La musica bisestile. Giorno 286. Supertramp

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25 Gennaio 2019

La via ebraica al pop diventa la stella più fulgida della fine degli anni 70 ed inaugura un nuovo modo di suonare le tastiere e cantare in falsetto

BREAKFAST IN AMERICA

 

Dunque. C’era un miliardario olandese, Stanley August Miesegaes, che aveva fatto i soldi con i tedeschi durante la guerra ed a fine conflitto era stato “ripulito”, come molti altri banchieri ed industriali collaborazionisti, dal Barone Frits Fentener Van Vliessingen, il patriarca di una stirpe di industriali del carbone che, pur dirigendo la sua azienda da Utrecht, aveva lavorato per la Germania in entrambe le guerre, e convinse poi la monarchia a non toccare nessuno dei “ricchi” olandesi, in modo da impedire una crisi economica, accettando di dimettersi e lasciando l’azienda di famiglia ai figli Jan e Hain.

“Breakfast in America”, 1979

Si tratta i una delle pagine più cupe della storia olandese, che non ha mai dovuto fare i conti con le proprie commistioni con il nazismo e conserva ancora oggi un’élite che si sente fin troppo vicina a degli ideali di estrema destra. Non so precisamente come abbia fatto i soldi Miesegaes, ma so solo che spendeva tanto per migliorare la propria immagine, ed a metà degli anni 60, quando oramai abitava, insieme ai figli dei Van Vliesseingen, sulle rive del Lago Lemano, decise di sponsorizzare complessi beat che avessero possibilmente collegamenti con la comunità ebraica.

Alla fine scelse i The Joint, che erano un gruppetto di scalcagnati musicisti inglesi ed americani, coordinati da un certo Rick Davies, e che, nonostante il sostegno generoso di Miesegaes, non riuscivano a tirar fuori nemmeno una canzone decente. Quindi Davies mandò via tutti e, coi soldi del suo sponsor, stavolta scelse dei professionisti, tra cui Roy Hodgson, uno che suonava con Elton John prima che quest’ultimo divenisse famoso, e creò i Daddy, che andarono in tour europeo, sempre con i soldi di Miesegaes, che avevano solo quattro canzoni proprie e due cover in scaletta, il resto lo improvvisavano lì per lì. Il tour fu un disastro, nessuna casa discografica li volle prendere, e quindi Hodgson e Davies scelsero ancora altri musicisti, stavolta scelti in base alle qualità ed all’ortodossia etnica, e fecero i Supertramp.

Fin da subito si vide che Davies ed Hodgson avevano un loro sound tutto particolare, a metà tra la psichedelìa e la musica etnica, e che erano capaci di tirar fuori canzoni orecchiabili. Li prese la A&M e con il primo disco loro vendettero benino, e tirarono fuori alcuni singoli, tra cui “Dreamer”, che sono ancora parte della scaletta della maggior parte dei loro concerti. Ma il disco dopo venne fatto troppo presto, troppo di corsa, d andò male, nuovamente. Per cui il miliardario olandese smise di pagare. Non aveva avuto la necessaria pazienza. A&M, invece, iniziò a credere davvero che ce l’avrebbero fatta, e da lì in poi ogni disco vendette leggermente meglio del precedente, finché il settimo, “Breakfast in America”, divenne un successo mondiale che rimase nei primi dieci posti delle classifiche inglesi ed americane per quasi un anno.

Ancora oggi è considerato uno dei 20 album più venduti della storia del rock. Il tour mondiale successivo fu un successo, e l’album successivo, seppur non tanto buono come il precedente, andò benissimo. A quel punto Roy Hodgson se ne è andato. Ho cercato ovunque, ma non trovo il perché. So solo che la sua carriera solista è stata irrilevante, e che da allora i Supertramp sopravvivono soltanto come cover band di sé stessi. Credo che campino più che dignitosamente grazie alle royalties sulle loro canzoni famose. Ed anche se a me forse piace più “Crime of the century”, che era il primo album, un po’ rozzo e con un paio di cadute di stile, vi propongo i Supertramp at their real best, quando li amava il mondo intero.

 

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CAT: Musica

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