del tessuto sociale. Per cui non lamentatevi se assistiamo alla desertificazione di certi quartieri e al proliferare di formule commerciali che vivono ai margini.
4. È vero che con la liberalizzazione degli orari, non aumenta l’occupazione e peggiora qualità della vita dei lavoratori del commercio soggetti ad una turnazione sempre più aspra. Per intenderci, lavorare per turni non è la stessa del lavoro da freelance, a cui molti lo assimilano, dimostrando molta poca immaginazione.
5. Non è vero che la regolamentazione ci relega al terzo mondo del commercio: è vero il contrario. Solo chi è un inconsapevole personaggio di Tommaso Labranca e vede il proprio orizzonte commerciale confinato dai film americani con i loro drugstore e la sterminata Brianza costellata di centri commerciali, ignora che in quasi tutte le città dei paesi europei più sviluppati i negozi chiudono alle 19 e le domeniche rimango quasi sempre chiusi.
La lista dei paesi che hanno liberalizzate le domeniche in Europa, ricorda quella dei paesi emergenti:
Oltre all’Italia, altri 13 Paesi Membri della UE hanno liberalizzato le aperture domenicali e festive: Svezia e Repubblica Ceca ma anche Irlanda, Portogallo, Ungheria, Lussemburgo, Estonia, Slovenia, Malta, Bulgaria, Croazia, Lituania, Lettonia. Inoltre Danimarca, Romania e Slovacchia prevedono solo chiusure in alcune festività.
6. Non è vero che gli orari lunghi e domeniche di negozi aperti ci trasformano in consumatori. Intendiamoci, a dar retta al documento di Federdistribuzione, che parla di aumento dei consumi in virtù delle aperture domenicali, avrebbe ragione proprio Gilioli su L’Espresso. Però poi basta guardare in numeri per scoprire che l’incremento riguarda alcune formule, per esempio, i centri commerciali. Si tratta di un formato in crisi da tempo e non certo per colpa della contrazione dei consumi. Con buona pace di Gilioli, la mutazione ad homo consumens è avvenuta già qualche decennio fa, indipendentemente dalle aperture domenicali. D’altra parte, il sottoscritto ha sempre trovato fondata su considerazioni esclusivamente di carattere morale la distinzione tra veri e falsi bisogni e in genere gran parte delle condanne al mondo dei consumi.
Pro o contro la liberalizzazione?
Da appassionato frequentatore di luoghi del commercio e discreto lettore di Tommaso Labranca non mi vedo schierato con i castigatori del consumo e i promotori delle domeniche in famiglia.
D’altra parte questa retorica della libertà del consumatore mi sembra mal fondata. Perché il diritto del consumatore di comprare un paio di jeans la domenica dopo pranzo è da tutelare più del diritto del lavoratore di non esssere soggetto ad una turnazione Tempi moderni, con l’unico vantaggio di un giorno di riposo alla settimana, quando capita capita?
Non ho mai creduto, sulla scorta di quanto dice Napoleoni nel celebre La posizione del consumo nella teoria economica, al primato del consumo nel processo economico. Nell’ambito del consumo, la libertà e i bisogni sono trasparenti all’analisi, ciò che possiamo conoscere è la forma che assumono in base alle merci e alle forme commerciali in cui trovano temporanea soddisfazione.
Mi consola il fatto che tutte queste considerazioni saranno spazzate via insieme ai molti negozi, indipendentemente dai loro orari, dal commercio elettronico. Allora affrettatevi ai vostri acquisti libertari, accorrete numerosi la domenica pomeriggio e la notte nel negozietto sotto casa.
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In copertina, Supermarket Stealth, camouflage body painting di Liu Bolin
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