Il doppio sforzo diplomatico italiano per rilanciare i rapporti con la Russia

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21 Ottobre 2016

È un caso, o forse no. E certo deve far riflettere che esattamente negli stessi giorni – 20 e 21 ottobre – e nelle stesse ore si stanno dispiegando due azioni diplomatiche che più lontane non possono essere.

A Bruxelles il Consiglio europeo: in agenda, fra i tanti punti, nuove sanzioni alla Russia per il suo ruolo di sostegno al governo siriano di Assad nell’assedio di Aleppo. Più a sud, a Verona, si è aperto il Forum euroasiatico, dove sono arrivati oltre 700 ospiti di altissimo livello provenienti da Russia, Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Kazakistan, Ucraina e Cina . E ovviamente dall’Italia. Va rilevata una convergenza di posizioni fra Federica Mogherini, Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione, e Palazzo Chigi.

Come sia finita a Bruxelles, lo raccontano stamattina le cronache: per ora il tentativo di imporre nuove sanzioni alla Russia, come chiedevano Germania, Francia e Gran Bretagna, è stato fermato dall’opposizione degli altri paesi, e in particolare dalla fermezza italiana contro l’ipotesi di inasprire le relazioni con un importante partner. «Non ha senso parlare di sanzioni alla Russia», ha detto il premier Matteo Renzi, se «tutti concordiamo che bisogna fare tutte le pressioni possibili perché si possa arrivare ad un accordo in Siria».

Nel frattempo ieri e oggi a Verona hanno sfilato alcuni dei nomi più importanti della nomenclatura russa, a cominciare da Igor Sechin, numero uno del colosso di stato Rosneft e braccio destro del presidente Putin negli affari economici. Altri ne sono attesi oggi. A conferma di una strategia geopolitica e commerciale in cui l’Italia non vuole andare al carro di Parigi, Berlino e Londra.  «La posizione espressa da Renzi non è cosa da poco, anche perché arrivava dagli Stati Uniti; ci vuole un certo coraggio a fare questo tipo di esercizio. Questo sta a testimoniare che esistono dei rapporti assolutamente buoni tra Italia e Russia, mantenuti in un momento di crisi drammatica», ha commentato Mauro Moretti, amministratore delegato di Leonardo-Finmeccanica, che oggi era lo speaker principale a un incontro che si è tenuto al Forum, e a cui hanno partecipato il presidente degli industriali russi Alexander Shokhin, Erbolat Dosaev, capo della holding di stato kazaka Baiterek, e il presidente di Pirelli Marco Tronchetti Provera.

Nel corso degli anni il Forum Euroasiatico, nato dall’intuizione e grazie alle relazioni di Antonio Fallico, “ambasciatore” di Intesa Sanpaolo a Mosca, dove presiede l’omonima controllata del gruppo in Russia, si è imposto come un momento centrale per fare il punto sullo stato dell’arte nelle relazioni internazionali fra l’Italia e una vasta porzione del pianeta che include Russia ed ex paesi del blocco sovietico arrivando fino alla Cina. Una sorta di canale diplomatico economico parallelo, capitanato da Intesa Sanpaolo, che si affianca a sua volta a quello storicamente presidiato dall’Eni nel campo dell’energia. Un canale sempre più necessario, nel momento in cui il deterioramento del commercio internazionale e delle relazioni fra Ue e Russia, cominciato con la crisi ucraina, ha assestato un duro colpo agli interessi italiani.

Qualche giorno prima dell’inizio del Forum, è stato lo stesso Fallico a sottolineare come, al netto della “retorica negativa, che per ora è molto alta”, i segnali positivi non mancano. «Le diplomazie di alto livello si incontrano regolarmente, i rischi ci sono ovviamente ma sono sicuro che fin quando c’è questo presidente [Putin, ndr] in Russia al 100% non ci saranno colpi di testa», ha aggiunto Fallico, rilevando la ripresa delle riunioni permanenti Nato-Russia e l’attivazione del fondo per la cooperazione economica Italia-Russia, che era fermo da quattro anni.

«Da un punto di vista dei flussi commerciali  –  rileva in uno studio Gianluca Salsecci, economista capo del team di ricerca internazionale di Intesa Sanpaolo – nel 2015 l’Italia ha scambiato con i paesi della UEEA-Unione economica Eurasiatica [cioè, Russia, Bielorussa, Kazakistan, Armenia, Kirghizistan, ndr], circa 25 miliardi di euro, in calo di oltre il 18% sul 2014». Di questa cifra l’export italiano è di soli 8,4 miliardi di euro. Hanno influito diversi fattori, ha spiegato l’esperto: dal calo dei prezzi dell’energia alla debolezza del ciclo economico in Italia, ma anche la recessione in Russia e gli effetti delle sanzioni e contro-sanzioni introdotte nel 2014.

Alla luce di questi numeri, che in assoluto sono modesti, va letta anche il tentativo italiano di agganciare le nostre imprese all’iniziativa cinese della One Belt One Road, un piano di investimento infrastrutturale che punta a rilanciare le infrastrutture di collegamento lungo l’antica Via della Seta, inizialmente visto con sospetto dalla Russia e ora guardata invece in ottica di sinergia con quella dell’Unione Eurasiatica. «Le aziende italiane ed europee non solo comprendono la strategicità dell’Unione Economica Eurasiatica, ma avvertono anche la necessità di un nuovo approccio nel business, che non è soltanto export ma deve investire in forme innovative di cooperazione», è la conclusione di Fallico.

 

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Nella foto in alto, il presidente emerito di Intesa Sanpaolo riceve un premio al V Forum Eurasiatico, a sinistra, nell’immagine sfocata, Antonio Fallico presidente di Banca Intesa Russia

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CAT: Geopolitica

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