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Partiti e politici

Maria Elisabetta Alberti, coniugata Casellati, al Quirinale? No, grazie!

di Fabio Salamida
26 Gennaio 2022

Diciamolo chiaramente, tutti i nomi proposti in maniera più o meno esplicita dal centrodestra per la Presidenza della Repubblica fanno quasi rimpiangere quello del loro creatore, quel Silvio Berlusconi ancora fresco di ritiro. Fra tutti, a suonare più “indecente” è quello di Maria Elisabetta Alberti, coniugata Casellati. Il solo pensare di mandare al Colle l’attuale Presidente del Senato è un’offesa a tutti i cittadini che ancora credono nelle istituzioni. In un Paese normale, ad escludere da tempo il suo nome da ogni possibile rosa o retroscena, sarebbe bastato quel celebre taglio della trasmissione “Otto e Mezzo” in cui l’allora Sottosegretaria alla Giustizia, intervistata da Lilli Gruber, affermava candidamente: “Quando Berlusconi ha incontrato Mubarak prima di questo episodio pare che sia venuto fuori da alcune testimonianze che proprio nell’incontro Mubarak aveva parlato di questa sua nipote, ed era un incontro ufficiale”. L’episodio di cui parlava era la famosa telefonata fatta dall’allora Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, alla Questura di Milano; telefonata in cui si chiedeva il rilascio di “Ruby rubacuori”: uno dei momenti più bassi della storia della Repubblica, sicuramente il più tragicomico.

Purtroppo non siamo un Paese normale e chi occupa posti di potere difficilmente prova vergogna, anche quando il motivo per cui dovrebbe farlo appare a tutti palese. È per questo che la storica esponente di Forza Italia, classe ’46, eletta per la prima volta nell’aula che oggi presiede nel lontano 1994, si guarda bene dall’andare a sfoggiare le sue anacronistiche pellicce di visone nei salotti dell’alta società, lasciando la politica a figure intellettualmente un po’ più oneste. Chi oggi la propone a prima carica dello Stato, sfruttando anche  in modo un po’ meschino il fatto che sia donna, riesce persino a peggiorare la prima candidatura messa in campo. Perché sì, l’inquilino di Arcore era invotabile: la sua auto-candidatura era così surreale che quel genio di Paolo Sorrentino si sarà morso le mani per non averla prevista nel finale di “Loro”; ma chi ha assecondato ogni sua azione, servendolo fino ad arrivare a negare la realtà, lo è forse ancor di più.

C’è poi la gestione di Palazzo Madama, al dire di molti la peggiore nella storia della Repubblica. Una gestione confusionaria e smaccatamente di parte, basti ricordare il modo con cui impedì al Senato di discutere le interrogazioni sul leghista Gianluca Savoini, finito al centro di alcune inchieste giornalistiche per una presunta trattativa che si sarebbe svolta all’hotel Metropol di Mosca e prevedeva una compravendita di petrolio russo che avrebbe portato 65 milioni di dollari le casse della Lega di Matteo Salvini. “Il Senato non può essere il luogo del dibattito che riguarda pettegolezzi giornalistici”, ammonì la Presidente, che il 7 giugno dell’anno prima aveva presenziato a un’iniziativa dell’associazione Lombardia Russia insieme allo stesso Savoini e a Matteo Salvini, che all’epoca era vicepremier e ministro dell’Interno. Capolavoro di parzialità la sua gestione dell’aula sul Ddl Zan: concedendo lo scrutinio segreto, che normalmente viene utilizzato per votazioni su questioni che richiamano un voto di coscienza e non certo per decisioni meramente procedurali, ha di fatto affossato la legge, scatenando l’esultanza tribale del suo schieramento. Che dire, se l’obiettivo è mandare al Quirinale una figura in grado di non far rimpiangere troppo Sergio Mattarella, quello di Maria Elisabetta Alberti, coniugata Casellati non è certo il nome giusto: se invece, al contrario, l’obiettivo è mandare a nipoti di Mubarak quel poco di credibilità che ancora hanno le istituzioni, che facciano pure.

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