Le vittime sono martiri della libertà, non icone anti-Islam

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7 Gennaio 2015

Si sente già il tanfo dell’intolleranza arrivare a braccetto con il pessimo gusto della strumentalizzazione. L’attentato alla redazione del giornale Charlie Hebdo sta infatti diventando un piatto succulento per i politici più affamati di populismo.

Ci sono alcuni leader che hanno già avviato una gigantesca operazione di propaganda anti-immigrazione (come spiega Carlo Maria Miele su Gli Stati Generali, citando il segretario leghista Matteo Salvini), trasformando i martiri della libertà di informazione in icone anti-Islam. E non c’è nulla di peggiore per disonorare la memoria di chi è stato ucciso senza pietà in questo triste 7 gennaio 2015. Chi vuole sbandierare l’hashtag #jesuischarlie, insomma, rifugga dalla comoda tentazione di raffigurare le vittime dell’attentato come alfieri anti-Islam.

Charlie Hebdo non è mai stato un covo di pensatori sprezzanti verso una sola religione, come qualcuno vorrebbe far credere: basta sfogliare le copertine del giornale per capire come nel corso degli anni abbia dissacrato qualsiasi confessione e qualsiasi leader politico. La rivista, con una storia lunga 45 anni  (sebbene con un lungo stop dal 1981 al 1992), ha svolto un ineccepibile lavoro di satira senza alcuna distinzione. Sono stati bersagliati tutti, dai Papi ai grandi leader politici mondiali, nessuno escluso. Magari lo stile è talvolta risultato ‘eccessivo’ e a molti può non piacere, ma – in un contesto di libera informazione – è sempre meglio questo approccio ‘estremo’ rispetto al comportamento ossequioso e servilista.

Le parole pronunciate nel 2012 dal direttore Stephan Charbonnier, in arte “Charb”, sono impressionanti se rilette dopo quanto accaduto nella “sua” redazione. «Non ho figli, non ho una moglie, non ho una macchina, non ho soldi. Può essere un po’ pomposo quello che sto per dire, ma preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio», aveva affermato in un’intervista. Un messaggio di libertà che rispecchiava l’approccio libertario del giornale. Pur con tutta la sua spigolosità, la libera satira – specie se dissacrante a 360° e quindi senza un unico bersaglio – non è mai violenta. Di conseguenza non può essere “anti-qualcosa”  (sia che si parli di Islam che di cattolicesimo), è sempre pro-informazione. Nella peggiore delle ipotesi può sembrare di cattivo gusto. Ma questo attiene al campo del giudizio personale.

Di fronte a un attacco di questo tipo serve un’attenta riflessione sulla natura del terrorismo islamico, senza buonismi né indulgenze verso la galassia riconducibile all’estremismo islamico. Ma è meglio risparmiare la propaganda anti-immigrati, infangando la memoria chi ha creduto nella libertà di espressione fino all’ultimo respiro. Perché la libertà è sempre nemica degli estremismi, per questo motivo è così invisa ai fanatici.

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CAT: Parigi, Partiti e politici, Questione islamica

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