Maratona a staffetta: c’est la vie!

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2 Aprile 2017

Mi frulla in testa un pensiero: scrivere qualcosa su quello che ho visto e respirato facendo la maratona a staffetta oggi, domenica 2 aprile, a Milano? Si, no, dai che banale! Poi alla fine ok eccomi qui.
Svegliarsi una domenica mattina, la città mezza bloccata per quelle migliaia (circa 20.000) che corrono manco dietro ad un pallone ma appresso a “qualcosa chissà…” come direbbe il poeta di Zocca. Tutti gli staffettisti negli stalli ansiosi di trovarsi e consegnarsi il braccialetto testimone con chip (mica di legno!) con le loro magliette blu, azzurre, verdi, nere, rosa e gialle fluorescenti; alcuni più casual e trasandati (come dice il mio amico “ironman”) altri messi giù da olimpiadi.
Ci sono quelli che si portan dietro la sacca con le tollette di tonno, quelli che “cosa è quel gadget lì che sembra una pastiglia o un cambio di lenti?” ma che in realtà è un fazzoletto disinfettante, quelli che, come me, “dove metto il biglietto atm che non ho manco una tasca?”.
Via si parte e tutto sembra filare liscio ma poi ti guardi intorno e vedi tanta variopinta umanità e questa cosa ti sembra un po’ una metafora plastica della vita. Quelli che sgomitano, si fanno largo ti vengono addosso e manco a pagarli per un “scusa”, quelli che “pardon”, quelli che sono presi dal controllo dei tempi, quelli chiusi nell’ascolto delll’mp3 player, il ragazzo esausto che corre con l’arto artificiale, quelli che vanno a strappi, camminano, quelli che “cazzo c’è il punto ristoro” e partono a razzo per prendersi un bicchiere d’acqua. Poi un mondo, direi ragionevolmente maggioritario, che procede con andamento costante e poi i passanti e gli astanti che incoraggiano; i  “motivatori” (qualcuno con tanto di sponsor evidentemente retribuiti). Non manca neanche il pirla in macchina che prende per il naso e qualche pedone o automobilista intollerante “che palle sta maratona, speriam finisca presto!” mentre la gran parte degli altri ciclisti, automobilisti e passanti prosegue in relax nella uggiosa domenica mattina.
A colpirmi sono una decina di persone che lungo il percorso svengono e si accasciano a bordo strada, tutte assistite, diverse di loro avvolte in una coperta. Poi le scritte sul retro delle magliette che raccontano e invitano a sperare e correre per buone cause: cura, tolleranza, fratellanza, fare insieme…
A 3 chilometri dalla metà si avvicina una ragazza che gentilmente mi chiede: “posso correre con te, tenere la tua andatura che non ce la faccio più?”. Per me sono anche io che corro con lei e anzi quando vedo l’ultimo mitico chilometro e  motivatori che gridano e fischiettano tra”opopopop daidaidai” la avverto “partiamo per chiudere prima” e lei mi dice grazie “non ce la faccio”. Poi la vedo che parte e va ancora più avanti di me in questa corsa che è valso davvero la pena di correre a Milano tra Piazza Piemonte, City life, Piazzale Kennedy e San Siro.
Bella davvero questa esperienza che ho realizzato a sostegno di un progetto dei colleghi della cooperativa Comin dedicato alla pronta accoglienza per bambini da 0 a 3 anni.

TAG: correre, l'arte di correre
CAT: Milano

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