Medio Oriente

Gaza, nuova offensiva israeliana imminente: evacuazione in due mesi

L’Idf approva un piano operativo per occupare Gaza City: evacuazione forzata della popolazione prevista in meno di due mesi. Crescono le denunce internazionali per crisi umanitaria e blocco degli aiuti

18 Agosto 2025

Il Capo di Stato Maggiore delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), Eyal Zamir, ha approvato un nuovo piano operativo per l’occupazione completa di Gaza City, al termine di una riunione strategica svoltasi presso il Comando Meridionale. Il piano sarà formalmente presentato al ministro della Difesa Israeliano, Israel Katz, per l’approvazione definitiva. Secondo quanto riportato dall’emittente israeliana Channel 12, l’operazione si concentrerà su una serie di fasi ben definite: evacuazione dei civili, accerchiamento, ingresso e conquista del centro urbano.

Uno degli aspetti più controversi del piano è la durata prevista per l’evacuazione della popolazione civile, stimata in poco meno di due mesi. Zamir ha chiarito che l’obiettivo è ridurre l’uso di riservisti per non sovraccaricare le forze armate, già impegnate in altri settori. Per facilitare lo spostamento dei residenti, l’esercito israeliano prevede l’uso di “strumenti di pressione”, che non sono stati esplicitati ma che potrebbero includere campagne informative, interruzioni dei servizi e avanzate tattiche psicologiche. I civili saranno indirizzati verso aree definite “umanitarie”, la cui sicurezza e accessibilità restano tuttavia oggetto di preoccupazione internazionale.

I primi segnali ci sono già: «È arrivato un ordine di evacuazione di tutto il quartiere e hanno detto che cominciano a distribuire tende. Uno può pensare che è una bella notizia, ma questo è in ordine all’evacuazione di tutta la città di Gaza… dove possono trovare spazio tutti gli abitanti, due milioni e trecentomila persone», dice il parroco di Gaza, don Gabriel Romanelli.

Cresce l’allarme umanitario: Amnesty accusa Israele

La pianificata offensiva su Gaza City si inserisce in un contesto umanitario già estremamente critico. Amnesty International ha lanciato un durissimo appello contro quella che definisce una “campagna deliberata e sistematica di fame” da parte di Israele. Secondo l’organizzazione, la popolazione civile di Gaza si trova sotto un blocco quasi totale che impedisce l’ingresso di cibo, acqua potabile, forniture mediche e carburante. Ospedali al collasso, bambini malnutriti e famiglie costrette a decisioni disperate sono diventati, secondo Amnesty, la tragica quotidianità nella Striscia.

“La situazione è inaccettabile”, ha dichiarato Efnetrika Guevara-Rosas, direttrice regionale di Amnesty. “Le famiglie sono abbandonate a se stesse, senza mezzi per sopravvivere. Ogni piano militare che non tenga conto della protezione dei civili deve essere immediatamente fermato.” L’organizzazione chiede l’accesso immediato e senza restrizioni agli aiuti umanitari, l’interruzione degli sfollamenti forzati e il ripristino dei servizi essenziali. In mancanza di questi interventi, avverte Amnesty, la crisi a Gaza rischia di evolversi in una vera e propria catastrofe umanitaria su larga scala.

Diplomazia al lavoro: il Qatar media per una tregua

Sul fronte diplomatico si registrano nuovi tentativi di mediazione per scongiurare un’ulteriore escalation. Il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, è giunto oggi in Egitto per incontrare i mediatori che stanno lavorando a una nuova proposta di cessate il fuoco tra Israele e Hamas. La missione diplomatica del Qatar ha come obiettivo anche la liberazione degli ostaggi israeliani ancora detenuti a Gaza, una condizione che Tel Aviv considera essenziale per qualsiasi accordo.

Secondo fonti del Jerusalem Post, Hamas avrebbe ricevuto nei giorni scorsi una proposta formulata congiuntamente da Egitto e Qatar, alla presenza di diverse fazioni palestinesi. La risposta formale da parte del gruppo armato è attesa a breve. Tuttavia, il governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu ha già chiarito che accetterà soltanto un’intesa “globale” che preveda il rilascio simultaneo di tutti gli ostaggi. Questo irrigidimento delle posizioni potrebbe rendere ancora più difficile un compromesso, proprio mentre la situazione sul campo continua a deteriorarsi.

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