Intervista ad Antonio Palmerini: “Sono interessato alle persone perché esistono”

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27 Giugno 2016

Lo sappiamo: si può usare un mezzo espressivo per specchiarsi o per raccontare quello che si vede, che si sente. Antonio Palmerini, al contempo fotografo e pittore come nella migliore tradizione, racconta, favorendo il bianco e il nero, un universo umano fragile, quasi di cristallo. I suoi soggetti sono per lo più donne: visi e corpi melliflui, senza contorni, avvolti in ambientazioni silenziose, ma non pacifiche, pregne di tensione, di una sorta di nulla dopo un’esplosione emozionale. Chi si sofferma su una delle fotografie di Antonio Palmerini (fatelo qui su Flickr) incontra la ricerca perenne dell’altro, la sensualità di uno sguardo che prova a cristallizzare un’anima, a guarirla dai suoi mali, a tirarla via dai gorghi, quasi che scattare o dipingere volesse dire offrire una rinascita, una via d’uscita da un labirinto esistenziale. Palmerini ha un tocco peculiare che l’ha qualificato artista della malinconia e dello spleen. La sua poetica per immagini rievoca quella di Sarah Moon, che ha rivoluzionato la moda con un’idea di donna bellissima ed emozionante nel suo essere di vento e luce, seppur concreta e tangibile.

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Raggiunto da Gli Stati Generali, Palmerini ha risposto a qualche domanda.

Antonio Palmerini © Katia Chausheva

Antonio Palmerini © Katia Chausheva

Chi è Antonio Palmerini e quando ha cominciato ad avvicinarsi all’arte figurativa?

Generalmente dipingo ciò che non può essere fotografato e fotografo ciò che non desidero dipingere. Se mi interessa un ritratto, un volto, uso la macchina fotografica; è un procedimento più rapido che fare un dipinto o un disegno. Quando ci sono cose che non possono essere fotografate, come un sogno o un impulso inconscio, allora devo fare ricorso al disegno o alla pittura. Per me la fotografia è lo specchio dell’immaginazione. Piuttosto che dare un immagine convenzionale di un volto, di un paesaggio, preferisco prendere un fazzoletto, torcerlo come voglio, e fotografarlo come mi pare. Mi interessano le fotografie quando testimoniano delle situazioni.  Non mi interessano le persone per il gusto di ritrarle, sono interessato a loro perché esistono. Non ricordo esattamente quando ho iniziato a fotografare e a dipingere, non con numeri e date, almeno. Probabilmente quando è finita l’età dell’innocenza.

Cosa insegue mentre raffigura un’impressione?

Rinunciare alla sciatteria nella fotografia, proprio come vi si dovrebbe rinunciare nella vita. Ogni fotografia è per me un atto d’amore.

Dove scatta le sue fotografie? In studio? All’aperto?

Se una fotografia ha a che fare con rapporti interpersonali e le relazioni fra uomini e donne, ritengo che questi momenti vengano meglio se uno li ambienta in interni piuttosto che in esterni. All’aria aperta c’è sempre un che di salubre.

Lei sente preponderanti nelle sue ricerche la delicatezza, la brama e un certo struggimento esistenziale o un che di sociale e collettivo?

Quando “lavoro” ad una fotografia (qualsiasi fotografia) sono talmente indifferente a qualunque cosa, tranne a quello che sto facendo. Insomma resto lì e in qualche modo spengo tutto il resto del mondo, dimenticando qualunque altra cosa.

Chi sono i suoi luminari tra i grandi fotografi?

Roger Ballen

Se non fosse un narratore di una certa realtà, sarebbe?

Un millantatore

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TAG: antonio palmerini, intervista antonio palmerini
CAT: Fotografia

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