Milano fai di me quello che vuoi… un’idea di città dal basso

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3 Febbraio 2018

Foto di copertina Andrea Cherchi
Alberto Fortis l’aveva già detto, Milano si ama e può fare di noi quello che vuole.
Ognuno può trovare la sua Milano, quella che che più si avvicina alla sua anima.
Io personalmente la amo da impazzire e come me molti altri.
Vivendola, girandola dal Gambellino a Villa Necchi, passando per le Colonne e la Mangiagalli, ci sono luoghi di Milano, segreti, insoliti e bellissimi.
Poi, ci sono coloro che la abitano. Sono tutti milanesi, non ha più senso la divisione tra chi ci è nato, tra chi ci è arrivato, tra chi ha un albero genealogico con le radici sotto il foro romano. Tutti si meritano questa città e quello che questa può offrire loro.
Ci sono, però, modi diversi di viverla, di amarla, di onorarla ogni giorno.
Il mio preferito è quello dal basso, quello di chi ne apprezza la vita in modo disinteressato e cerca di diffonderne le storie in modo garbato e con tanta passione.
Come gli animatori di Passeggiando per Milano (e dintorni), un gruppo Facebook in cui si trovano storie del capoluogo lombardo e in cui ognuno può pubblicare le sue foto, compresi fotografi professionisti. Nulla di nuovo si dirà. E invece no.
E’ un gruppo nato dal basso, che in poco tempo è arrivato a superare i 10.000 follower, la differenza è che non agisce solo in uno spazio virtuale ma prende forma negli negli incontri tra appassionati, con percorsi, strutturati e gratuiti, su itinerari cittadini a tema. Itinerari che raccontano, ad esempio, i grattacieli, come quelli di via Washington per arrivare all’Isola o a City life.
Le persone possono incontrarsi, conoscersi e godersi Milano. Scoprendo fatti inediti, aneddoti che riguardano questo o quello. Inoltre, in occasione delle camminate sono raccolti dei fondi che sostengono delle iniziative benefiche.
Non ci sono secondi fini se non quello riempire di significati (al plurale) la parola social.
Perchè, è inutile negarlo, chiunque di noi che abiti a Milano ha un suo rito, un suo punto, un suo luogo, un suo personaggio da amare.
Questi sono i miei.
Così come l’hanno avuto Quasimodo, Montale, Einstein, Giulio Natta, Ernesto Teodoro Moneta, Dario Fo, Ernest Hemingway: tutti premi Nobel accolti da Milano. Che ha anche accolto Giuseppe Verdi, Leonardo da Vinci, Francesco Petrarca, Stendhal, Ambrogio e Agostino, Costantino e Napoleone e tantissimi altri (Manzoni ci è nato).
Segno che la città ha avuto, da sempre, una spina dorsale solida e in grado di modificarsi col tempo, diventando culla di libertà e idee. Pensiamo a Beccaria, Verri (l’illuminismo) alle Cinque giornate, al popolo che fu cannoneggiato da Bava Beccaris, alla Liberazione dal Nazifascismo, al terrorismo.
Milano ha sempre pagato un prezzo per la sua libertà. E così insieme ai grandi troviamo il popolo di questo luogo, la sua vera ricchezza. Quel popolo che, sulle spalle dei giganti, ha potuto guardare più lontano (come diceva Newton).
Milano è passata da Vincenzina davanti la fabbrica alla città da bere in modo turbolento e veloce. La prima è stata superata dal progresso, la seconda invece è stata sepolta in corso di Porta Vittoria. In entrambi casi la città è ripartita (come il Milan che in sei anni passa dalla Cavese al Real Madrid: dalla B alla conquista della Coppa dei campioni).
Ma qualche nostalgico è rimasto, ovvero coloro che hanno ancora una visione della città dall’alto, della città che piace alla gente che piace e che non hanno superato (o non hanno compreso) che gli anni ottanta sono finiti da trent’anni. Quelli che amano amarsi, che dicono di aver scelto Milano. Sono coloro che ignorano (o fingono di ignorare) che a Milano a parte i negozi e le vie del centro del profetico Signor G.
Con le réclames sempre più grandi
coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti
e tante macchine sempre di più.

c’è molto di più.

E si dimentica (o forse finge di dimenticarsi) di cosa Milano dà, offre a tutti: il Pane quotidiano, l’Opera San francesco, L’Istituto dei Tumori.
Milano è di chi la vive non di quelli che con qualche hashtag furbetto e qualche foto degli amici la usano per candidarsi, e calarsi dall’alto. Tutto il contrario di quello che Milano è, ed è stata.

Milano non si sceglie si AMA

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