Sanchez

Spagna

Perché la Spagna disobbedisce e noi no

Sanchez si può “permettere” di “disobbedire” perché la Spagna è strategicamente meno importante, per gli Usa, dell’Italia o della Germania?

28 Giugno 2025
L’economista Giulio Sapelli, qualche anno fa, ebbe modo di porre una domanda direttamente a Henry Kissinger, durante un forum economico internazionale. Gli chiese: negli anni ’70 in Italia avete fatto il finimondo, tra attentati, guerra ibrida, tentativi di golpe, tutto per impedire ai comunisti di governare. Perché nel 1974 avete consentito la “rivoluzione dei garofani” in Portogallo? (Che, ricordiamo, ebbe come risultato la Costituzione più socialista d’Europa, la più vicina a quella sovietica del 1936 – ndr). La risposta di Kissinger, come al solito, fu schietta e sorprendente: “Ci è semplicemente sfuggita. Non possiamo controllare tutto”. In realtà non è che fosse proprio “sfuggita”, ma Kissinger voleva dire che il grande occhio di Mordor era in quegli anni puntato su scenari più caldi e decisivi (come quello italiano, tra altri).
Dunque si può dire lo stesso della Spagna? Sanchez si può “permettere” di “disobbedire” perché la Spagna è strategicamente meno importante, per gli Usa, dell’Italia o della Germania? C’è meno “controllo” sul governo spagnolo, meno pressione, meno influenza? Non proprio. Per gli Stati Uniti sono principalmente tre le aree salienti dell’Europa: la zona antirussa (Europa orientale, Europa che affaccia sui mari del nord), la zona mediterranea (protesa verso Medio Oriente e Africa), la zona continentale (cuore della potenza militare-industriale e sede delle principali rivalità storiche). Mentre l’Italia appartiene solo al secondo gruppo (Mediterraneo), la Spagna appartiene sia al secondo (con l’Italia), sia al terzo (con Francia e Germania). Impero secolare, rivale storico degli Usa, amico-nemico, ospite ingombrante nel “cortile di casa” statunitense: il Sud America. Il controllo della Spagna ha dunque una grande importanza strategica per gli Stati Uniti, paragonabile al controllo dell’Italia, o forse anche di più.
E infatti la storia delle “ingerenze” americane in Spagna è molto simile alla storia italiana. Tentativi di golpe (1979 e 1981), infiltrazione nei gruppi terroristici, penetrazione profonda negli apparati, consolidatasi specialmente in epoca franchista.
E soprattutto: la stretta aderenza alla Nato e allo schieramento occidentale, la presenza di basi americane (le più importanti sono quelle di Rota e Morón) e l’inserimento organico nel programma di “difesa” dell’Alleanza Atlantica, oltre ovviamente a una partnership economica di lungo corso. Nel 2003 la Spagna di Aznar partecipò all’occupazione dell’Iraq. Anni dopo Obama e Zapatero siglarono l’accordo per gli scudi anti-missile. Nel 2016 la Spagna è stata la maggiore destinazione europea di investimenti statunitensi.
Anche il PSOE, il partito “di sinistra” che attualmente governa, è una sorta di PD spagnolo, e ne ha seguito la stessa parabola storica, oltre ad appartenere allo stesso partito europeo (il PSE). Erede del movimento operaio, ha gradualmente ripudiato il marxismo fino a farne pubblica abiura, e a partire dagli anni ’80 ha abbracciato l’ideologia Nato spaccando in due la base militante. Infine, negli ultimi decenni ha profuso grande impegno per i diritti civili, mentre veniva accusato (a ragione) di neoliberismo dai suoi vecchi sostenitori. E dunque, se le nostre due storie sono così simili, perché solo la Spagna riesce a disobbedire così platealmente alla Nato? (Presuppongo un livello intellettivo dignitoso dei miei lettori, dunque escludiamo subito la risposta “perché noi abbiamo la Meloni, invece Elly…”).
Secondo me, questo dipende da due fattori.
Il primo è ideologico, ed è l’anti-americanismo della politica spagnola; mentre in Italia l’anti-americanismo è stato relegato a un radicalismo marginale, in Spagna è ancora in grado di influenzare la classe dirigente moderata e la cultura politica che la sostiene. Qui da noi, se un Presidente espressione del PD disobbedisse alla Nato, oltre ad essere sostituito nel giro di un mese, verrebbe attaccato dai suoi stessi organi di propaganda di partito e perderebbe una buona metà della sua base elettorale. Nulla di tutto questo accade a Sanchez. Ciò si deve al fatto che, nella storia spagnola, l’antifascismo non ha mai trovato un alleato negli Stati Uniti, ma anzi un costante nemico per tutto il periodo franchista, fino alla transizione democratica di fine anni ’70. E gli automatismi ideologici un ruolo lo giocano. Immaginate un PD che non può associare, alla sua retorica antifascista, i “valori dell’Occidente”. Podemos ha esplicitamente appoggiato Evo Morales, ha riconosciuto Maduro (e disconosciuto Guaidò) e persino Castro. E Podemos è stato al governo fino al 2023. Oggi le sue posizioni, all’interno del governo, sono rappresentate da Sumar. Il PSOE, meno esplicito di Podemos, ha comunque mantenuto una posizione ambigua sul Venezuela (ma netta a favore della Palestina).
Il secondo fattore è geopolitico, e riguarda appunto il Sud America. La Spagna non ha mai abbandonato la sua proiezione coloniale oltre l’Atlantico, e l’ha anzi accresciuta negli ultimi anni. Questo inevitabilmente la conduce verso un rapporto quantomeno conflittuale con gli Stati Uniti. La Spagna è il più grande investitore occidentale in Sud America, partecipa come osservatore in molte delle confederazioni latinoamericane, favorisce i Paesi aderenti ai Brics, esercita la sua influenza mediante la Banca Interamericana di Sviluppo. Ma si muove con doppiezza. Negli ultimi anni si è candidata al ruolo di “ponte” nelle relazioni Ue-Cina (assai rilevante il viaggio di Sanchez a Pechino nei primi giorni della guerra dei dazi), ma al contempo vuole ostacolare la silenziosa avanzata cinese in Sud America. Per questo suo comportamento ambivalente, molti analisti sudamericani hanno definito la Spagna “la Turchia dell’Occidente”.
Ebbene, è probabile che la rappresaglia Nato colpirà il governo Sanchez, fino al “regime change” (sono già arrivate puntualissime accuse di corruzione). Tuttavia questo è il contesto storico-politico che, a mio giudizio, spiega l’eccezione spagnola. O forse la mia è solo una tipica domanda da italiano. Mi stupisco che la Spagna sia semplicemente una nazione, che come Francia e Germania in altri casi, non si fa problemi a opporsi apertamente a ordini di scuderia Nato.
L’Italia, probabilmente, si muoverà all’italiana. Obbedirà al diktat del 5%, ma poi non rispetterà gli accordi con qualche trucco contabile. Gli effetti sociali, comunque, si sentiranno.
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