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Partiti e politici

Il nuovo conflitto nel Pd: elettori contro iscritti e partito

di Paolo Natale
27 Febbraio 2023

Non ci contavano nemmeno loro, quelli che alle primarie di domenica hanno votato Schlein, di poter battere Bonaccini: nel classico indicatore “winner” (chi vincerà secondo te…?), che di solito non sbaglia mai, soltanto un terzo riteneva che Elly Schlein potesse vincere.
Che voto è stato, dunque? Un voto di elettori del Partito Democratico (più qualche piccola fetta di “infiltrati” da altre formazioni di sinistra – non tanti, il 10% circa soprattutto da Verdi/Sinistra Italiana, qualche pentastellato o radicale) che ha dichiarato guerra al proprio partito, in qualche modo. Come avevano fatto una decina d’anni fa con Renzi, se il paragone è permesso, sebbene in un senso del tutto opposto. Allora era un’opzione chiaramente per la rottamazione dei dirigenti tardo-postcomunisti, un po’ anche contro l’establishment; e anche ora, a favore di un mutamento radicale delle politiche e delle sue rappresentanze, decisamente contrari ad un percorso che, con Bonaccini, non si sarebbe discostato poi molto dai suoi predecessori Zingaretti o Letta.
Un vento nuovo, una scelta a favore di se stessi, degli elettori del Partito Democratico, anziché a favore del Pd, con la Schlein che rappresenta un simbolo del cambiamento, della (bio)diversità, un personaggio che per la seconda volta (dopo Renzi, appunto) non proviene dall’apparato e dai raggruppamenti storici, ma dall’esterno, dai nativi dem. E non a caso a Milano si è assistito quasi ad un plebiscito nei suoi confronti, a Milano, dove il Pd negli ultimi anni si è circondato di giovani, se non giovanissimi, nei circoli, a presiedere i municipi, a vincere i posti in Regione (primo tra tutti quel Paolo Romano – 26 anni – che ha trionfato con quasi 10mila preferenze).
Un voto per cambiare tutto, per non morire insignificanti, per una svolta significativa del Pd e nel Pd. Schlein era l’unica chance possibile. Perché non votarla? Perché non prenderla ad emblema di un mutamento radicale delle politiche fatte dal partito negli ultimi anni, fatte di senso di responsabilità verso il paese, certo, ma senza alcuno slancio ulteriore, quasi senz’anima.
Schlein ottiene ovviamente un plebiscito tra i giovani un po’ dovunque ma, sorpresa sorpresa, anche gli anziani, i pensionati la votano volentieri, più di Bonaccini. Ed è il vento del Nord che la spinge, il vento di chi oltretutto NON pensa – sorprendentemente – che avrebbe più chance di vincere alle prossime elezioni rispetto allo stesso Bonaccini. Un vento di novità, di aria pulita, anti-establishment romano-centrico (sebbene roma non starà a guardare e cercherà di farla sua, suppongo), una figura diversa dal solito, il simbolo del cambiamento, al di là della sua stessa persona, con cui magari non ci si identifica particolarmente, con una sua storia particolare legata ad un mondo di elite.
Come dire: lei è comunque un personaggio inedito, che non proviene dal solito mondo politico, possiamo pensare di fidarci. E il resto verrà, se deve venire. Ma è meglio eventualmente sbagliare con una “diversa”, che affidarci di nuovo alle solite facce note, che non ci faranno fare salti in avanti né ci scalderanno il cuore. Lei magari sì, magari nascerà davvero qualcosa di nuovo. Staremo a vedere…
Per ora, l’abbiamo votata.

Università degli Studi di Milano

Elly Schlein partito democratico primarie
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