Turismo
I luoghi di Ivana Kobilca, la più grande pittrice slovena
Maja Slivnjak è responsabile ufficio stampa dell’Ente per il Turismo Sloveno in Italia. Il post è sponsorizzato da:
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Ivana Kobilca è considerata l’artista slovena più di successo. A dirlo non è certo la sottoscritta, ma la prestigiosa Galleria nazionale della Slovenia (Narodna galerija), che sta alla Slovenia come gli Uffizi all’Italia. E in effetti già i contemporanei riconobbero le doti pittoriche di questa lubianese doc, nata il 20 dicembre 1861 in una ricca famiglia di artigiani.
All’epoca Lubiana era il placido capoluogo della Carniola, e uno dei centri commerciali e amministrativi di un impero che si estendeva dall’Adriatico alle steppe ucraine. Una città non molto grande e forse un po’ provinciale, ma assai operosa e attenta alla cultura. Non a caso i genitori della Kobilca fecero di tutto affinché la figlia ricevesse un’istruzione all’altezza della loro posizione sociale; e così la giovane imparò non solo a disegnare, ma anche il francese e l’italiano, allora due delle tre lingue della cultura europea.
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Il padre la portò a Vienna, affollata metropoli e capitale dell’Impero, dove la Kobilca poté scoprire la grande arte europea, e studiare alla prestigiosa Akademie der bildenden Künste. A un biennio viennese, seguì un periodo bavarese, per la precisione a Monaco, che allora era, alla pari di Vienna, una delle grandi capitali artistiche d’Europa. La Kobilca riscosse presto un certo successo (fu lodata persino da Richard Muther, uno dei maggiori storici dell’arte del tempo), ed ebbe la sua prima personale a Lubiana nel 1889; chissà come dovevano essere orgogliosi di lei i genitori! Dopo un breve periodo di tempo a Zagabria, si recò quindi a Parigi, il fulcro della cultura europea e globale.
A Parigi la Kobilca frequentò la scuola di Henri Gervex, uno dei pittori più apprezzati di fine Ottocento, amico di Manet, Zola, Rodin e Maupassant. Anche nell’ambiente raffinato e modaiolo di Parigi la Kobilca riuscì a mietere dei successi, tant’è vero che divenne membro onorario della celebre Société Nationale des Beaux-Arts. Dopo la Francia si spostò verso sud, passando un po’ di tempo a Firenze e poi a Sarajevo. Infine, Berlino, capitale dell’Impero tedesco, dove rimase fino al 1914.
Lo scoppio della Grande Guerra coincise con il ritorno della Kobilca a Lubiana, allora una città in piena trasformazione culturale e sociale. È interessante però notare come i vari soggiorni all’estero ebbero un’influenza profonda su di lei: dopo Monaco iniziò a usare i toni più scuri e i marroni, a Parigi preferì i toni più chiari e il viola, il blue e il verde, mentre dopo Berlino optò per il bianco (e le nature morte).
Fu un’orgogliosa esponente del realismo sloveno. Dipinse soprattutto ritratti della vecchia, solida borghesia lubianese, in particolare donne e bambini, e scene di vita familiare, oltre che le già citate nature morte. Non amò mai l’impressionismo, che invece entusiasmò molti suoi colleghi sloveni. Quando morì, nel 1926 nella sua adorata Lubiana, fu salutata all’unanimità come la maggior pittrice della storia jugoslava.
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In copertina, schizzo della “Gosja pastirica” di Ivana Kobilca. Maja Slivnjak, autrice dell’articolo, è responsabile ufficio stampa dell’Ente per il Turismo Sloveno in Italia.
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