Il baco di Roma

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11 Settembre 2016

Il baco di Roma non è solo di Roma, ma lì è divenuto talmente grosso e grasso (in poche settimane) da risultare evidente persino urbi et orbi. Che sono tanti. Scusate, ho fatto la battuta… Provo a spiegarmi:

Il Sindaco è eletto dai cittadini. Direttamente. E’ il Sindaco di tutti. Che bello! Però una volta eletto il sindaco di tutti i cittadini torna ostaggio dei Partiti e Movimenti che compongono il Consiglio comunale. Se votano a maggioranza una “Mozione di sfiducia” il Sindaco è fregato, deve dimettersi. Questa non è una brutta cosa, anzi: se il Sindaco avesse potere assoluto senza termine di confronto con le forze politiche del Consiglio sarebbe tecnicamente un piccolo dittatore, forte di un plebiscito populista, e soltanto una insurrezione popolare oppure un procedimento legale (valga l’esempio dei Comuni sciolti per Mafia) potrebbero togliergli il Potere prima della scadenza del mandato. Insomma, poiché il Potere ce l’hai finché sei in carica, diciamo, semplificando, che il sindaco ne ha una quota importante ma non la quota di maggioranza, che è detenuta invece dal Consiglio. Questo bilanciamento di poteri ha una sua logica: Partiti e Movimenti in quanto espressioni di Idealità collettive (linee politiche, programmi e progetti sulla città) confrontandosi in un’assemblea pubblica… fanno Democrazia. Mentre il Sindaco, su mandato della cittadinanza, deve fare le sue scelte. E’ l’ AD, l’amministratore delegato pro tempore. Decide, deve decidere, il “Che fare” con gli assessori che più gli piacciono, ma la ditta non è sua e se si verifica un grosso problema è ai proprietari che deve rendere conto. Cioè a chi? Ai Partiti politici, alle Liste civiche e ai Movimenti eletti che, in definitiva, sono “più popolo” di lui perché rappresentano la cittadinanza in essere, nel suo farsi democratico, in un campione assai più ampio della singola persona del Sindaco.
Ora, se questa è la struttura forte della situazione vigente, l’ hardware, nel software c’è un baco. Nata nello scorcio di fine millennio nel quale in Italia imperversava una bufera di speranze e di illusioni, la Legge del “Sindaco eletto direttamente dai cittadini” fu venduta al popolo come “Fine della Partitocrazia”. Era vero solo in parte, come abbiamo visto, e la parte nascosta è il baco. L’errore, che si è diffuso in modo virale provocando disastri, sta nella comunicazione politica che ha timorosamente celato, non affrontato in modo nuovo, sottovalutato per comodo, che anche il nuovo algoritmo comunale si fondava sui Partiti e sui Movimenti eletti. Alle collettività organizzate su base politica (e ideologica, non si scappa…) dava, come è giusto, logico, lapalissiano, una quota influente del Potere che serve per amministrare una città. Questo stupido nascondimento ha falsato tutti i calcoli, portando i Sindaci ad assumere le false vesti di “Indipendenza dalla politica” come vacuo titolo di merito, mentre è nel confronto con le parti politiche in campo che dovrebbe esplicitamente giocarsi la loro competenza. Come in effetti concretamente avviene, ma dietro le quinte della scena: dove la massa del pubblico pagante vede solo ombre confuse e sfuggenti.
Ma la verità, quando la nascondi, produce quasi sempre fantasiosi paradossi. E infatti. Veniamo a Roma: il veni vidi vici che ha esaltato il popolo dell’ Antipolitica è democraticamente truccato. Il Sindaco eletto direttamente dai cittadini, Virginia Raggi, ha firmato un contratto. Ma non con i cittadini, con un collettivo politico auto-organizzato e gerarchicamente disposto secondo i dettami del Diritto privato: il Movimento 5 Stelle. Questo contratto (il “Codice di comportamento per i candidati ed eletti del Movimento 5 Stelle alle elezioni amministrative di Roma 2016”) vincola la sindaca Raggi alle dimissioni dal suo incarico per “inadempienza” se in questo senso si pronunciasse una decisione assunta da Beppe Grillo e Gian Riberto Casaleggio (al tempo della firma ancora in vita) o se 500 iscritti al M5S decidessero di porre questa accusa al vaglio della maggioranza degli iscritti romani al Movimento. Votazione on-line. Se dimessa la Raggi sarebbe anche obbligata a pagare una penale di 150.000 euro. A qualcuno sembrerà “Democrazia diretta”. A me sembra lo strapotere della Partitocrazia che ritorna dagli abissi a vendicarsi di chi lo aveva abilmente nascosto, o anche sputtanato e irriso con battute da caserma. E’ il baco della Legge che diventa King-Kong e tiene in pugno la fragile Virginia. Stare a fare il Sindaco di Roma (che prevede anche qualche responsabilitina..) non conta più nulla, l’elezione della cittadinanza tutta non conta più nulla. Il baco, l’illusione di una Politica senza Partiti (o con Partiti invisibili), si è cibato per anni e anni di ipocrisia e ora è divenuto un mostro, un Movimento-Monstre che ai poveri suoi Primi cittadini svela, ridacchiando: “Io so’ io …e voi nun siete un cazzo!”

TAG: beppe grillo, italia, politica, Roma
CAT: Partiti e politici, Roma

3 Commenti

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  1. evoque 8 anni fa

    Credo che quella clausola sia incostituzionale.

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    1. stefanogolfari 8 anni fa

      Beh, la Raggi certo non ha l’obbligo di rispettarla da un punto di vista “Costituzionale” ma ne è vincolata all’interno del Movimento. Certo potrebbe non dimettersi comunque, ma sarebbe espulsa dai 5Stelle. A quel punto dovrebbe trovarsi una sua maggioranza in Consiglio, ma non sarebbe affatto facile.

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  2. sergio-rastelli 8 anni fa

    Allo stato attuale del contratto imposto dal movimento 5 stelle, il sindaco raggi e i consiglieri comunali di provenienza grillina non possono che avere una limitatissima autonomia gestionale e amministrativa, quali burattini che si agitano su un palco dietro comandi del burattinaio.

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