Commercio
ebaynomics. Intesa Sanpaolo si fa banco all’inseguimento di eBay
Una banca che decide di fare il banco non è solo un gioco lessicale e conferma quanto diciamo da tempo, ovvero che il marketplace è il formato da adottare se si ha l’ambizione di diventare un grande player del commercio elettronico. E così sembra l’ambizione di Intesa Sanpaolo che inaugurerà a marzo un market place dedicato alle aziende italiane, perché possano vendere prodotti e servizi online tanto sul mercato domestico quanto su quelli europei e asiatici. A leggere le parole di Stefano Barrese, direttore sales and marketing di Intesa Sanpaolo, è evidente che Intesa non voglia limitarsi al ruolo di provider di servizi, come per Poste ecommerce, ma voglia giocare in prima linea come provider della principale risorsa di cui le Pmi Italiane hanno bisogno: la capacità commerciale.
Quello dell’imprenditore che con la valigia di cartone va in giro per il mondo è un’immagine che non rappresenta le aziende italiane. Molte delle Pmi vivono in simbiosi con pochi grandi clienti e altre hanno pochi prodotti talmente ricercati che si vendono da soli, com’è stato il caso del design.
Il risultato, confermato da uno studio di Confindustria Bergamo a cui avevo collaborato, è che molte Pmi a fronte di un capacità elevatissima di sviluppare prodotti, pur esportando molto, hanno maturato una scarsa capacità commerciale. Insomma, se l’incidenza delle vendite on line in Italia si attesa sul 6%, contro il 15%, la ragione non è solo nella scarsa digitalizzazione delle nostre aziende ma nella loro endemica scarsa iniziativa commerciale.
Insomma Intesa Sanpaolo dovrà affrontare due ordini di sfide. Le prime più abbordabili di ordine ciclopico, perché enormi sono le dimensioni degli ostacoli, le seconde di ordine titanico, perché mettono in discussione l’essenza stessa del commercio elettronico per come lo conosciamo finora.
La prima sfida ciclopica consiste nello sviluppare un marketplace che possa competere con eBay e Amazon, che li eguagli per alcuni aspetti e si distingua per altri. L’impresa non è impossibile, basta affidarsi a provider affidabili e soprattutto non essere approssimativi nella selezione e definizione della dimensioni del livello di servizio. La seconda sfida è convincere le PMI Italiane a farsi carico in prima persona del proprio sviluppo commerciale, di uno spirito di iniziativa che raramente hanno dimostrato. Su questo punto, i dubbi crescono.
Se cercaste un partner che vi aiuti nello sviluppo commerciale andresti in banca? Le due imprese titaniche sono:
1. Portare i produttori a vendere direttamente al consumatore. Finora il commercio elettronico ha visto l’affermarsi di nuovi forme di distribuzione e vendita, ma a differenza di quanto ci si poteva aspettare, non c’è stata quella disintermediazione che molti si auspicavano. Basta frequentare Amazon o eBay per notare che gran parte degli operatori sono commercianti a loro volta e pochissimi sono i produttori che vendono direttamente. Per quanto si possa intuire dall’intervista a Barrese, il progetto preveda di portare i produttori a vendere direttamente, con la sola intermediazione tecnologica del portale. In questo caso non si tratta solo di collaborare allo sviluppo commerciale, ma di far cambiare mentalità alle aziende.
2. Vendere cibo e soprattutto cibo fresco. Non c’è imprenditore del commercio elettronico che non sogni di scoprire il modello di business che soppianterà il supermercato a due passi da casa. È facile guadagnare vendendo una bottiglia di vino da 30 euro. Lo è molto con una scatola di pelati da 0,30 euro. Forse nella vendita di cibo, del cibo fresco in particolare, il modello del marketplace mostra i suoi limiti. Se per prodotti non deperibili un’offerta sconfinata è economicamente sostenibile, nel caso di prodotti deperibili e freschi in particolari, un’offerta sconfinata non è sostenibile, perché se troppo ampia molti sarebbero i prodotti che scadono e soprattutto solo aggregando le merci i costi di spedizione sono congrui con il valore della merce.
Di fronte a sfide di questa portata, la multi/omni canalità, il mobile commerce e la stessa supply chain che sono la moda del momento, credo debbano rimanere sfuocati ancora per un po’.
La mia impressione è che Intesa Sanpaolo dovrà mostrare una flessibilità e una capacità di adattamento straordinarie. E ho il dubbio che Intesa San Paolo abbia grandemente sottovalutato le sfide che dovrà affrontare.
Un suggerimento, non è da chi è esperto di supermercati, che potranno venire i suggerimenti più utili, a dispetto di quanto pensa il dottor Barrese. Chi è esperto di Supermercati non ha la cultura manageriale per gestire un marketplace.
Invece, temo sia troppo tardi cambiare nome al marketplace che si chiamerà: Created in Italia. Frutto probabilmente di un lavoro affrettato a partire da un briefing indeciso che partiva con Eataly e finiva con l’Artigiano in fiera.
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