musica in metamorfosi con alberto parodi 06/12

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24 Febbraio 2019

MUSICA IN METAMORFOSI 06/12
Qualche mese fa, grazie all’intuizione di Paola Damiani e su commissione di  Radio3 Suite, ho realizzato un ciclo di 12 puntate intitolato “Musica in metamorfosi“ . Un dialogo a più voci con compositori, interpreti, musicologi, ingegneri del suono ecc. su questo immenso proliferare di generi musicali… sintomo di una democrazia in ottima forma o effetto di una metamorfosi sotterranea di ciò che abbiamo chiamato, per diversi secoli presente compreso… musica?

Il programma è stato accolto con grande curiosità, ho ricevuto moltissime mail ed è stato candidato al Prix Europa. Mi è sembrato quindi potesse esser di un qualche interesse trascriverlo, seppur parzialmente, e metterlo a disposizione. In questo formato possono esser approfonditi elementi diversi, come le biografie degli autori o delle persone citate e in ogni caso, in fondo alla pagina troverete il link della puntata.

Insomma buona lettura (parziale) e/o… ascolto !

Puntata 6

Alberto Parodi

Andrea LiberoviciAlberto Parodi

Andrea Liberovici: Buonasera, vi comunico che ci siamo piantati. Si, ci siamo fermati al numero dei generi musicali di ieri, ovvero 2402 generi musicali diversi che, per carità, non sono pochi, ma comunque quelli sono. Non ne abbiamo trovati di nuovi nella notte. Vediamo un po’ come ce la caveremo settimana prossima. Come sappiamo il web non si è ancora essiccato e quindi troveremo sicuramente qualcosa di nuovo. Intanto ecco che arrivano Jan e Sofia, o meglio Sofia e Jan, i nostri Hänsel e Gretel, cacciatori di generi sempre sul pezzo…

Hänsel e Gretel: Musica Sacra, Musica Spettrale, Musica Liturgica, Musica da Camera, Musica Acusmatica, Musica Post-Romantica, Musica Corale, Cantata, Raggaeton, Jazz bep pop, Cool Jazz…

A.L.: Buonasera, mi chiamo Andrea Liberovici, faccio il compositore e il regista di teatro. Chi ha avuto modo di ascoltare le puntate scorse è sicuramente a conoscenza del mio rapporto così tormentato con il mio ex amministratore di condominio, che ha coniato per me questa sintesi, direi, in qualche modo perfetta. “Liberovici, lei è un registra”, quindi, in qualità di registra, sto registrando questa serie di dialoghi intorno a una domanda, ovvero: questa proliferazione di generi musicali del nuovo millennio è il segno di una democrazia in ottima forma o il sintomo di una metamorfosi che sta lavorando ancora sottotraccia ma che prima o poi apparirà in tutto il suo splendore?

Musica

A.L.: …en bourdeur d’espaces…, chiedo sempre scusa agli amici francesi per la mia pronuncia, di Gualtiero Dazzi è il brano che stiamo ascoltando in sottofondo. Sento l’obbligo d’avvertirvi e d’avvertire contestualmente anche la direzione di Radio 3 che sta per arrivare un contributo acustico, diciamo così, di un certo rilievo. Attenzione.

Musica : Florence Jenkins

A.L.: Mi rendo conto perfettamente che iniziare la trasmissione ascoltando Florence Jenkins possa essere interpretato come una sorta di atto ostile, e in effetti è un atto ostile. Però c’è un ma… Siamo sicuri che sia più interessante la voce di una cantante super pop stonata come una campana ma aggiustata dall’autotune? E soprattutto: che cos’è l’autotune? Ne parliamo con l’ingegnere del suono Alberto Parodi, eminenza tutt’altro che grigia piuttosto conosciuta nell’universo pop, non soltanto italiano. (Rivolto ad Alberto Parodi) Dirò quello che tu sei, ovvero un grande ingegnere del suono…

Alberto Parodi: …famoso in tutto il mondo.

A.L.: È inutile che la butti sul ridere. È così. Il plug-in nell’informatica musicale è un componente aggiuntivo che implementa in modo piuttosto significativo, anzi diciamo pure radicale, la possibilità di intervento sul suono e, siccome è molto conosciuto e popolare tra le persone che lavorano con i suoni, ma anche fra i ragazzi, fra i giovani, giriamo questa domanda all’ingegnere del suono pop. (Rivolto ad Alberto Parodi) Che cos’è un plug in?

A.P.: È un software che si attacca ad un software principale che è il cosiddetto Daw, che sarebbe la workstation audio. Tu hai una workstation audio sulla quale lavori, poi ci sono questi software che si chiamano plug in che si inseriscono all’interno di questo programma e fanno magie.

A.L.: Che tipo di magie?

A.P.: Qualsiasi cosa: trattano il segnale dal punto di vista della dinamica, dell’equalizzazione, aggiungono riverberi, tolgono riverberi, aggiungono rumori, tolgono rumori, cambiano il pitch, fanno qualsiasi cosa, poi ci sono anche degli strumenti virtuali che sono dei plug in. C’è di tutto…

A.L.: Aiutano a far cantare i sassi…

A.P.: Intonano le persone, danno colore alla voce, fanno qualsiasi cosa.

A.L.: Il punto di riflessione è questo. L’elettronica, ovviamente, si è estesa sia alla musica, per capirci, popolare, pop ecc… sia alla musica, sempre per capirci, cosiddetta colta ecc…soprattutto negli ultimi cinquant’anni dell’altro millennio.

A.P.: Che cominciò con i sintetizzatori.

A.L.: Sintetizzatori, musica concreta, e via di seguito. Poi ci sono stati tutti i grandi maestri: Stockhausen, Nono, Maderna, lo studio di fonologia

A.P.: …gente seria.

A.L.: La differenza era che questi grandi maestri utilizzavano l’elettronica per trovare una propria personale voce, mentre la sensazione che ho io è che nel mondo, generalizzando, del pop o del commercio in realtà, i plug in, o comunque questo tipo di effettistica, in realtà siano la voce. Si sta delegando il suono a degli ingegneri che costruiscono questi oggetti.

A.P.: E’ vero che il 99% delle produzioni si affida ai preset. Quindi si comprano i suoni già pronti.

A.L.: Del cibo in scatola per capirci…

A.P.: …praticamente si. Suoni già pronti, effetti già pronti, ecc… Ci sono delle società che producono dei plug inn molto in voga che hanno dei preset generici di cui fare successivamente la messa a punto. Sono dei preset per emozoni, cioè per mood. Uno vuole dare un certo tipo di emozione ad un progetto che sta facendo, e i preset già lo prevedono.

A.L.: Quindi sono degli oggetti di seduzione di massa.

A.P.: Intanto la musica non è più prodotta dai musicisti, punto numero uno.

A.L.: Da chi è prodotta?

A.P.: Dai Disc – Jockey.

A.L.: Ok

A.P.: La musica pop non è più prodotta dai musicisti. Sono i Disc–Jockey che producono la musica pop, che hanno il vantaggio, diciamo così, di capire il gusto attuale che va in voga, però di musica non sanno niente. Quando un Disc – Jockey dice “suono un disco“, per lui vuol dire farlo girare, mentre per noi suonare è una cosa diversa. La musica pop è sempre di più in mano a queste persone che, per carità son creativi come tanti, ma hanno linguaggi diversi. Non hanno la capacità di creare un suono, oppure di prendere un suono e modificarlo. C’è da dire che tutto è partito da quando i suoni venivano creati dai sintetizzatori. Poi sono arrivati dei sintetizzatori virtuali, sotto la veste di plug in, ma sempre sintetizzatori erano, che comunque richiedevano la creazione del suono. Prendiamo il primo oscillatore e lo facciamo modulare, poi gli aggiungiamo un secondo oscillatore, ecc…Adesso ormai gli strumenti virtuali sono dei campioni, dei registratori, cioè hanno registrato un suono che ti mettono a disposizione. Quindi, siccome sono così, uno degli strumenti più in voga per la produzione della musica pop – moderna è uno strumento che è semplicemente un campionatore come era l’Akay di una volta, però portato all’estremo.

A.L.: Che cos’è un campionatore?

A.P.: Il campionatore è uno strumento che registra un suono e poi ti permette di suonarlo ad altezze differenti sulla tastiera. Quindi io posso registrare anche la tua voce, che dici ciao, e poi faccio ciao, ciao ciao ciao ciao (intonandolo a diverse altezze).

Musica

A.L.: Stiamo ascoltando due versioni di Fashinating Rhythm del 1924 di George Gershwin. La prima re-inventata, anche grazie anche appunto a dei campionatori, novant’anni dopo da Jacob Collier nel 2014. Giovanissmo, dotatissimo autore, interprete, polistrumentista, compositore inglese, superpremiato, se non erro, anche con due Grammy, qualche anno fa, e una delle tante versioni, diciamo così, classiche, interpretata, negli anni cinquanta, da Ella Fitzgerald.

Musica

A.P.: Una volta la produzione musicale era comunque un fenomeno abbastanza collettivo, non era collettivo come potrebbe essere, che ne so, un film dove ci sono centinaia di persone che ci lavorano o altre forme d’arte. Comunque era una cosa che non era confinata ad una persona sola. Oggi la musica è sempre più prodotta in camera da letto con un portatile da un essere umano.

A.L.: Quindi c’è anche il grande rischio che siano grandi ritratti di ombelichi. Cioè il punto è, per paradosso, io sento moltissimi, e non soltanto io, giovani, ventenni di adesso che ascoltano poi i Led Zeppelin o ascoltano Stockhausen. Ascoltano comunque la musica del novecento.

A.P.: Me è ovvio

A.L.: Perché è ovvio?

A.P.: Il problema qual è? Noi produciamo musica per chi? 99 volte su 100 noi produciamo musica per far stare allegra la gente, quindi tutta la musica che viene prodotta, popolare, deve avere un certo tipo di sapore. Ma cosa può trovarci una persona che cerca invece un’esperienza diversa che non sia intrattenersi per quattro minuti? Non ci può trovare niente, quella è fatta per l’istantant- intrattenimento. Poi è ovvio che uno dice “Ah che belli i Pink Floyd”, grazie. “Che belli i Led Zeppelin”, grazie. Quelli non si preoccupavano di fare enterteinment, poi si sono trovati in un meccanismo di enterteinment, però loro scrivevano per mandare un messaggio che era positivo o negativo ma avevano qualcosa da dire. Volevano fortemente che il contenuto trasmettesse quel mood preciso, e quindi impiegavano un’enorme quantità di tempo perché poi alla fine è quello che manca oggi, un’enorme quantità di tempo per arrivare a quel risultato. Arrivati a quel risultato il disco si considerava finito, e poi rimane. Per forza che rimane.

 

… continua via radio a questo link: Musica in Metamorfosi 06/12

alla prossima puntata!

Ringrazio Armando Ianniello per l’aiuto nella trascrizione

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CAT: Letteratura, Musica, Teatro

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