Geopolitica

Antisemitismo e Gaza

3 Giugno 2025

Sembra orribile accostare queste due parole, antisemitismo e Gaza, ma è questa l’operazione mediatica proposta dall’attuale governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu, che accusa de facto di antisemitismo il presidente della Francia, Emmanuel Macron, il primo ministro canadese Mark Carney e il primo ministro britannico Keir Starmer, dopo la richiesta di questi ultimi di porre fine al blocco degli aiuti umanitari a Gaza, imposto da Israele negli ultimi due mesi.

Secondo il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, l’uccisione di due membri dell’ambasciata israeliana a Washington il 22 maggio sarebbe da mettere in rapporto all’antisemitismo dilagante, da lui definito: “incitamento tossico antisemita“. Ai suoi commenti si aggiungono quelli di Netanyahu: “Stiamo assistendo al prezzo orribile dell’antisemitismo e alla dilagante istigazione contro Israele. Le accuse di sangue contro Israele si pagano con il sangue”. L’’omicidio sarebbe infatti da ricollegare tra l’altro alla richiesta degli europei di fornire aiuti umanitari a Gaza, in contrasto con le politiche di Israele, secondo la quale gli aiuti dovevano essere negati per evitare la pratica di Hamas di sequestrarli per venderli al mercato nero e finanziare così le sue operazioni.

Il punto è controverso perché se da una parte si sono realmente verificati saccheggi di magazzini da parte di gruppi armati a Gaza, in particolare con l’aggravarsi della fame, i funzionari israeliani non hanno pubblicato né dati sulla quantità di aiuti rubati, né hanno fornito esempi dei mercati neri gestiti da Hamas. Le organizzazioni umanitarie che lavorano da decenni in zone di conflitto affermano peraltro che i loro aiuti non vengono rubati da Hamas.
Di fronte quindi alla minaccia di Canada, Francia e Inghilterra di passare ad azioni “concrete” se non fossero stati distribuiti viveri alla popolazione palestinese che corre il rischio di morire di fame, la risposta, oltre all’accusa di antisemitismo, è stata quella di aprire 4 (e non 400 come inizialmente concordato) centri di smistamento per gli aiuti gestiti de facto dagli israeliani con l’idea di indebolire il controllo di Hamas su Gaza e impedire che il cibo finisse (in teoria) sul mercato nero, e aggirare le Nazioni Unite, di cui i funzionari israeliani non si fidano.

Il risultato è stato che oggi e tre giorni fa le forze militari israeliane hanno aperto il fuoco vicino al sito di distribuzione di Rafah uccidendo circa una cinquantina di civili che stavano avvicinandosi ai centri per cercare di ritirare qualche provvista. Secondo le dichiarazioni dell’esercito israeliano, le truppe hanno aperto il fuoco verso alcune persone che si erano allontanate dal percorso designato per raggiungere il sito e che non avevano reagito ai colpi di avvertimento.

Ma si potrebbe anche sostenere la tesi che le due sparatorie nei pressi degli unici centri di smistamento degli aiuti servano a spaventare i palestinesi che, spinti dalla fame, cercano provviste per le loro famiglie. Così da scoraggiare quelli disposti a rischiare la vita per un sacco di farina. Che adesso preferiranno lasciarsi morire (più lentamente) di fame, nella speranza che la questione degli aiuti alimentari venga effettivamente sbloccata (fatto che al momento sembra impossibile, date le resistenze di Israele).

Se così fosse, ci sarebbe definitivamente la prova che Israele vuole uccidere per fame la popolazione palestinese, tecnica per altra non nuova alla storia, dopo i tre milioni e mezzi di ucraini uccisi da Stalin nel ‘33, durante l’Holodomor, quando agli ucraini venne sequestrato il raccolto e impedito di spostarsi dalle loro terre per sfuggire alla carestia artificialemnte provocata da Stalin.

E se i leader europei e quello canadese si dicono contrari alla morte per fame della popolazione palestinese, ecco che scatta l’abominevole accusa di antisemitismo, fenomeno di cui nessuno vuole negare lo spaventoso ritorno, perché di fronte al tentativo israeliano di difendere le sue politiche omicidiarie, riesplode la bestia sopita dell’odio verso lo storico capro espiatorio, il popolo ebraico, storicamente scelto da tutti i paesi europei quando si trattava di legittimare un regime autoritario, utilizzando l’odio come potentissimo collante ideologico.

Gli studi di René Girard aiutano a comprendere non solo il meccanismo che sorregge l’unità di un popolo utilizzando odio e violenza come substrato ideologico per unire gli individui, ma anche le ragioni secondo le quali il popolo ebraico sia stato scelto come capro espiatorio da tutti i regimi totalitari. La caratteristica che deve avere un capro espiatorio è quella di essere isolato, debole e non potersi difendere. La particolare scelta del popolo ebraico di continuare a coltivare il suo culto religioso senza integrarsi in quelli delle popolazioni con cui venivano a contatto faceva di loro il capro espiatorio per elezione.

Si può senz’altro affermare che secoli di antisemtismo abbiano lasciato un segno profondissimo soprattutto in Europa e che sia quindi estremamente facile risvegliare sentimenti che hanno accompagnato generazioni di europei. Purtroppo Israele si è prodotta in una serie di mosse sconsiderate. Invece di puntare sulla collaborazione con i paesi occidentali e arabi moderati per sconfiggere l’estremismo di Hamas, dopo il pogrom del 7 ottobre, ha deciso di distruggere tutte le abitazioni di Gaza, diventata ora una terra inospitale, e di puntare sulla diaspora dei palestinesi verso l’Egitto, che si è rifiutato di accogliere la popolazione di Gaza.

Una volta fallito questo piano, e dopo aver distrutto tutti gli ospedali di Gaza, Israele sembra puntare sulla morte per fame dei gazawi, morte tenuta tra l’altro nascosta, esattamente come avvenne con i campi di concentramento nazisti, perchè alla stampa straniera non è consentito entrare a Gaza.

Chiedo quindi ai lettori: perchè chi reclama cibo e aiuti medici per i bambini, le donne, gli uomini di gaza, che in qualche caso sono stati collaboratori, ma forse più spesso vittime del regime dittatoriale di Hamas, dovrebbe essere definito antisemita?

Con quale coraggio il governo di Israele difende una strage appropriandosi di una parola che dovrebbe essere usata quando a essere perseguitati sono gli ebrei e non chi reclama aiuti umanitari per una popolazione morente?

Con che coraggio il governo israeliano mette in pericolo tutti gli ebrei che vivono al di fuori di Israele, che hanno spesso posizioni diversissime da quelle dell’attuale governo (come del resto avviene all’interno della stessa Israele), associandoli, in quanto ebrei, alla politica israeliana (mi dispiace ma ebrei e israeliani nazionalisti sono due entità separate) di distruggere un popolo che non ha avuto la forza (ma perché gli mancava l’istruzione) di esprimere leader intelligenti, moderati, non corrotti?

Mi dispiace, ma chi difende la vita dei gazawi non è un antisemita. Mentre chi li ammazza per fame – e con i bombardamenti – è membro effettivo della famiglia dei nazisti, dei fascisti, degli autocrati, dei dittatori sanguinari.

 

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