Musica leggerissima #16 – Sulla spiaggia d’inverno

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27 Novembre 2023

“Musica leggerissima”, ovvero come parlare ogni volta di un disco poco discusso o dimenticato. Come parlare ogni volta di un bel disco italiano.

 

Chi era Mario Panseri? Probabilmente qualche attento lettore di questa rubrica sa che nacque a Roma nel 1945 e che morì il 28 dicembre del 1995 a Cairo Montenotte. Saprà anche che è stato un cantautore non molto ricordato. Per carità, la sua produzione non è una delle più vaste, ma vale la pena prestarci attenzione perché riserba qualche sorpresa. Prima di diventare ufficialmente un cantautore, Panseri aveva avuto contatti con l’ambiente della RAI e aveva collaborato attivamente con il Teatro Stabile di Genova, dove dove aveva curato le musiche del Cerchio di gesso del Caucaso di Bertolt Brecht, diretto da Luigi Squarzina.

Poi, nel 1970, grazie all’incontro con il maestro Gian Piero Reverberi, Panseri registra il suo primo album con la RCA intitolato Mario Panseri, che però è alla fine una copia un po’ stantia del cantautorato alla Tenco e alla Endrigo. Dopo alcuni anni, nel 1973, pubblica il suo secondo lavoro, Adolescenza, ispirato al romanzo Agostino di Alberto Moravia: quest’opera ottiene l’approvazione della critica, ma incontra un minor coinvolgimento da parte del pubblico. È un album strano, interessante senza dubbio: una sorta di soft prog con momenti onirici e sospesi. È importante perché serve a Panseri per capire che direzione intraprendere: a quel punto infatti rimugina un po’, si prende una pausa e ritorna sulla scena discografica solo nel 1978. Esce Sulla spiaggia d’inverno: questa è la sorpresa di cui vi parlavo.

Il terzo disco di Panseri ha infatti un impianto classico, ma è sorretto dalla produzione molto sintetica e tastieristica di Niko Papathanassiou e dagli arrangiamenti di Yorgo Pentzikis. Questo permette di perdersi spesso in un mare di suoni cristallini e pacificanti. Provo ad attraversare la scaletta qua e là: “Oggi, ieri, domani, dopodomani” è sospesa su synth celestiali e gabbiani in lontananza. È un incedere che si trascina, melanconico, ma ricco di speranza. “Solo per amore” è un classico cantautorato fine Settanta, ma con un basso ondulante e synth sveglissimi che modulano l’andamento del pezzo. “Sabato prossimo” è lanciata, a metà strada tra la prima fase di Alberto Fortis (il cui primo album uscirà però l’anno successivo) e schegge del Camerini formato Cramps. È un brano assai brioso e intelligente, che dà spazio ad assolo di tastiere e chitarre, incasellati con grande modernità. Poi ci sono altre cose come “Libertè”, una ballad dissetante, ariosa, ricca di fiducia nel futuro, con la fisarmonica di Marcello Minerbi che crea il respiro giusto per assaporare il tempo che passa; “Col sole negli occhi”, che racchiude, con grande anticipo, l’estetica narrativa di uno come Daniele Silvestri; “Il tesoro”, che è un country blues con gli orecchi già negli anni Ottanta, vicino con il cuore al Folkstudio e con la mente all’italo pop più libero.
Peccato che Panseri poi abbia chiuso (quasi) definitivamente qui. Se ne è andato sicuramente troppo giovane. Era uno onesto e della sua musica – sono certo – ne avremmo avuto ancora bisogno.

TAG: Anni '70, cantautori, Mario Panseri, musica italiana, musica leggerissima, progressive rock, Sanremo
CAT: Musica

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