
Geopolitica
You’ve got mail (La cena del nonsenso)
La politica internazionale, al pari della cronaca globale, sembra ormai un colossale reality show che si autoriproduce ininterrottamente per inerzia, e tutti abbiamo la sensazione di trovarci di fronte a uno di quei programmi tanto assurdi quanto orribili. Il frammento andato in scena l’altra sera, durante una cena alla Casa Bianca, tra Trump e Netanyahu, contiene finanche il refrain di un format italiano tra i più patetici e insostenibili: “C’è posta per te”. All’inizio della soirée, infatti, quando ancora le portate non sono state servite, si ha il coup de théâtre, la sorpresa che nessun uovo di Pasqua potrebbe mai contenere, il fatto inatteso più eclatante che potesse precedere il convivio tra le due diplomazie al mondo meno abituate alle soluzioni diplomatiche. Et voilà, il premier sionista, come da protocollo di Stato, assume la postura dell’adulatore, e prima di riempirsi la pancia con una Calotte of Beef e un Orange Chiffon Cake fa il pieno di servile fierezza. Nelle vesti di privilegiato ruffiano di corte pronuncia queste parole: “Sta forgiando la pace proprio mentre parliamo, in un Paese, in una regione dopo l’altra, quindi voglio presentarle, signor Presidente, la lettera che ho inviato al Comitato per il Premio Nobel. La candido al Premio Nobel per la Pace, che è più che meritato e che dovrebbe ricevere.”
Gli antichi greci ci hanno insegnato come la tragedia possa contenere elementi grotteschi che fanno da contrappeso alla meschinità e alla crudeltà che le conferisce violenza, morte e distruzione. Da Eschilo a Sofocle e a Euripide, gli amanti della τραγῳδία (tragodia) possono solo sorridere amaramente di fronte a un evento del genere, giammai meravigliarsene più di tanto. Nel mondo reale accade che un criminale, su cui pende un mandato di arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale per delitti contro l’umanità, abbia l’ardire di candidare il suo protettore al Premio Nobel per la Pace, senza provarne il benché minimo imbarazzo. Nel mondo reale i significati si diramano e l’aggettivo sionista diventa sinonimo di nazista senza che nessuno, o quasi, rimarchi e ripercorra le similitudini che condensano i due termini. Oltre alla strategia genocidaria, il sionismo acquisisce dal nazismo lo stratagemma dell’inganno subdolo e cinico nei confronti del nemico da rinchiudere: il piano di deportazione dei palestinesi camuffato da assistenza umanitaria, elaborato dal governo israeliano, rimanda in qualche modo alla illusoria scritta di benvenuto di Auschwitz, “Arbeit macht frei”. A lavoro finito (Netanyahu definisce “lavoro” la sua opera di annientamento dei gazawi), la Striscia di Gaza ha da diventare la Riviera di Gaza, buona per intrecciare affari, sviluppare turismo, accogliere le gite degli occidentali. Ma questo nella Torah non vi è scritto, il Nebi’îm non ne fa cenno, e neanche il Ketubîm e qualsiasi altra diavoleria di professione ebraica ne dice niente! Esiste davvero un Dio che desidera la segregazione di quel che rimane dell’etnia palestinese, per offrire lo scorcio a mare al suo popolo eletto?
Non è vero che quest’epoca, rispetto alle altre, sia maggiormente dedita al tradimento dei valori etici per normalizzare qualsiasi abominio. Certamente tanti uomini e donne di governo dei nostri tempi si dedicano a questa pratica ignobile e sconveniente con più profitto e perseveranza, ma è altrettanto vero che solo in questo momento storico emergono difficoltà enormi per costruire nuclei di opposizione alla deriva morale e culturale delle popolazioni e degli Stati. Sin dagli albori, la storia racconta che il mondo non è mai andato per il verso giusto. Non ha questa propensione e meno che mai ha come obiettivo una pace che gli derivi da un disegno divino. Sono gli uomini e le donne più avvedute, di grande spessore umanistico e scientifico a illuminare il tragitto da seguire. La Spagna, a quanto pare, sembra seguirne il tracciato. E anche da altre latitudini giungono lampi di saggezza. Quanto alla nostra nazione, al governo che vi presiede e all’opposizione che lo incalza, agli opinionisti che vi maramaldeggiano e ai giornalisti curvi che vi gigioneggiano, cosa si potrebbe aggiungere a quello che è già stato detto e ripetuto in abbondanza un po’ ovunque? Non siamo capaci neanche di rinnovare la mediazione culturale che sovrintende al linguaggio e ai modi di selezionare gli argomenti di mero interesse collettivo, ci si figuri se possiamo mettere insieme ed eleggere una classe dirigente che interpreti le esigenze di una già flebile tradizione popolare, che, in questo frangente, rischia di affievolirsi del tutto per una cronica mancanza di stimoli intellettuali.
Devi fare login per commentare
Accedi