A Milano non possiamo lasciare il lavoro a metà

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17 Novembre 2015

Milano 2016: una coalizione da salvare

In queste settimane stiamo assistendo ad una vera e propria scomposizione e ricomposizione del quadro politico italiano locale e nazionale.  Non senza qualche corto circuito. L’avvicinarsi delle amministrative 2016  coglie infatti impreparati molti dei protagonisti di questa stagione. L’ascesa e il declino di alcune leadership personali  (tanto a livello nazionale quanto a livello locale) sembrano conciliarsi poco con i fermenti che attraversano la società, portando a galla rischi, contraddizioni, opportunità e nodi da sciogliere.

Le scadenze elettorali sono però implacabili: obbligano a decidere da che parte stare, con chi interloquire, trasformando tensioni ideali in scelte concrete. Non c’è quindi tempo per fare troppa filosofia. Soprattutto a Milano. Il tema essenziale sembra essere  (sempre) questo: come rendere giustizia dell’esistenza di un centro sinistra fecondo e plurale, riconoscendo e valorizzando differenze e competenze?

In tempi di semplificazioni, sembra più facile convincere (soprattutto se stessi) che ci sia in atto un titanico scontro tra il bene e il male piuttosto che confrontarsi con la realtà e sfidarsi nel saperla interpretare con maggiore lucidità, trovando nuove soluzioni a problemi sempre più complessi. La questione è particolarmente attuale qui a Milano, che negli ultimi anni ha vissuto una esperienza unica nel suo genere grazie al lavoro della Giunta Pisapia, che ha dimostrato, senza rinunciare ad esprimere una cultura di sinistra,  quanto possa contare sperimentare il superamento di forme di auto sufficienza e auto referenzialità, nel nome di obiettivi comuni, a favore di chi ha meno e di chi potrebbe fare molto di più perché ne ha il potenziale.

I risultati raggiunti, per quanto non ancora adeguatamente restituiti all’opinione pubblica, non sono rappresentativi né rappresentabili dalle dinamiche in atto a livello nazionale. ll governo del capoluogo lombardo è la riuscita combinazione tra diverse sensibilità politiche. Questa sintesi ha prodotto una stagione di rinnovamento senza pari. E sarebbe assurdo porre fine proprio  a questa esperienza.

Il “modello Milano” è tutt’altro che consolidato

Beghe politiche a parte, c’è un’ altra questione da considerare. In pochi arrivano a riconoscerlo con chiarezza pubblicamente ma è evidente che tanti dei traguardi raggiunti sono sì importanti, ma parziali e temporanei. Anche se sarebbe fin troppo facile cedere alla tentazione di  autoassolversi  avviando un processo di beatificazione di Pisapia, è di sicuro più utile fare un bagno di umiltà, arrivando a riconoscere insieme alla straordinarietà, la potenziale fragilità di quanto è accaduto a Milano.

La realtà è che il lavoro che resta da fare per dare vita a cambiamenti irreversibili è ancora tanto. E non deve essere lasciato a metà. Il “modello Milano” che in queste settimane è tanto decantato esiste davvero. E non è fatto dalla somma algebrica del PD più SEL più i Comitati Civici. E’ qualche cosa di più sottile e complesso, che ha più a che fare con valori, processi, e progetti che con le alchimie politiche.

La Giunta Pisapia ha dimostrato quanto delle “decisioni di indirizzo” di qualità non particolarmente elevata possano trasformarsi in esperienze generative, a patto di sapersi sincronizzare con le forze più vive della città e dando ascolto ad una pluralità di interlocutori ed interessi. Quando si è trattato di aggredire dossier già maturi, gli “arancioni” hanno saputo fare la differenza sul fronte della legalità, della responsabilità e della trasparenza, aprendo così spazi di partecipazione e manovra per talenti e sensibilità che non sempre avevano avuto la possibilità di esprimersi (o che semplicemente non si “fidavano” ad interagire con la Pubblica Amministrazione).

La vera cifra stilistica del “modello Milano” si può apprezzare però su quei terreni vergini in cui la Giunta ha potuto far emergere la sua visione con più libertà ed autonomia, facendo leva su una rinnovata vitalità della città.  E’ capitato soprattutto su tematiche emergenti e fenomeni innovativi, ma anche su lavoro, sviluppo economico, urbanistica, ambiente, trasporti, welfare, sport e cultura. In molti ambiti di policy Milano è diventata il punto di riferimento italiano per quanto riguarda le politiche urbane. Dobbiamo avere però il coraggio di riconoscere che molte di queste intuizioni e scelte rischiano di sparire, se non saranno puntellate a dovere.

Ci sono spazi di sperimentazione sociale da tutelare e traiettorie da consolidare

Questa giunta è stata capace di sancire valori chiari e netti, di leggere istanze sociali e di scegliere pensando alle generazioni future. Grazie al contributo delle tante energie fresche che su questo blog cerchiamo di raccontare, Milano è riuscita ad interpretare vecchi e nuovi bisogni in chiave moderna, offrendo ipotesi progettuali e prototipi a prova di futuro. Gli spazi di sperimentazione sociale che si sono aperti hanno portato alla ribalta della città attori “nuovi” e hanno mostrato come traiettorie di sviluppo differenti siano possibili. Si tratta di traiettorie e tendenze che vanno consolidate con forza, per fare in modo che non vengano cancellate da logiche conservative. Continuare su questa strada significa acquisire la consapevolezza che per cambiare davvero la città non basta limitarsi a fare tante cose piccole e belle e ad essere onesti e trasparenti.

Consolidare il cambiamento comporta l’essere in grado di far combinare visioni innovative e inclusive con competenze gestionali, capitali e relazioni internazionali che oggi in alcun casi ancora mancano. Dobbiamo fare in modo che le esperienze più innovative che abbiamo intercettato possano si interloquire e lavorare con i settori più mainstream della società e dell’economia, per contaminarli e rigenerarli. Ma anche per aiutarli a crescere, a strutturarsi, ad aprirsi a nuovi mercati.

Le buone visioni da sole non bastano, per fare il salto di qualità devono ancorarsi  a capitali, competenze e relazioni

Dobbiamo decidere se abbiamo davvero l’ambizione di cambiare la società in una determinata direzione, o ci basta accontentarci di essere “solo” un laboratorio di buone politiche e buona politica. Dobbiamo metterci nelle condizioni di coinvolgere davvero tutta la città in un processo di rinnovamento. Per farlo, non possiamo limitarci a definire buoni obiettivi. Dobbiamo dotarci degli strumenti per raggiungerli. Avendo l’accortezza di riconoscere che alle volte in fase di execution servono anche competenze ed interpreti diversi da quelli che elaborano una visione. E sono competenze ed interpreti che dobbiamo, ancora una volta, saper riconoscere e valorizzare.

Se ci pensiamo bene, in fondo, non è troppo diverso da quello che è accaduto in questi anni. Dietro  i tanti nastri tagliati non ci sono stati infatti solo bravi politici e bravi comunicatori. Ma anche e soprattutto tecnici e dirigenti che sono stati in grado di risanare e gestire bilanci, imprese, fondazioni e associazioni che hanno saputo costruire soluzioni praticabili, cittadini che si sono attivati, professionisti  che si sono limitati a fare la cosa più eccezionale di tutte, fare bene il proprio lavoro.

Le amministrative 2016 sono l’esame di maturità che una intera classe dirigente emergente deve affrontare 

Riuscire a tenere insieme visioni, valori, sensibilità politiche, competenze gestionali e coraggio è la sfida che abbiamo davanti.  Consapevoli che innovazione e cambiamento si generano solo se siamo capaci di favorire incontri, alleanze e ricombinazioni tra mondi  e fattori diversi. Società civile, politica, imprenditoria, finanza e mondo della ricerca devono camminare di pari passo. Ricordando che il vero benessere si genera solo trovando nuovi modi di includere in dinamiche di sviluppo anche e soprattutto chi ha meno risorse (cognitive, materiali, relazionali).

Milano deve ora dimostrare di essere all’altezza di questa sfida, evitando di rifugiarsi in nicchie fin troppo comode perché lontane da ogni confronto con la realtà e con i poteri forti. Solo così sarà possibile portare a termine il lavoro iniziato. Serviranno molte più energie di quelle messe in campo sino ad ora perché se da un lato sarà più facile proseguire a fare cose simili (per via di un effetto di apprendimento), dall’altro sarà sempre più “costoso” portare a casa dei risultati incrementali, continuando a migliorare dopo essere riusciti a generare delle discontinuità significative. Proprio grazie a questa giunta infatti l’asticella si è sensibilmente alzata. Così come le aspettative dei milanesi.

È una responsabilità che chi ha contribuito a costruire il “modello Milano” deve sentire sulle proprie spalle. Pensando ai tanti che hanno dato fiducia a questa coalizione sociale ma soprattutto ai tantissimi che potranno cogliere le opportunità che la città sarà capace di offrire nei prossimi anni, se i processi di innovazione nati in questi anni potranno consolidarsi. Proviamo a sentirci tutti un po’ più responsabili di quello che accadrà o non accadrà in questa città.

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CAT: Innovazione, Milano

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