Astenersi (dai) perditempo

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26 Luglio 2022

Tanto tuonò che piovve e il Parlamento più flessibile della Storia è stato mandato a casa dopo aver fatto cadere un Governo che contava in teoria sulla base di consenso più larga della Storia. Chi, come e perché ha giubilato Draghi ormai è materia per gli storici.

La cronaca adesso è tutta su una campagna elettorale improvvisa, balneare, da inventare per contenuti e soprattutto per forma degli schieramenti in campo.

Quello che sappiamo è che ormai da lungi la favorita delle elezioni politiche è la Destra e soprattutto la sua next big thing, Giorgia Meloni, per la quale già si proiettano scenari presidenziali e sulla quale la stampa internazionale ha già sollevato scontati quanto inutili allarmi di Fascismo. Scontati perché il partito della Meloni ha nel simbolo la fiamma, che continua a fare un certo effetto; inutili perché il rischio non è di un ritorno al Ventennio, cosa su cui dovrebbero con fair play rispondere al Times innanzitutto i suoi avversari, per poi ricordare che il problema non è quello, ma più semplicemente e seriamente che la Destra e la Meloni sono unfit to govern perché al di sotto dei problemi e delle soluzioni necessarie.

Il rischio di un ipotetico Governo Meloni non è tornare al 1922, ma al 2002.

La trazione culturale e politica della Destra (FDI + Lega) è fatta di persone spaventate e rancorose, alle quali da anni si dice che tutto si può aggiustare, che se la Sinistra non avesse svenduto il Paese agli stranieri si potrebbe tornare alla sovranità monetaria, produttiva, culturale. Che basta mettere una porta blindata e tutto rimane fuori. Scrivo questo pezzo mentre da settimane ci sono quasi quaranta gradi fissi, non piove da mesi, c’è la guerra in Europa, il covid nel mondo e non si sa nemmeno se si riesce a prendere un aereo, né come ci si riscalderà a ottobre. Pensare che basti sistemare gli infissi e riprendere con la propria vita ricorda quel vicepresidente americano di inizi ‘900, Thomas Riley Marshall, che a proposito dei bisogni del Paese disse: “tutto quello di cui il Paese ha bisogno è di un buon sigaro da 5 cents”.

Giorgia Meloni è avanti perché in questi anni ha shortato il Paese, altro che patrioti, ha scommesso che le cose sarebbero andate male e che ci sarebbe stato un serbatoio di scontento dal quale attingere a piene mani. Le è andata bene sinora (lo dico da interista, pieno di scudetti d’agosto), al punto che i suoi più prossimi colleghi, Lega, 5 Stelle e l’ex Forza Italia, hanno pensato fosse più utile lavorare su quel consenso arrabbiato piuttosto che sulla lima del Governo Draghi, e per questo l’hanno fatto cadere.

Dire che tutto va male, quando poi effettivamente va anche abbastanza male, ha portato FDI dal 4% delle elezioni del 2018 al virtuale 20% di oggi, un crescita da OGM. Per gonfiarti così non puoi essere certo schizzinoso, raccatti di tutto, da Casa Pound agli amici degli UFO ad Adinolfi, e poi qualche cambiale la devi ripagare, come è successo per la Lega e per i 5 Stelle. Significa il Fascismo no, ma parecchi lunatici in Parlamento sì, qualcuno dei quali certamente dirà che si stava meglio quando c’era LVI, ma ripeto non è quello il problema. Il problema è sapere cosa fare e non farci perdere tempo, e qui sono all’anno zero.

La Destra non ha alcuna idea di futuro, che non sia la negazione dell’agenda globale (non globalista) o il ritorno a fare come abbiamo sempre fatto. Giulio Tremonti, uno dei suoi esponenti di maggior spessore culturale e politico, candidato a risedersi sulla poltrona dell’Economia da cui fui cacciato 11 anni fa non proprio con tutti gli onori, si limita a ripetere continuamente che l’aveva detto, Salvini ha ripreso a fare comizi su sicurezza e barconi, come se non fosse successo nulla e soprattutto avesse in canna un repertorio solo, Berlusconi lasciamo perdere. Il Programma di Governo di Fratelli d’Italia è di una pochezza imbarazzante, che raggiunge livelli siderali quando immagina di usare l’intelligenza artificiale come Grande Fratello (d’Italia?) per scovare i giovinastri fannulloni e avviarli al lavoro secondo metodi che manco in Cina. Qui stiamo a parlare di demografia stravolta e dimissioni di massa, la Meloni scrive che un “giovane non potrà più scegliere se lavorare o meno, ma è vincolato ad accettare l’offerta di lavoro per sé, per la sua famiglia e per il Paese”. Vuol dire non aver capito, o fare finta di non capire, la sostanza e la gerarchia dei problemi, stare da un’altra parte.

Non è stato sempre così, e Reagan e la Tatcher sono stati una Destra che anticipava e creava un futuro, per quanto brutto; qui c’è solo nostalgia, paura e puzza di vecchio, che nemmeno una leader giovane e donna riesce a coprire. Siamo ai concerti di Elvis a Las Vegas nel 1976 (andate a vedere il film, è bellissimo). Poi, certo, siamo un Paese vecchio, velleitario e che pensa in maggioranza che il meglio sia già venuto, e il rischio che il messaggio piaccia e passi è fortissimo.

Siamo anche un Paese medio, non troppo potente da cambiare le cose, né troppo insignificante da restare lì petulanti a baccagliare, come l’Ungheria dell’amato (da Meloni e Salvini) Orbàn, a cui a mio avviso la Destra si ispirerebbe per collocarsi in Europa come spina nel fianco (auguri), con un continuo chiagni e fotti. Un Paese che deve fare molti compiti per diventare moderno (da qui il PNRR), che ha bisogno di persone di peso per contare di più di quello a cui lo condannerebbero debiti, numeri e demografia, e che soprattutto non si può permettere troppe bizzarrie inutili, che in un sistema così integrato diventano controproducenti.

Sono i fondamentali, sempre gli stessi peraltro, e dimenticarceli di nuovo, come farebbe la Destra scongelata, ci farebbe innanzitutto perdere un sacco di tempo, cosa che sarebbe meglio evitare, anche perché sappiamo già come va a finire.

Come si evita di perdere tempo? Non votando la Destra in primis. Poi rafforzando quella componente del nostro sistema politico che in questi anni ha più portato la croce e ci ha consentito di stare in piedi nonostante gli stravizi. Io, lo dico in anticipo, voterò PD, niente sottomarche, rafforzamento delle componenti, attenzione a. Voto l’originale, il Partito Catodico.

Il PD ha mille magagne e contraddizioni irrisolte, anzi amplificate dal suo essere diventato Il Partito delle Istituzioni, cosa che è in parte dovuta al PD stesso, in parte alla liquefazione di ogni antagonista con il medesimo spessore, radicamento, senso dello Stato. È un coniuge noioso, ma solido e paziente anche di fronte alle tempeste ormonali del partner. È il partito di Mattarella, di Gentiloni e di un numero incalcolabile di civil servant che hanno fatto funzionare la macchina anche quando la guidava Salvini.

Certamente lo vorrei più radicale e soprattutto attento a quelle parti sane dell’elettorato della Destra che hanno paura di quello che succede perché non lo capiscono o ci stanno rimanendo sotto, qui c’è ancora molto da migliorare. Ma purtroppo, come sempre, siamo di corsa e tocca prendere il treno migliore al volo. Poi penseremo a metterci comodi.

 

TAG: FDi, giorgia meloni, lega, matteo salvini, Pd
CAT: Partiti e politici

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