Finanza
Mediobanca ribadisce il no a Mps. Il PD accusa: «Governo opaco sul risiko bancario»
All’indomani del superamento della soglia del 35% da parte di MPS nell’OPS su Mediobanca, si infiamma lo scontro tra istituzioni finanziarie e politica. Il CdA di Mediobanca respinge l’offerta come “priva di razionale industriale”
Dopo che l’offerta ostile lanciata da Mps ha superato la soglia minima di efficacia del 35% (attualmente al 38,5%), Mediobanca ribadisce il suo no all’operazione, mentre dai banchi dell’opposizione si levano ancora critiche al governo Meloni, accusato di avere agito in modo opaco e arbitrario per orientare il risiko bancario.
Il Consiglio di Amministrazione di Mediobanca, riunitosi oggi a Milano, ha respinto con fermezza il rilancio dell’Offerta Pubblica di Scambio promossa da Monte dei Paschi di Siena, ribadendo che l’operazione è «priva di razionale industriale» e «non conveniente per gli azionisti». Secondo Mediobanca, il nuovo corrispettivo — che include ora anche una componente in denaro — non remunera adeguatamente il valore intrinseco della banca, né compensa i rilevanti rischi industriali legati all’integrazione con MPS. Per Piazzetta Cuccia, il corrispettivo pagato (rilanciato nei giorni scorsi con l’aggiunta di un parte cash) «esprime una valorizzazione di Mediobanca che non riconosce in maniera adeguata il valore intrinseco dell’azione Mediobanca», anche luce della prospettive del nuovo piano e non remunera adeguatamente il contributo che Mediobanca darebbe alla nuova entità combinata, scaricando sugli azionisti della banca milanese«gran parte dei rischi connessi al raggiungimento degli obiettivi strategici dell’Offerta definiti da Mps».
Le accuse del Partito Democratico: tra opacità e interferenze del governo
Antonio Misiani, responsabile economico del PD, non ha risparmiato dure critiche all’operato del governo Meloni in questo complesso scenario. Secondo lui, Palazzo Chigi e il Ministero dell’Economia non si sono limitati a fare da osservatori neutrali, ma hanno operato “come parte in causa, in modo opaco e distorsivo” nelle più delicate operazioni bancarie, inclusa l’OPS di MPS su Mediobanca, mentre avrebbero ostacolato l’offerta di UniCredit su BPM, utilizzando in modo manipolativo il golden power per motivi politici.
Misiani ha definito “sconcertante” il quadro ricostruito dall’inchiesta di Report, che, tra l’altro, evidenzierebbe modalità anomale nel collocamento dell’ultima tranche di azioni MPS nel novembre 2024, potenzialmente riservata a pochi soggetti selezionati, esclusi altri investitori, configurando una violazione del principio di trasparenza delle offerte pubbliche.
Inoltre, il PD ha espresso preoccupazione per l’uso dei risparmi previdenziali dei professionisti in queste operazioni, sostenendo che alcune casse private (come Enpam, Enasarco, Cassa Forense e Inarcassa) avrebbero acquistato pacchetti rilevanti in istituti come Mediobanca, BPM e MPS, contravvenendo al loro mandato istituzionale, ovvero tutelare il risparmio e non la speculazione finanziaria. I senatori Dem hanno
chiesto chiarimenti in Parlamento su chi abbia autorizzato queste scelte, e se siano coerenti con l’interesse degli iscritti.
L’aspetto più controverso riguarda la cessione del 15% di MPS da parte del MEF: Misiani ha definito l’operazione opaca, affrettata e potenzialmente lesiva dell’interesse pubblico. La vicenda è attualmente sotto indagine dalla Procura di Milano, e il PD ha presentato interrogazioni per fare piena luce sulle modalità della procedura, sugli acquirenti, sul prezzo e sui possibili conflitti di interesse.
Infine, Misiani ha criticato il continuo interventismo governativo nel risiko bancario, a suo avviso guidato da logiche di potere rispetto a logiche di mercato. È stato citato l’uso sproporzionato del golden power su UniCredit‑BPM e l’acquisto da parte di casse previdenziali di azioni Mediobanca, come altri esempi emblematici dell’ingerenza politica.
Il percorso dell’offerta e le resistenze di Mediobanca
L’OPS di MPS – avviata a gennaio 2025 – inizialmente chiedeva una soglia del 66,67% per ottenere il controllo formale, ma fu poi introdotta una soglia minima non rinunciabile del 35%, sufficiente per ottenere il controllo di fatto dell’istituto milanese Borsa Italiana. Mediobanca ha prontamente respinto l’offerta ritenendola distruttiva di valore e con motivazioni industriali e finanziarie poco credibili-
Nel comunicato di luglio, il board milanese ha denunciato i rischi significativi legati all’integrazione, quantificandoli in circa 460 milioni di euro in caso di fusione, fino a 665 milioni in assenza di fusione. È stato inoltre evidenziato che la soglia del 35% – abbassata rispetto al 66,67% – crea opacità sulle reali finalità dell’operazione. Mediobanca ha anche segnalato i conflitti d’interesse legati alla presenza incrociata, in MPS, Mediobanca e Generali, di grandi azionisti quali Delfin (famiglia Del Vecchio) e Caltagirone.
Il 2 settembre MPS ha rilanciato l’offerta inserendo un incentivo in contanti da circa 750 milioni di euro, offrendo 0,90 € per azione oltre a 2,53 azioni MPS per ognuna di Mediobanca, portando il valore totale dell’offerta a quasi 17 miliardi di euro.
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