“Sangò”: Louis Dee ci racconta il nuovo album e l’amore per la sua Palermo

12 Dicembre 2022

Louis aspetta i giornalisti nella sede della Believe Digital di Milano insieme ad Ensi, suo amico fraterno e mentore. Arrivo in anticipo e incontro Claudio, questo il vero nome di Louis, un ragazzo quasi timido ed emozionato per il successo che il suo lavoro sta ottenendo. Louis Dee sembra esistere apposta per smontare il clichè di un rap sinonimo di spavalderia, e tutto avvitato attorno alle rime che rimbalzano tra “sesso e soldi”.

Presenta “SANGÓ”, il nuovo progetto discografico prodotto interamente da Big Joe che include i featuring con Coez, Davide Shorty, Ensi, Foe, Peter Bass, Spika e Tormento.

L’album esce per Juicy Music Factory, l’etichetta indipendente fondata proprio da Ensi con lo scopo di proporre un sound unico e inedito con grande attenzione e cura degli aspetti creativi e artistici.

SANGÓ, sangue mio, è un termine utilizzato a Palermo per chiamare un amico, una persona cara, ma anche chiunque voglia essere coinvolto da una cultura e da una storia di secolare accoglienza. Il disco parla di relazioni e sentimenti, ma il sentimento più grosso è verso la musica stessa (motivo di salvezza per l’artista) e verso Palermo, una città meravigliosa e complicata in cui Louis trova l’ispirazione per scrivere e vivere.

Louis si racconta tramite le sue canzoni e non ha paura di ammettere che pur di fare musica ha fatto contemporaneamente tre lavori, pensando al figlio e alle sue necessità. Un mix umano di fragilità e sicurezze, di difficoltà e voglia di farcela, di capacità musicale e di temi maturi, questo è Louis Dee.

Louis il tuo legame con la Sicilia, con Palermo e con la sua scena musicale è sempre forte. Essere di Palermo ti ha dato la possibilità di creare il tuo stile e di diventare il più forte. Dal punto di vista discografico è però più difficile arrivare al mainstream e ad un pubblico più vasto. All’inizio della tua carriera, o anche dopo, hai mai pensato di spostarti dalla tua terra?

Si assolutamente, più volte. Però è altrettanto vero che se non fossi un artista della mia città, o comunque del Sud, non scriverei le stesse cose e non mi approccerei alla musica allo stesso modo. Di questo sono sicuro al 99%.

A Milano poi vengo spesso perché qui fortunatamente non ho solo amici, ma una vera famiglia, e ogni tanto ho bisogno di un contatto fisico e diretto con Andrea (n.d.r. Andrea “Nose” Barchi, autore delle foto collegate al progetto che sono state esposte in anteprima al Torino Film Festival), Domenico, Jari (vero nome di Ensi) e con tutti i ragazzi di Juicy.

Penso di poter venire più spesso a Milano, ma non ho mai avuto intenzione fino in fondo di trasferirmi qua proprio perché Palermo, il popolo di Palermo, mi ha sempre ispirato facendomi vedere cose che da qui non avrei visto. Ovviamente se fossi stato a Milano avrei scritto altro, ma per quanto Palermo e il Sud siano realtà parecchio difficili credo mi abbiano fatto diventare più forte.

In questi anni ho capito una volta per tutte che il posto dove voglio stare è quello, e vorrei tanto che non se ne andassero gli artisti. Mi piacerebbe invece portarvi giù da noi.

Questo in realtà sta già succedendo e sempre più artisti vengono a scrivere da noi i loro dischi, alcuni scrittori vengono a scrivere e persino alcuni pittori hanno festeggiato da noi i loro primi traguardi.

Un esempio:  in questo video (n.d.r. Louis si riferisce al video “Palermo, un giorno diverso” di Marco Proserpio, che lo vede protagonista insieme ad altri attori e che è stato proiettato in anteprima al Torino Film Festival) c’è un attore che si chiama Giuseppe Lo Piccolo. Lui ha fatto parecchi film, non solo di mafia come spesso accade, ma tuttora come me non va via perché sa quanto sia triste vedere gli artisti andare via da Palermo per lavoro, e poi sapere quanto soffrano la lontananza. Mi rendo conto che e più difficile, qua a Milano magari basta uscire una sera, incontrare qualcuno, stringere qualche mano, però non sarebbe male se anche il Sud fosse il nostro punto di riferimento oltre Milano.

Milano è bellissima e ci sono delle vibes assurde, ma continuo a considerarla come un ufficio dove andare a sbrigare delle cose. Verrò più spesso, ma tornerò sempre a casa.

 

Hai detto che vorresti un pubblico adulto. In questi anni di crescita artistica pensi che il tuo pubblico sia cresciuto con te e possa apprezzare il nuovo disco o sei alla ricerca di un nuovo pubblico?

Oggi è tutto super veloce e se aspetti 5 anni per far uscire un disco hai perso probabilmente il 70% del pubblico che avevi acquisito e che si era affezionato. Molti invece li ho ritrovati. Chiaramente essendo passati degli anni anche loro sono cresciuti e si sono sentiti più partecipi in questo nuovo progetto. Oggi i numeri grossi li fanno gli artisti che interessano ai più giovani, noi vogliamo coinvolgere tutti, anche un pubblico più maturo, in un percorso più lungo.

La tua evoluzione musicale è coincisa con un cambiamento importante nella tua vita. Diventare padre ha cambiato in qualche modo il tuo approccio ai testi e alle melodie?

Mio figlio Mattia mi ha stravolto più che cambiato. Lui adesso ha 12 anni perché l’ho avuto da giovane, e tra l’altro mi preoccupa che si stia avvicinando un po’ troppo velocemente al mondo del rap. Mi ci sono voluti circa tre anni prima di comprendere che ero papà non soltanto come modo di dire. Per me è dipeso anche dal fatto che purtroppo non vengo da una famiglia molto unita e magari non avevo compreso quello che poteva essere realmente un genitore. Forse ho desiderato capirlo così come inconsciamente desideravo diventare papà, questo l’ho capito dopo, con tutte le dovute preoccupazioni, però ho capito quanto lui sia importante per me perché quando sei disposto a sacrificare qualsiasi cosa per un piccolo nanetto è perché stai già guardando a lui da grande e non te ne rendi conto subito.

Poi lui neanche a farlo apposta è molto introverso come me, quindi so già come prenderlo e sto cambiando me stesso anche in questo senso. Evito di fargli fare gli stessi viaggi mentali che facevo io alla sua età, e tra l’altro anche lui sta da un po’ di anni vivendo una situazione di separazione fra i genitori quindi riesco a comprenderlo ancora di più. Riesco a cambiarmi io per far sì che quel bambino che ero io, magari non troppo felice, possa non essere lui e possa anzi farsi forza nel sentirsi compreso. Questa fortuna io non l’ho avuta perché quando la mia famiglia si è separata, anche se involontariamente, nessuno si è mai chiesto cosa stesse passando Claudio.

Al giorno d’oggi è quasi comune avere genitori separati, però mentalmente per un bambino di sei anni è una situazione di cui lui stesso non si rende conto nell’immediato. Mio figlio nonostante sia un bambino è comunque grande, tutti i bambini adesso sono 1000 volte più emotivi di quanto lo eravamo noi.

 

Louis, Ensi e Andrea, in “Resta qui” si sente un rap ricercato che si muove su una musica raffinata. La melodia e il testo avvicinano il pezzo ad un gusto vicino al soul/pop. Pensate possa essere apprezzata dai cultori del genere o arrivare ad una platea più ampia? Avete mai pensato ad esempio a Sanremo?

Ensi:

Faccio una premessa: oggi Sanremo non è più quello di una volta e anzi, secondo me, hanno bisogno del nostro genere. Però è anche un percorso, e Claudio arrivo da una storia raccontata con “Flow sui gradini” e ora con “Sangò”. Secondo me da un punto di vista meramente legato al percorso, ad oggi, nel Sanremo 2023 Louis Dee non c’è l’avrei visto. Non perché non abbia i pezzi, anzi, magari Sanremo 2024, non so, non vedo un limite in questa cosa.

“Resta qui” come hai detto tu potrebbe essere un pezzo pop, ma è anche un pezzo black, è un pezzo rap, un pezzo soul, è una bella canzone. Non ci sono tanti esempi in Italia tolto “Aspettando il sole” che fa tutti contenti, è questo il problema. Se pensiamo alle cose che veramente hanno funzionato capiamo che o sono un po’ troppo dance, o sono un po’ troppo sound del momento, o è un feat inaspettato. Manca un po’ di coraggio alla scena. Credo ci sia un sacco di bella musica e noi ad esempio abbiamo ricevuto un sacco di complimenti dagli addetti ai lavori, dai rapper a Tommaso Colliva (n.d.r. produttore discografico pluripremiato), e abbiamo veri supporter che hanno capito esattamente la forza di quello che stiamo cercando di fare e che Juicy vorrebbe fare in generale. Non ci poniamo ad esempio il limite di poter fare un genere musicale piuttosto che un altro, ovviamente stando sempre sotto un certo tetto.

Quando Big Joe mi ha mandato “Resta qui” non avrei mai pensato di affrontare un pezzo come l’ha affrontato Louis. L’ha fatta diventare una hit pop e l’ho mandata a Tiziano Ferro! Gli artisti pop della Black Music vorrebbero fare questo! Guarda che bell’esempio Giorgia in questo pezzo nuovo con Big Fish.

Louis:

Quello che pensavamo tutti quando eravamo piccoli e che Giorgia era l’unica che poteva fare un R&B in Italia. Non l’ha fatto e lo comprendo, però adesso probabilmente si può fare.

Andrea:

C’è anche da dire che in realtà non si punta a quello nella costruzione. I pezzi succedono, “Resta qui” è successo e quando te lo trovi per le mani dici ok, questa effettivamente potrebbe essere una hit, come possiamo giocarcela nel miglior modo possibile? Idem per Sanremo, queste cose arrivano, succedono.

Ensi:

Conta anche la situazione. Puoi avere il disco migliore, le produzioni migliori, tutto il carico emotivo e un’estetica, ma con il mercato comunque devi farci i conti.

Noi non chiudiamo nessuna porta. Oggi non mi farebbe strano vedere Ensi e Louis Dee a Sanremo come non mi fa strano vederci Lazza. Mi fa più strano vederci Albano o nomi che non si sentivano da un po’ come Paola e Chiara!

Sanremo è una porta aperta, per me un po’ meno onestamente, però non ti nego che potrebbe succedere. Claudio poi ha le carte in regola perche canta benissimo!

Louis il disco annovera svariate collaborazioni di alto livello. Come sono nate? Ovviamente in primis con Ensi, ma penso anche a Coez, Tormento e Davide Shorty. Tutti con origini meridionali. L’album è volutamente un tentativo di rappresentare la scena meridionale, ma non per forza napoletana (ultimamente molto esposta con Clementino e Rocco Hunt)?

In realtà no. Con Davide Shorty ci conosciamo da quando tutti e due facevamo freestyle a Piazzale Ungheria a Palermo e siamo spesso in contatto, anche se lui sta a Londra viene a trovarci spesso. Con Silvano (Coez) ho avuto modo di parlare tanto una di quelle tante volte in cui è venuto a Palermo per prendersi un po’ di vacanze e stare con degli amici della zona. Una sera ho scoperto che lui era mio fan e mi è sembrata una cosa stranissima. Abbiamo parlato di musica, quasi tre ore da soli, e ho riconosciuto in lui un super innamorato e appassionato della musica in sé, a prescindere dal fatto che sia una superstar.

Ricordo che un giorno scrissi “Fidarti di me” in preda a un flusso di coscienza enorme e quella notte mandai il pezzo a Silvano. Tre ore dopo, senza aver chiesto nulla, mi arrivò un provino fatto da lui. La cosa non è stata costruita pensando al pezzo che potesse portarmi più in alto. Quando gli ho proposto di cantare il ritornello ha detto no. Forse è stata la prima volta in cui la collaborazione non nasceva con l’intento di affidargli il ritornello e lui era felicissimo di aver scritto la strofa più bella che aveva fatto negli ultimi anni per quello che riguarda i feat. Anche questo mi ha dato accesso a delle porte mentali che avevo chiuso, e ho capito che probabilmente non ero soltanto io a vedere del potenziale, ma dovevamo solo capire come farlo funzionare un po’ di più.

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CAT: Musica

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