Classe dirigente vo cercando, tra piogge e muri che non crollano

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17 Novembre 2014

A fasi alterne, ogniqualvolta il vento porta con sé aria di elezioni, si agita un fermento su dove trovare una nuova classe dirigente capace di cogliere la sfida del cambiamento e dell’innovazione.

Classe dirigente che, per non essere una semplice definizione buona per tutte le occasioni, dovrebbe poter chiarire il significato di cosa si intende, realmente, per classe dirigente, capace, cioè di dirigere, assumendo responsabilità e adottando decisioni.

Nel novembre 2014 possiamo provare a fare un ragionamento su cosa significhi, davvero, investire in formazione e selezione di un gruppo qualificato di persone che abbiano le competenze adatte per guidare una nazione, una città, un’azienda.

Perché sta nei fatti: prendere decisioni significa dover avere, ovunque ci si trovi, capacità e visione. Conta poco se si tratta di una Pubblica Amministrazione o di un’azienda privata perché si ha, in ogni caso, a che fare con il futuro, agendo in modo che altri possano subire le conseguenze di ciò che si decide di fare o non fare.

Due esempi, due situazioni che potrebbero non avere un nesso ma che aiutano a suggerire un modo diverso di vedere le cose: il 25esimo anniversario della Caduta del Muro di Berlino e il susseguirsi di disastri ambientali dovuti ad alluvioni e al dissesto idro-geologico.

A Berlino sono state organizzate molte celebrazioni per l’anniversario della caduta del muro: la città ha “ricostruito” la barriera che impediva il contatto tra Est e Ovest con una sequenza di 8mila palloncini bianchi illuminati. Un’installazione che ha permesso, in modo economico ed efficace, di raccontare la storia e lo sviluppo che Berlino ha potuto avviare successivamente al 9 novembre 1989.

Berlino e il Muro possono essere un esempio di come, partendo da una situazione critica, complessa e con forti implicazioni sociali: oggi quella stessa città è diventata una delle mete più richieste sul mercato turistico internazionale e investimenti importanti sono stati fatti sulla qualità dell’ambiente urbano, sul trasporto pubblico, sulla gestione del verde e delle istituzioni culturali.

Berlino ha significato un progetto di sistema, dove l’idea è stata quella di recuperare, rigenerando lo spazio urbano, per creare un luogo capace di descrivere l’identità, la storia e la memoria innestando, al tempo stesso, la visione di futuro e di innovazione.

Il dissesto idro-geologico non è una novità in Italia: il territorio, in prevalenza montano e collinare, con fiumi dalle caratteristiche torrentizie ha prodotti effetti importanti in termini di modificazione e trasformazione dell’ambiente. Eppure, la conoscenza storica e scientifica di questi dati non ha impedito che in decenni si intervenisse, costruendo e manomettendo l’ambiente naturale, creando situazioni di rischio sulle quali dover intervenire.

Un’emergenza continua, con decine di vittime e danni, che diventa, ogni anno, sempre più grave con costi ingenti. Dove la manutenzione del territorio è vista come un’operazione superflua, da svolgere in modo saltuario quando ci sono fondi a disposizione riponendo, viceversa, molte speranze e risorse nella riduzione del rischio attraverso interventi di contenimento, agendo sui corsi d’acqua (spesso in modo errato, cementificando e imbrigliando) e sulla difesa dell’indifendibile, cioè di situazioni che, per rischio e localizzazione si trovano nel posto sbagliato, dove non si sarebbe dovuto costruire.

Ecco, quindi, che alcune difficoltà legate alla qualità della classe dirigente prendono forma: l’Italia ha avuto molte classi dirigenti che hanno trascurato o ignorato il dovere di gestire il territorio, adottando piani e programmi, imponendo vincoli e divieti in quelle zone ad alto rischio, dove si verificano frane, smottamenti o esondazioni.

Si è preferito non assumere responsabilità e decisioni scomode, trovando, spesso, la soluzione più facile ed elettoralmente premiante, di garantire la possibilità, con condoni, sanatorie e deroghe, di costruire laddove non sarebbe stato possibile. Da lì discende l’idea che il danno fosse a carico della collettività e che questo costo venisse scaricato sulle generazioni successive, accumulando ulteriore rischio all’incremento dei costi necessari per intervenire in caso di emergenza.

Un’istituzionalizzazione dell’emergenza che ha fatto sì che il costo non sostenuto in termini di manutenzione e pianificazione venisse moltiplicato n-volte per tutti quei casi di ripetute situazioni di pericolo e di ripristino dei danni subiti. Aspetto che è aggravato dall’intento, spesso voluto, di negare l’effetto dei cambiamenti climatici, non predisponendo quelle misure di adattamento e resilienza che, in altri paesi sono stati adottati e programmati da tempo.

Quindi è possibile trovare un legame tra una classe dirigente, quella che ha guidato il progetto di riunificazione e di recupero di Berlino e la classe dirigente italiana, alla prova con la gestione del territorio e il rischio connesso.

Un periodo temporale uguale, 25 anni, un quarto di secolo, dove, da un lato, si è deciso e programmato un progetto, urbano ma di portata internazionale, dall’altro dove non si è deciso se non creando una situazione di abbandono, assenza di visione e inadeguatezza.

Una classe dirigente, quella italiana, che ha fatto sì che il dissesto idro-geologico diventasse una zavorra per il futuro, gestendo un quadro complesso in una assenza totale di responsabilità: un aspetto non trascurabile perché permette di evidenziare un’altra caratteristica imprescindibile, lo spirito di servizio civile che è richiesto a chi svolge un ruolo di responsabilità, soprattutto se con un mandato pubblico.

Adesso i conti si fanno pesanti: le alluvioni e le frane aumentano la loro frequenza e intensità e l’assenza di interventi programmati negli anni passati mette a nudo una situazione di impreparazione e di rischio che non può essere fronteggiata soltanto con l’allerta meteo e soluzioni improvvisate.

I danni rischiano di mettere in crisi intere città con il conseguente crollo in termini di capacità economica di produrre reddito e occupazione: il costo del non-fare e dell’indifferenza sta portando territori in una situazione aggravata dalla crisi economica e dall’impossibilità di riavviare un ciclo positivo.

Ecco cosa può fare la differenza in una condizione nella quale la classe dirigente lo è realmente, capace di dirigere, senza rispondere a interessi particolari o a pressioni che influenzano decisioni. Quel migliaio di chilometri tra l’Italia e Berlino e quei 25 anni pesano, non poco, in una condizione di futuro ipotecato, dove decisioni sbagliate si sommano a una complessiva incapacità di selezionare una classe dirigente adeguata, valutando competenze, preparazione e lealtà verso la collettività e lo Stato. Molti altri muri devono cadere, in Italia: muri che si chiamano clientelismo, cooptazione, slealtà. Quel giorno il nostro paese sarà un paese diverso, più europeo e democratico.

 

TAG: Berlino, cambiamenti climatici, Classe dirigente, dissesto idro-geologico, futuro, italia
CAT: Governo, tutela del territorio

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