Rinnovare i contratti, dopo otto anni

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8 Settembre 2017

Se un insegnante prova a guardare dentro al suo portafoglio, farà presto a capire cosa significa un rinnovo che manca da otto anni.  La sua busta paga è  ferma da novantasei mesi , a fronte di una vita che ovunque ti giri costa sempre di più. Dalla pompa di benzina al biglietto della metro, dai costi dei cellulari che mentre sono calmierati vengono aumentati da continui rinnovi o giochi mai chiesti per cui la tua bolletta è  sempre più  alta di quella attesa;  al costo dei libri per i bambini che vanno a  scuola comprati a chili, quando basterebbe un I-pad per sconfiggere l’idea che vi si debba andare con la valigia, dopo aver svuotato il salvadanaio. Il tutto valutando oltremodo che, sempre a proposito di numeri, il Jobs act avrebbe creato 945.000 posti di lavoro, senza dire che se si sommano 4 rinnovi di contratto per un solo lavoratore in 12 mesi, si divide almeno per quattro la cifra di cui sopra.

Manuela Vanoli,  nuova Segretaria Regionale lombarda della  Funzione pubblica Cgil, proprio di questo parla con noi: di contratti, di dipendenti pubblici e privati e soprattutto del Jobs act. Ed è proprio guardando ai numeri, che la Segretaria mi spiega che il diritto al rinnovo è diventato necessario dopo otto anni e che, soprattutto,  sui dati relativi all’inflazione si può discutere. Perché all’aumentare del peso dei numeri che dicono che il potere d’acquisto dei salari è in linea con le attese, corrisponde un corrispettivo alleggerimento degli stipendi  nella vita reale. Il sindacato fa il suo lavoro. Rileva le disuguaglianze, intercetta le ingiustizie sociali, fa fronte contro coloro che si voltano dall’altra parte. A noi raccontare chi osserva il mondo senza pessimismo e senza ottimismo. Guardando semplicemente  a come è stata apparecchiata la tavola. Soprattutto quando dicendoti che potrai mangiare di più, osservi di stare perdendo peso. Perché il cibo sulla tavola diminuisce.

TAG: Cgil, contratti, rinnovo
CAT: Milano

Un commento

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  1. andrea.gilardoni 7 anni fa

    La scena e’ un po’ troppo drammatica, e sarebbe meglio non piangersi addosso, quando si ha un lavoro. Ben venga, poi, l’aumento.
    Per quanto riguarda l’ipad: costa molto piu’ dei libri di carta, va aggiornato o cambiato dopo pochi anni, i libri in formato digitale costano quasi come quelli cartacei e non li puoi rivendere recuperando i soldi come tutti abbiamo datto a scuola. Dopo un paio d’anni scade anche la licenza e non ci sono nemmeno piu’. Inoltre, en passant, i consigli di classe hanno posto un tetto massimo alla spesa per i libri. I testi troppo cari sono in genere scartati.
    Il giochino sui numeri dei nuovi posti divisi per quattro da parte della cgil (senza fonte) e’ ormai un trucco datato, per manipolare i numeri e i dati statistici. La questione del lavoro andrebbe affrontata piu’ seriamente, da parte di un sindacato.

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