Sindacati
Il candidato del noi
Si dibatte da anni di crisi del sindacato proprio in un’epoca in cui ci sarebbe bisogno di sempre più sindacato, per arginare l’avanzata di un modello sociale incentrato su ingiustizie e fortissime differenze economiche, generatore instancabile di invidia sociale e rassegnazione individuale.
È uno dei paradossi di questi “strani giorni” in cui tutto sembra iniziare e finire sui nostri profili social in uno stato di solitudine sordo-muta senza via di uscita, dove una folla di “io” non riescono e non vogliono più fondersi nel “noi”.
Questi anni, illuminatissimi eppure bui, di colpi bassi alla Cgil ne hanno rifilati parecchi, attacchi spesso gratuiti ma ben orchestrati, sfruttando al meglio tutta la potenza di fuoco dei nuovi ripetitiori social mediatici.
Un profetico e apocalittico Renzi tuonava contro la casta del “gettone nell’ I phone” con una carica di scherno davvero impensabile fino a poco tempo fa, da parte di qualsiasi leader politico (figuriamoci di sinistra!).
Eppure il rosso pugile barcollò a lungo, semi suonato, ma non cadde.
A tenerlo in piedi, a fargli riprendere un discreto gioco di gambe, furono le proposte che Susanna Camusso e la sua segreteria misero in campo, a partire dalla campagna referendaria per l’abolizione dei voucher che fece tremare il Governo Gentiloni, subentrato a Renzi dopo l’epocale KO al referendum costituzionale.
Susanna Camusso ha governato il più importante sindacato italiano in anni in cui, non le scelte, ma addirittura la utilità medesima dei corpi intermedi veniva messa in discussione anche attraverso campagne di vera, livorosa diffamazione.
Solo per questo motivi, i suoi otto anni meriterebbero una valutazione approfondita, complessa, lontana anni luce dalle semplificazioni a cui ci stiamo inesorabilmente assuefacendo.
L’attuale segretaria ormai uscente, ha dovuto anche fare i conti con una dialettica interna molto aspra con la Fiom di Maurizio Landini, a partire dal dibattito sul Testo Unico sulla Rappresentanza, passando per la vertenza Fiat, quel Landini lì che ora è formalmente il candidato prescelto a succederle come Segretario Generale.
La proposta di Camusso ne esalta la capacità di visione, la forza di chi sa che quando personalizzare è la via più facile, è proprio il momento di parlare di idee e non di nomi e cognomi.
È chiaro che questo percorso ad alcuni continua a non piacere, perché temono una radicalizzazione delle posizioni sindacali e il rischio di un pericoloso feeling con l’attuale Governo giallo verde.
Questi sono le sole ragioni che si evincono e nemmeno tanto apertamente, dal fronte del NO; Non è stato infatti ancora spiegato dal partito dei “landiniscettici”se vi siano e quali siano ulteriori riserve più politiche per cui lui no e qualcun altro si. “Metodo sbagliato” si dice.
Peccato che la facoltà di proposta per un segretario uscente è il metodo che da sempre usa la Cgil per indicare ( e non decidere a priori ) i gruppi dirigenti.
Esiste una categoria che di politico ha poco, di sindacale ancora meno, quella del “rancorismo”.
È trasversale ma rischia di diventare un pericolo se si sostituisce in toto a quella della ragione o, delle ragioni del consenso come del dissenso. È auspicabile che questo risvolto umano ( troppo umano) non sia quello che prevarrà.
Landini è amatissimo dalla cosiddetta base. Non credo che si debba vedere in questa investitura dal basso un’ennesima variazione della narrazione populista dal lato di sinistra.
La Cgil è e resterà “Collettiva”, per citare lo slogan scelto dalla Federazione del Commercio per il suo congresso, a prescindere da chi ne sarà segretario.
A queste latitudini non ci si innamora di un leader, ma della idea di una alternativa sociale possibile che quest’ultimo, e dietro lui tutta l’organizzazione, decide di servire e perseguire.
Questo largo consenso tra l’altro costituisce un capitale prezioso ma anche una responsabilità enorme per un uomo che dovrà vincere la sfida della rappresentanza del lavoro in un mondo in costante cambiamento (non necessariamente purtroppo verso il progresso) e attraversato da tensioni sociali violentissime.
Non c’è infine nessun rischio reale di una “fiommizzazione” della Cgil (altra argomentazione assai in auge fra chi sta storcendo il naso rispetto alla prospettiva di un “Landini Segretario”).
La militanza in Fiom per chi la vive è una esperienza totalizzante che identifica anche nell’antagonismo una componente essenziale da cui far germinare idee e soprattutto ideali; chi l’ha vissuta se la porta appresso come un tatuaggio che lo rende riconoscibile ma quasi mai etichettabile a priori.
Da “fine” la fiom sa diventare strumento, “mezzo”, paradigma di lettura, lente di ingrandimento sulla realtà del lavoro e i suoi processi sempre diversi.
C’è un aspetto che rende infine questa candidatura la migliore possibile:il fatto che sia stata una donna a maturarla, andando oltre le proprie convinzioni, anteponendo alla urgenza di queste, il passo disteso e sicuro di un progetto che guarda al futuro.
Se la Cgil troverà in Maurizio Landini un grande segretario lo dovremo anche al coraggio e alla generosità di una donna.
Questo è un punto di straordinario valore e se permettete anche motivo di orgoglio. E perché no, di un briciolo di commozione.
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