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Partiti e politici

Caro Renzi, hai ancora la formula della Coca-Cola di sinistra: che ne vuoi fare?

di Michele Fusco
7 Dicembre 2017

Che cosa bisogna fare con un leader di cui non hai eccessiva stima ma che continua a detenere, seppur in modo poco rispettoso e semmai arrogante, la formula della Coca-Cola di sinistra, che poi sarebbe un mix tra possederne il titolo legale e averne il simbolo – e da qui trattenere sentimentalmente un pezzo di popolo? A differenza della sorella americana, la formula italiana della Coca-Cola di sinistra non sembra essere così eterna e soprattutto non così blindata, visto che improbabili Pepsi che nascono qua e là riescono regolarmente a eroderle quote di mercato. È anche del tutto chiaro che queste Pepsi zuccherose di sinistra sono destinate a vita piuttosto breve – giusto l’onesto passaggio su questa terra per rompere gli zebedei al colosso concorrente ma niente di più. In fondo, ciò che sta accadendo al nostro presidente della Coca-Cola di sinistra non è altro che l’estrema conseguenza di una sopravvalutazione di sé e del proprio prodotto. Credersi inattaccabile solo perché padrone di una bevanda e di un’eredità leggendarie – la sinistra appunto – non è stata una visione lucida da parte di un giovanotto quarantenne che, come primo pensiero, avrebbe dovuto studiare a fondo la storia di quella bottiglietta, la sua potenza narrativa, le campagne più suggestive, anche un certo sentimento popolare che ne aveva accompagnato il percorso. Non aver mai voltato la testa all’indietro è stata la forza e il limite stesso di Matteo Renzi, che giustamente non voleva piegarsi a uno scontato e perdente nostalgismo, ma che del passato ha preferito salvare nulla, come se il giorno zero fosse davvero lui. Un’illusione troppo spericolata anche per il presidente della Coca-Cola di sinistra.

Ora che nessuno si è agganciato al carro, il segretario del Partito Democratico si trova in splendida solitudine. Su questo, immaginiamo mediterà. È la condizione migliore, per noi e per lui. Per noi, perché ci siamo presi la nostra bella soddisfazione nel vederlo così in difficoltà, dopo averne semplicemente rilevato l‘eccessiva disinvoltura morale e politica. Per lui, perché finalmente non avrà più scuse per mostrare il leader che è (se lo è). Come sempre nei momenti di difficoltà, il presidente della Coca-Coca di sinistra è legato a doppio filo ai consumatori della sua bevanda. Sulla media-lunga distanza, infatti, il consiglio di amministrazione, esaminati gli scarsi risultati, potrebbe decidere di metterlo alla porta senza tante cerimonie. In questo momento può ancora vantare una maggioranza di consiglieri, ma si sa, il consenso non è per sempre e in genere i lustrastivali sono i primi a tradire. Dunque il suo destino dipende da noi consumatori-elettori: vogliamo maramaldeggiare sino al punto di umiliarlo e finirlo sulla pubblica piazza, o abbiamo a cuore le sorti della cara, vecchia, sinistra, per cui regalare molto generosamente il nostro voto al Partito Democratico? Il nodo è tutto qui.
Esaminiamo le altre possibilità del consumatore della Coca-Cola di sinistra. Può decidere di mollare la storica bevanda del cuore e buttarsi su una delle Pepsi in circolazione. Sappiamo poi come è andata con la Pepsi quella vera, in bottiglia. Alla fine, non ha tenuto. Soprattutto perché il consumatore non si sentiva parte di una storia, gli mancava lo status di bevitore di Coca, quella bottiglia era un orgoglio in sé. Ecco, se Matteo Renzi non è proprio un coglione, il primo passo è far tornare agli elettori l’orgoglio di essere di sinistra e soprattutto del Pd. Cazzo. Fino ad ora, il nostro ragazzo toscano ha creduto di tenere agganciate le passioni con l’impiegatizia gestione di segreteria. Un po’ poco. Quasi nulla. Seconda opzione del cocacolista di sinistra: si astiene. Abbiamo molto dibattuto questa possibilità, sta diventando di moda, basta farsi un viaggetto sui social. Viene considerato un sistema punitivo di una certa efficacia e certamente lo è. Mancandogli voti, il ragazzo perderà. L’astensione, in un certo mondo vagamente sofisticato, viene considerata al pari di un tram, da prendere una volta, se serve, e poi tornare al voto purchessia. L’astensione meriterebbe il sacrificio di un vero approfondimento politico, è di chi ama perdutamente il voto al punto di rinunciarvi. Ma è robaccia filosofica non di questo mondo.
La terza e ultima ipotesi è che il consumatore della Coca-Cola di sinistra continui, con spirito di sacrificio e abnegazione, a bersi la sua bottiglietta (ex) preferita. Per una serie di motivi che vanno dal sentimentalismo alla ragion pura. Il sentimentalismo prevede che a un certo punto l’istinto maramaldo si fermi, che assestare l’ultima bastonata al segretario del Pd mentre sta annaspando non sia per nulla un gesto nobile, che potremmo pagare in futuro tormentando la nostra coscienza. La ragion pura, senza troppe menate, ci dice che il Partito Democratico è ancora l’unica formazione in grado di governare (in quale modo e con chi non è ovviamente banale), l’unico presidio veramente organizzato per arginare la feccia che avanza.

Ammetterete, non è poco. Se sentimentalismo e ragion pura non bastano, non è osceno convenire che il voto al Partito Democratico è ancora un indirizzo mediamente sicuro. Resta da capire cosa stanno pensando i nostri uomini e le nostre donne nella centrale operativa della Coca-Cola di sinistra. Resta da capire cosa sta pensando il suo presidente. Se Matteo Renzi crede davvero che molti dei suoi consumatori-bevitori aderiranno al sentimentalismo solo per onanistico piacere si sbaglia di grosso. Così sbaglierebbe a immaginare che anche i razionali non vorranno nulla in cambio. Ognuno di questi elettori, chiamiamoli finalmente con il loro vero nome, desidera qualcosa in cambio. Di tangibile, di concreto, di appassionato. Nessun voto sarà gratis. Tutti vorranno vedere il segretario che chiama a raccolta un popolo, che ne evoca le storie, che ammette gli errori del passato, che finalmente esce da quella logica difensiva del proteggersi solo con i suoi. I suoi hanno amabilmente rotto i coglioni. A cominciare dalla sua, una vera sciagura. Ora che è in splendida e assoluta solitudine, Matteo Renzi i voti se li deve guadagnare, uno a uno. Molto è perduto, ma non ancora tutto.

Matteo Renzi partito democratico
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