A Santarcangelo dei Teatri il segno forte dei diritti

:
30 Maggio 2022

Ascoltare ed ascoltarsi. E’ l’insegnamento più grande che possono offrire tolleranza e condivisione. Incontro e discussione come armi di pacifica convivenza. Sta qui la spina dorsale della cinquantaduesima edizione del festival più internazionale e amato d’Italia. Quello di Santarcangelo da sempre specchio d’Italia e d’Europa, che per un pugno di giorni _ dal’8 al 17 luglio _diventa luogo di scambio e confronto. Favorisce nuove amicizie e incontri, collaborazioni e progetti che attraversano il mondo. Naturalmente capace di captare sulla pelle di una manifestazione matura, eppure sempre nel flusso dei tempi, i segnali di malessere come quelli del cambiamento. Lo ha rilevato lo stesso presidente Giovanni Boccia Artieri, in occasione della presentazione alla stampa, riflettendo come l’arte della scena abbia la “capacità di interpretare finzionalmente la realtà attraverso la possibilità di attivare un’esperienza personale e collettiva capace di attivare meccanismi riflessivi profondi”. Questo accade in virtù della comunicazione tra performer e spettatore già a livello di corpo che poi “è anche memoria, e interagisce, reagisce, resiste, si confronta e si scontra con la scena nell’esperienza dello spettacolo”. In questo modus operandi si riconoscono le esperienze maturate in questi ultimi scorci di tempo, dalla pandemia alla guerra portata dalla Russia in Ucraina, con tutto il fardello di dolore, lutti e drammi al centro della nostra Europa. Un carico di sentimenti ed esperienze che questa edizione vorrebbe appunto “ascoltare”, come recita il titolo di questo anno: “Can You Feel Your Own Voice”. Questi sono anche i binari sui quali viaggerà la rassegna costruita dal neo direttore, il dramaturg e critico teatrale polacco Tomasz Kireńczuk, responsabile artistico del nuovo triennio 2022-2024, selezionato attraverso un percorso lungo e punteggiato dalla pandemia (è stato scelto su 66 candidature). Kireńczuk è un attento osservatore dei diritti, sensibile alle diseguaglianze. Nella sua lettera di candidatura aveva rivelato di vedersi nelle vesti di “uno che crea cornici, aiuta gli artisti e le loro opere a esistere e mostrare il loro nuovo volto in un confronto con gli spettatori”.

Un momento dello spettacolo”Ensaio poaia una fotografia” a cura di Monica Calle e Casa Conveniente di Lisbona (Foto di Bruno Simao)

Questa “cornice” altro non è -sostiene Boccia Artieri– che “una piattaforma che ibrida gli spazi cittadini e la cittadinanza di Santarcangelo con i performer internazionali e i pubblici per un costante incontro delle diversità, delle diverse voci nello spazio pubblico. Uno spazio in cui potere parlare e ascoltare, e imparare ad ascoltarsi e ascoltare ad ascoltarsi”. Cosa ci può essere di più vicino a questo?

Ma, semplice! Una bella tavola rotonda. Magari di grandi dimensioni e collocata al centro del paese, nella mitica piazza Ganganelli che accoglie chi giunge in questa cittadina a pochi chilometri da Rimini. Intanto servirà agli artisti.

Ad esempio, in questa struttura si esibirà il performer emergente polacco Pawel Sakowicz con l’azione “Jumpcore”, performance sul tragico salto del danzatore, attore e coreografo Fred Herko che nel 1964 a New York chiuse drammaticamente la sua coreografia gettandosi da un palazzo (di scena il 15, 16 e 17 luglio). Lì si terrà pure “Siamo ovunque” una lettura dei collettivi svizzero-italiani Dreams Come True, Hichmoul Pilon Production, collectif anthropie e Siamo ovunque (il 9 e 10 luglio) dedicato alla varie voci, da antifascista a femminista, da anti capitalista e antirazzista a “tutti coloro che si battono contro ogni forma di oppressione sociale, componendo così un archivio dell’attivismo contemporaneo”.

Il performer polacco Paweł Sakowicz proporrà il suo “Jumpcore” nella tavola rotonda collocata in piazza Canganelli a Santarcangelo (foto Klaudyna Schubert)

Grande questa tavola è davvero grande: ben dodici metri. Assai di più – ha raccontato lo stesso Kireńczuk durante la conferenza stampa _ di quella usata da Solidarnosc negli anni del cambiamento democratico in Polonia. Quella era di otto metri, ha precisato il direttore artistico, e aveva visto sedere attorno rappresentanti politici e sindacali intenti a scambiarsi rispettivi punti di vista nel tentativo di sventare una guerra civile. Un oggetto di forte presenza scenica tale da richiamare uno dei possibili funzionamenti di una società. “E’ uno spazio d’incontro _ ha detto Kireńczuk _ dove ci si può stare assieme. Un luogo pubblico di riflessione” . Zona di condivisione quindi. C’è necessità di questi posti “nei quali dare vita a comunità temporanee per celebrare la nostra diversità, realtà di apprendimento che cerchino la propria forza nelle differenze dei corpi, delle voci, dei contesti e delle prospettive. In un mondo così dolorosamente colpito dalla disuguaglianza e dal conflitto, necessitiamo di ambienti dove sostenersi a vicenda, esserci l’uno per l’altra”. Ecco così un festival _ come lo vede il direttore polacco _ polifonico per sua stessa natura. In grado di promuovere la condivisione diventando “un invito ad ascoltare la nostra voce più intima e profonda, per continuare a chiederci: chi siamo, cosa pensiamo, quali sono i nostri valori non negoziabili, che cosa intendiamo spartire?”

E’ anche questo il motivo per cui Kireńczuk ha scelto significative aree tematiche: questione femminile, ambiente e natura, politica, progetti speciali, etc… Qui sono chiamati ad operare gli artisti, in maggioranza stranieri (molti anche per la prima volta in Italia): tantissimi appartenenti alla danza e alla performance, anche al teatro naturalmente, e alla sperimentazione di diversi linguaggi. Sono una quarantina tra gruppi e singoli provenienti soprattutto dalla scena emergente, e saranno impegnati complessivamente in 170 recite.

Un’immagine eccentrica tratta dall’allestimento “Commune” della regista polacca Maria Magdalena Kozlowska (foto di Anna van Kooij)

A provarci per prima sul fronte della questione femminile è Mònica Calle, attrice e direttrice della Casa Conveniente di Lisbona (da lei fondata nel 1992) che l’8 e 9 luglio al Parco Baden Powell presenta “Ensaio Para Uma Cartografia”. Sulla scena dodici attrici danzando sulle note del “Bolero” di Ravel ispirate dalle prove d’orchestra dei grandi direttori, mettono in evidenza “il loro bisogno di comunità e ribellione contro il dominio dei modelli maschili”. La regista e performer belga Léa Drouet in “Violences” (16 e 17 luglio al Teatro del Lavatoio) sceglie la sabbia – che ha la capacità di nascondere tracce e segni di violenza – come “materiale resistente, solido e friabile per costruire paesaggi in movimento: da terre e campi attraversati dagli ebrei negli anni Quaranta a torri e palazzi delle città di oggi, dove si gioca la politica migratoria”. In “Violences” ricorda le vicende di due bambine, una delle quali è la nonna, come simbolo della violenza che viene esercitata sulle donne delle classi ai margini della società. Maria Magdalena Kozlowska, polacca residente da tempo in Olanda in “Commune” (9 e 10) mette insieme un gruppo di musicisti classici impegnati a “decostruire i canoni del genere operistico per celebrare il potere del femminile”. L’austro-svizzera Teresa Vittucci lavora nel campo della danza e della performance indagando sulle prospettive femministe e queer della cultura pop, della storia e della religione. In “Doom” (12 e 13 al Parco Baden Powell), seconda parte della trilogia iniziata con il solo “Hate me, tender” ha chiamato e invitato il compositore Colin Self ad esplorare insieme le origini della femminilità e dell’immagine della donna a partire dalle figure mitologiche e bibliche di Pandora e di Eva, le cui storie fungono da ammonimento: “chi può ferire, a chi può dare fastidio la curiosità femminile?”

L’attrice argentina Marina Otero della nuova performance “love me” realizzata con Martin Flores Cardenas (foto di Lucia Tomas)

Le miserie umane, il dolore, il trascorrere del tempo, la violenza, la morte e l’amore: attorno a questi temi lavora l’artista argentina, ora residente in Spagna, Marina Otero che assieme al regista Martin Cardenas propone in prima europea “love me” (15 e 16 luglio, Scuola Pascucci), evoluzione dello spettacolo “Fuck me” presentato lo scorso settembre a Napoli. Un “manifesto teatrale radicalmente femminista che parte da una esperienza individuale e intimista per confrontarsi con alcune norme sociali da lei rifiutate”.

Mettono in pista una inedita riscrittura delle “Troiane” di Euripide i Motus, direttori fino alla scorsa edizione del festival romagnolo, utilizzando le parole e i pensieri di Jean Paul Sartre, Judith Butler e Donna Haraway, nello spettacolo “Tutto Brucia” (13 e 14 al Lavatoio) incentrato sulla figura di Cassandra, “uno dei personaggi più scomodi perchè non corrispondente ai canoni sociali, restituendo importanza alle narrazioni femminili e a ciò che la narrazione maschile considera debole e privo di valore”. Sulla scena Silvia Calderoni della stessa compagnia e la danzatrice Stefania Tansini. Quest’ultima è protagonista anche in solitario (9 e 10 luglio al Lavatoio) del “My Body solo” in cui continua il suo personale percorso di ricerca “esponendo con generosità il proprio lato vulnerabile attraverso un’accettazione della propria precarietà”.

La performer Silvia Calderoni e la danzatrice Stefania Tansini in “Tutto Brucia” dei Motus (foto di Paolo Porto)

Tantissimi sono gli artisti che si confrontano con il tema della natura, ha osservato Kireńczuk, anche perchè “il teatro è il luogo dove si possono sperimentare nuove sensibilità rispetto alla natura stessa”. Prima citazione d’obbligo è quella per la regista brasiliana Gabriela Carneiro da Cunha che porta all’attenzione del pubblico il suo recente “Altamira 2042” (9 e 10 luglio). In primo piano la costruzione in Amazzonia della diga di Belo Monte sul fiume Xingu che, una volta realizzata sarà la terza al mondo. L’opera metterà a serio rischio biodiversità e vita degli stessi indigeni, la cui sopravvivenza è assicurata dalle risorse naturali della zona. Da Cunha ha lavorato a lungo con gli indigeni della zona dando vita a un’opera in cui le voci e gli strumenti danno vita a un originale affresco di denuncia.

“La notte è il mio giorno preferito” (dall’8 al 10 luglio, Cortile Scuola Pascucci) della coreografa italiana Annamaria Ajmone restituisce una riflessione sul rapporto tra uomini e animali. Arriva invece dal Mozambico la performer Marilù Mapengo Nàmoda con il suo “Mom, I’m non longer Black” (16 luglio) una sorta di rituale funebre della durata di nove ore in cui la performer “offre il proprio corpo alla natura, ripetendo le medesime attività vitali in uno stato di trance”.

Una scena dall’allestimento della regista brasiliana Gabriela Carneiro da Cunha “Altamira 2042” presentato al prossimo festival di Santarcangelo (foto di Nereu Jr)

A questo proposito il direttore artistico riflette sull’importanza del corpo in un atto teatrale: ha un ruolo importantissimo, è mezzo di comunicazione con il quale gli artisti si offrono al pubblico. Una tematica questa che si rintraccia in molti dei lavori presentati in questa edizione”. Ci sono diversi “solo” coreografici molto differenti tra loro in cui viene offerto il corpo come elemento di condivisione” ha aggiunto Kireńczuk. Il corpo come mezzo politico di rottura si ritrova in “O Samba do Crioulo Doido”, coreografia ideata nel 2004 da uno dei più importanti artisti brasiliani Luiz de Abreu e danzata da Calixto Neto (15, 16 e 17 luglio al parco Baden Powell) in un allestimento del 2020. “Giocando con il corpo e i simboli di appartenenza nazionale, la performance trasmette un’idea della danza quale strumento di liberazione fisica, di emancipazione, un grido attraverso il quale si afferma il passaggio dal corpo come oggetto al corpo come soggetto”. Atteso il debutto di Giovanfrancesco Giannini che in prima nazionale presenta “Cloud” (14,15 e 16 luglio nella Casa della Poesia). Lo spettacolo è “una riflessione sulla politica delle immagini e sulla rappresentazione mediatica dei corpi, organizzata attorno ai concetti di durata e ripetizione: la performance, che si svolge su un arco temporale di tre ore, è composta da sei ripetizioni di circa trenta minuti ciascuna; il pubblico può entrare e uscire tra l’una e l’altra”. Altri “solo” da non perdere sono quelli di Camilla Montesi e Rita Mazza. La prima individuata attraverso la call di Krakk per un periodo di residenza a Santarcangelo mostrerà “Caronte” (13 e 14 luglio al teatrino della Collegiata), un “solo” che organizza le sue basi sull’omonima figura mitologica. Nello stesso spazio (ma il 16 e il 17) la coreografa italiana di base a Berlino, Rita Mazza, combina il linguaggio dei segni con “studi libanesi sul movimento, danza classica e il Visual Vernacular forma d’arte legata al lessico gestuale” in “Dandelion II”.

Il danzatore Calixto Netoin scena nella coreografia disegnata da Luiz de Abreu “O Samba do Crioulo” (Foto Marc Domage)

Uso degli spazi in tre progetti speciali. Come è tradizione della rassegna, un Festival fondamentalmente site specific, punta sulla riscoperta di spazi anche dimenticati del territorio, dove è stata vissuta la storia della comunità stessa, per trasformarli in luoghi inediti di incontro. Si tratta spesso e soprattutto di un lavoro di riadattamento finalizzato ai nuovi allestimenti. Così sarà per la performer polacca Anna Karasińska che nello spazio di una fabbrica dismessa nel 2008, la Buzzi-Unicem ha pensato un nuovo lavoro tra teatro documentaristico, installazione ed esperienza intimistica nato durante una residenza a Santarcangelo (dal 9 al 16 luglio). Altro progetto site specific sarà quello del regista, film maker e giornalista svizzero Mats Staub che costruisce una versione originale di “Death and Birth in My Life” (dal 9 al 17 luglio). Il regista la allestirà in otto diversi appartamenti della cittadina romagnola: luoghi unici dove si terrà la proiezione delle interviste raccolte. Queste le domande che sono state rivolte: “Quali morti e quali nascite hanno influenzato la tua vita fino ad oggi?”. E l’altra: “A chi ho dato il benvenuto, a chi ho dovuto dire addio. Cosa mi è accaduto durante questo processo? Proviene dalla Svizzera anche il duo formato da Igor Cardellini e Tomas Gonzalez che con il supporto di Emilia Verginelli, presso il centro commerciale le Befane d’oro presenterà “L’Age d’or”un progetto di visite guidate dentro i locali del supermercato come fossero passeggiate turistiche in un sito archeologico. La performance è una critica alla ideologia liberale e al consumismo di massa. Con questa produzione speciale si entra nell’ambito della politica, tematica che vede molti performer e teatranti impegnati con le loro opere a Santarcangelo. Accanto ad allestimenti come il già citato “Violences” della regista franco belga Léa Drouet, il solo di Calixto Neto contro il razzismo delle persone queer, va segnalato il giovane performer bielorusso Igor Shugaleev con la performance “375 09082334. The body you are calling is currently not available” (9 e 10 nella Casa della Poesia) denuncia il livello di repressione contro l’opposizione nel paese governato con il pugno di ferro da Lukashenko, alleato prediletto di Putin. La performance è un invito a immedesimarsi sullo stato di detenzione a cui sono state sottoposte migliaia di persone incarcerate dalla dittatura.

Il performer bielorusso Igor Shugaleev in “375-0908-2334-The-body-you-are-calling-is-currently-not-available-” atto d’accusa contro la dittatura di Lukashenko (foto di Alexandra Kononchenko)

Usa il proprio corpo l’artista sudafricana Ntando Cele per disegnare il suo personale cabaret dedicato al razzismo e al postcolonialismo in “Go Go Othello” (14 e 15 al teatro Petrella di Longiano). Il coreografo anglo polacco Alex Baczyński-Jenkins in “Untitled (Holding Horizon)” (14 e 15 luglio all’Itc Molari) continua la sua ricerca “sulla negoziazione del desiderio, sulla materialità e l’amplificazione dei gesti, l’incontro, gli affetti nella comunità queer”. Maria Magdalena Kozłowska, regista olandese residente in Olanda in “Commune” (9 e 10 luglio al teatro Amintore Galli di Rimini) mostra un lavoro contro la penalizzazione dell’aborto e si occupa di Pussy Riot e idrofemminismo. Tra gli altri eventi in programma c’è da segnalare il ritorno della dancemaker Cristina Kristal Rizzo che in “Echoes” nel Convento dei Frati Cappuccini (13 e 14) vede cinque corpi danzanti disegnare una coreografia fatta di ripetizioni e differenze, con “una dimensione virtuale generata dai danzatori stessi e fruibile in streaming attraverso il proprio telefono. Lucy Wilke e Pawel Dudùs porteranno in scena l’atto teatrale “Scores that shaped our friendship” (il 15, 16 e 17 all’ITC Molari) con musiche di Kim Twiddle. Lo spettacolo parla della storia di un’amicizia senza possibilità di definizione. Un rapporto costruito da slanci poetici e da un comune desiderio di sensualità.

Nasce anche la Bright Room, spazio dedicato alla speranza e alla resistenza per gli artisti con identità ed estetica. Santarcangelo assieme a Vooruit (Belgio), Kampnagel Hamburg (Germania), Fierce Festival (UK), Imbricated Real (Svizzera) hanno deciso di lavorare assieme per un ambiente dedicato alla celebrazione queer. Eccocosì Bright Room che sarà aperto a tutti con workshop, talk e feste. E’ animato dal collettivo di Gant Bebe Books, Queerokè, Freddie Wulf +Oozing Group, Imbricated Real, MerendexSantarcangelo. Torna anche lo chapiteau Inbosco ai piedi del Convento dei Cappuccini dove sarà possibile ascoltare musica ma anche ballare grazie al programma messo a punto da Chris Angiolini che prevede i live set di Bambii, Ehus, e Poche City. Per la musica live da annotare anche i quattro concerti gratuiti allo Sferiterio: Joan Thiele (Italia, il 10), WOW (Italia, il 15) e il duo Siska (dalla Polonia, il 9). Blind&Lame dalla Germania (12 luglio). Non mancheranno infine gli esiti scenici dei laboratori “Let’s Revolution” del Teatro Patalò (13 luglio) e la nonscuola del Teatro delle Albe e Zoe Teatro.

La coreografa e danzatrice italiana Rita Mazza residente a Berlino in “Dandelion II” (foto di Mayra Wallraff)

TAG:
CAT: Letteratura, Teatro

Nessun commento

Devi fare per commentare, è semplice e veloce.

CARICAMENTO...