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Governo

Se Matteo Renzi non controlla più il governo questo è un problema per il Paese

di Michele Fusco
1 Aprile 2016

In politica, teniamo prudentemente socchiusa una porta spalancata sulla sorpresa, su un modestissimo ohhh di meraviglia, anche quando le epoche ci ammonirebbero a non sorprenderci più pena l’accusa d’essere considerate anime belle in gita turistica per i Palazzi. Ma tenersi, appunto, una via d’uscita alla scontatissima progressione verso il peggio, permette almeno in questi casi di mettere a fuoco innanzitutto la stupidità umana – e qui non v’è dubbio che la ministra non abbia parentela alcuna con l’intera famiglia delle aquile – e poi di cominciare a riflettere sul destino inerme del cittadino rispetto a interessi molto, molto, più grandi di lui.

C’è anche, per sovrammercato, il fatterello nient’affatto trascurabile che la ministra Guidi risponderebbe alla categoria “tecnica”, quel che in una lista di ministri da presentare al Colle per il tuo primo governo verrebbe considerato il gioiello del Nilo, la risorsa tra le risorse, il prezioso contributo della società civile. In questo caso, il presidente del Consiglio avrebbe buon gioco nei colloqui riservati con “i suoi” a sottolineare quel che dall’esterno viene valutato come una enorme debolezza e cioè il circondarsi solo degli amici. Perchè gli amici conoscono i codici del Capo, ne condividono la visione, ne hanno percentualmente abbozzi di comune disinvoltura. Insomma, il premier potrebbe serenamente dire a questo punto: volete le risorse esterne, ecco quello che succede. Ma insomma, questo discorsino da bar di paese è certamente suggestivo di fronte a un bicchiere di prosecco, vale nulla oggi che un rovescio gigantesco si è abbattuto sul governo.

C’è però un elemento di assoluta inquietudine, che in questa vicenda intricata, di interessi economicamente molto estesi, si insinua nelle coscienze dei cittadini. È l’elemento della fiducia, proprio del potersi fidare di un governo che rappresenta l’intera popolazione italiana. Il comportamento di un ministro della Repubblica, in questo caso specifico, ci autorizza a dubitare di un caposaldo della democrazia. È una grave lesione del rapporto tra stato e cittadini, in questa storia il dubbio che dall’Esecutivo siano partite indicazioni che non collimano con il supremo interesse del corpo sociale è molto forte, consistente, dolorosamente preoccupante. È in gioco, c’è in gioco, il controllo interno del governo, se vogliamo attribuire al presidente del Consiglio – com’è giusto in questo momento – l’assoluta buona fede. Chi controlla i controllori, chi monitora il lavoro dei ministri, chi può sventare operazioni che non abbiano nulla a che fare con l’interesse supremo della collettività. Capita anche a un allenatore quando non ha più il controllo della squadra, quando alcuni giocatori pensano di potere giocare in proprio e spesso non nella direzione comune. Questo è un dubbio troppo forte per non essere sviscerato anche nelle sue pieghe più nascoste. Se qualche ministro è in grado di giocare una sua personalissima partita, questo è un problema per Renzi. Un problema di comando. Un problema di credibilità. Sempre, appunto, che la ministra Guidi abbia potuto contare solo sulla sua sventatezza.

eni governo Matteo Renzi
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