Da golden boy alla fine ingloriosa, la triste parabola di David Cameron

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24 Giugno 2016

Nella storia c’era già entrato: è stato il premier britannico più giovane. Nel maggio del 2010, infatti, aveva 43 anni ed è arrivato a Downing Street. Ma questo, dopo il 23 giugno 2015, è un dettaglio. David Cameron sarà ricordato nei libri di storia per un altro evento storico: la Brexit, la fuoriuscita della Gran Bretagna dall’Unione europea a causa del referendum che ha voluto fortemente. Un classico Cavallo di Troia: il leader conservatore aveva indetto la consultazione per consolidare la sua posizione. E invece ha firmato la sua fine politica.

Eppure David Cameron è stato a lungo ritenuto un golden boy del centrodestra britannico. Addirittura era un possibile modello per altri Paesi in cerca di leadership potenzialmente innovative. Quando ha avviato la sua scalata al partito, all’inizio degli anni Duemila, sembrava un Tony Blair di destra: giovane, dinamico, comunicativo. E capace di cambiare la linea del partito, raccogliendo l’eredità del “vecchio” Michael Howard, uscito malconcio dalle elezioni del 2005. Che qualcosa si fosse inceppato era chiaro nel 2010: il numero uno dei Tories si è presentato al voto con i gradi del favorito contro un logorato Gordon Brown, ex Cancelliere dello Scacchiere e avversario interno di Blair. Ma Cameron era già stato superato in brillantezza dal fenomeno, molto transitorio, di Nick Clegg, candidato dei Lib-dem. La vittoria elettorale è stata così monca: il buon David ha dovuto fare un governo di coalizione proprio con Clegg. Un fatto alquanto raro dalle parti di Sua Maestà.

Già al primo appuntamento elettorale, quindi, ha mostrato i suoi limiti. Non si è rivelato proprio da campione assoluto della politica. L’esecutivo, costretto a qualche equilibrismo per l’alleanza con Clegg, ha navigato nella crisi economica, operando dei tagli alla spesa. Numeri alla mano, i risultati economici sono stati comunque positivi: nel 2014 il Pil è cresciuto del 2,9%, anche se c’è stato un rallentamento nel 2015 (al +2,3%), con un tasso di disoccupazione finito sotto il 6%. Eppure nella campagna elettorale del 2015 il premier era indicato come il favorito “zoppo”: secondo i sondaggi non avrebbe ottenuto i numeri per conseguire una maggioranza. Nel maggio 2015 Cameron ha smentito tutti: ha ottenuto il miglior risultato della sua vita politica con la riconquista di Downing Street e con una maggioranza monocolore. Chi pensava a una traversata tranquilla ha dovuto rivedere la tesi. Il trionfo è stato effimero. Tra le promesse fatte agli elettori, per contrastare l’avanzata del nazionalista Nigel Farage, c’era quella di convocare un referendum sulla permanenza in Europa. Un suicidio perfetto.

Così il golden boy Cameron, a poco più di un anno da quella incredibile vittoria, ha segnato la fine della sua carriera. La consultazione sulla Brexit è stata una catastrofe per lui e anche per l’intero Continente. Adesso il leader che avrebbe potuto aprire una nuova stagione politica in Gran Bretagna sarà ricordato per sempre come un talento potenziali trasformatosi nell’uomo del disastro.

TAG: Brexit, david cameron, referedum Brexit
CAT: Istituzioni UE, Londra

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