“Dove finisce Milano” è un podcast originale di Jacopo Tondelli, prodotto dal Centro Martini nell’Università Bicocca, che ogni settimana vi arriva grazie alla voce di Federico Gilardi.
Nelle ultime puntate, in vista delle elezioni Europee dello scorso 9 giugno, abbiamo raccontato per sommi capi la storia del voto dei milanesi negli ultimi trent’anni, cioè a partire da quel 1994 nel quale, con le prime elezioni politiche cui partecipò Forza Italia, Silvio Berlusconi disegnò di fatto un nuovo schema politico destinato a segnare la storia del paese e della città fino ai giorni nostri. Abbiamo spiegato perché e come una città capitale di quell’innovazione politica è diventata poi l’avanguardia, l’avamposto, del centrosinistra. In questa puntata, a partire da un fatto della cronaca politica di questi giorni, la nomina dell’avvocato Guido Bardelli ad assessore, proveremo a guardare invece al prossimo futuro e al futuro più lontano. All’innovazione politica che, in questo momento, a Milano, sembra mancare. Qui potete ascoltare e leggere la puntata di questa settimana.
Un paio di giorni fa, le pagine milanesi dei principali quotidiani italiani hanno riportato la notizia della probabile nomina di Guido Bardelli a nuovo assessore alla Casa del Comune di Milano. L’avvocato Bardelli, avvocato amministrativista piuttosto noto in città, sembra destinato a succedere a Pierfrancesco Maran, che con ogni probabilità riuscirà a diventare parlamentare europeo. I condizionali – lo vedete – sono molti, e sono inevitabili. Maran non è ancora certo al 100% della sua elezioni, che dipende da Alessandro Zan, fedelissimo di Elly Schlein. Se Zan deciderà di optare per il collegio del Nord-est, Maran risulterà l’ultimo eletto del Pd nel Nordovest. In ogni caso, è certo che Maran dovrà lasciare l’assessorato. Lo ha detto con ampio anticipo Sala, e i rapporti tra sindaco e assessore sono ormai da tempo, forse da anni, molto freddi. Una questione politica e una questione personale: come spesso capita le questioni sono queste due, e finiscono con l’essere una. La liberazione della casella di quell’assessorato era dunque certa già da tempo, a prescindere dall’esito del voto, e Sala è intenzionato a riempirla, appunto, con Guido Bardelli. Nota a margine: quando i principali giornali scrivono all’unisono che “sembra deciso che”, “Sala si starebbe orientando verso”, significa una cosa sola: è il sindaco che ha fatto sapere questo a chi di dovere. Ma torniamo al punto.
L’assessore uscente, Maran, era l’ultimo protagonista superstite di una stagione definitivamente conclusa. Era uno dei giovani assessori della giunta guidata da Giuliano Pisapia, uscito sorprendente vincitore dalle elezioni comunali del 2011 e che aveva aperto la strada a una lunga egemonia – che ancora oggi dura – del centrosinistra a Milano. Quando nel 2016 il suo posto viene preso – a coalizione invariata – da Beppe Sala, Maran è uno dei molti assessori confermati, e anzi ottiene un upgrade e va al governo dell’importante e ambita urbanistica milanese. La vittoria del 2021, sempre a opera di Sala, gli regala invece un ridimensionamento, e un assessorato spinoso, in un tempo di abitare complicato: quello alla casa. Vuol dire, tra le varie cose, che la casa si è fatta troppo stretta per entrambi e Maran deve trovare una via che lo porti alla porta. Eccoci qui.
Siamo appunto arrivati a oggi. Maran è il consigliere eletto che prese più voti, alle scorse elezioni. Più di 9 mila voti nella città di Milano, raccolti da capolista del Partito Democratico. La politica è fatta, comprensibilmente, anche di questi ragionamenti: se esce il più votato del Partito Democratico quel posto spetterà, comunque, al Partito Democratico. Lo pensavano in molti ma, a quanto pare, non Sala, che ha invece pescato altrove.
Guido Bardelli è un avvocato amministrativa 65 enne che viene da tutt’altro mondo. Gli archivi ci raccontano che era attivo nel mondo di Comunione Liberazione già negli anni 80. Quando, per capirci, il 40enne Roberto Formigoni spiccava il volo per il parlamento europeo con quasi mezzo milione di preferenze. È in quegli anni, quando la dissoluzione della Dc era di là da venire ma il partito dei cattolici guardava a sinistra eleggendo a presidente del Consiglio Ciriaco De Mita, che il giovane Bardelli fa la sua gavetta di attivista di Comunione e Liberazione, e di politico. Attraversa con discrezione decenni intensi: lo stretto legame tra il suo movimento eccelsiale e il centrodestra berlusconiano; il lento sgretolarsi di quel mondo, fino al crollo; un ruolo da comprimario e poi, come presidente, da protagonista, in Compagnia delle Opere, cioè nel braccio economico di CL. Negli ultimi anni, da avvocato, è stato socio di un importante studio legale, con Ada Lucia De Cesaris, assessore all’urbanistica della giunta di Giuliano Pisapia, che ha poi lasciato il Pd e la politica attiva, ma non la politica in toto, né la “vita pubblica”, militando nell’Italia Viva di Renzi e venendo nominata come consigliere d’amministrazione di Eni. In questi anni Bardelli è riconosciuto da tutti come un collettore discreto e preciso di relazioni tra diversi mondi del potere economico-immobiliare milanese. Conosce sostanzialmente tutti, dagli immobiliaristi aggressivi al mondo delle cooperative, pratica con precisione i termini dello housing sociale e quelli della finanza immobiliare. Conosce molto bene le leggi e – scrivono i giornali – Sala conta su di lui per sbrogliare la matassa delle cause che il tribunale di Milano ha incardinato proprio contro le pratiche urbanistiche della Milano degli ultimi anni. Questo – sia detto per inciso, ma chiaramente – non è il compito di un assessore alla Casa, ma di un consulente legale del Comune, che però è appunto un altro lavoro. Volendo credere che Bardelli sia invece stato nominato per fare l’assessore alla Casa, e lasciando al loro comprensibile ma piccolo posto le critiche della politica che volevano per sè una poltrona, l’impressione che resta è quella di una scelta fatta con lo specchietto retrovisore attivato. Mi ha ricordato il dibattito all’inizio della campagna per le primarie che poi videro vincitore Sala. Era l’inizio del 2016, ed ero tra quanti, sul palco, facevano domande. Ai candidati Sala e Majorino chiesi che posto doveva avere Comunione e Liberazione nella città. Non avrei mai pensato che, dieci anni dopo, quella domanda avrebbe conservato una sua attualità.
La sensazione è che questa città, che attrae capitali, intelligenze, energie, viaggi su un binario parallelo e abbastanza distante dal suo sindaco, dal suo ceto politico imprigionato a Palazzo Marino, dalla sinistra che critica Sala, e dalla destra in cerca di autore. Cose che capitano quando la società pensa di non aver più alcun bisogno di politica. E quando la politica si dimentica che la società esiste. In questi casi, di solito, sbagliano entrambe.
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