Governo
Ma quale parità di genere, nel governo solo il 27% è donna
Il rischio maggiore, e quindi peggiore, è l’assuefazione di fronte alla mistificazione. Il vero pericolo è così il cedimento dell’informazione davanti alla dichiarazione autocelebrativa. Un rischio che emerge giorno dopo giorno.
Il governo Renzi, molto abile a comunicare (nonostante lui rimproveri a se stesso di aver comunicato poco i successi), ha lanciato una enorme operazione di riscrittura di alcune realtà. La tecnica è molto precisa: le parole sovrastano i numeri e fungono da amplificatore alla propaganda. E nel maxi lavoro di comunicazione rientra anche il tema della parità di genere, spesso sbandierato dall’ex Rottamatore, benché in termini elettorali non sia così pesante. Ma per quanto riguarda l’immagine l’argomento è sempre caldo, specie per chi vuole presentarsi come un innovatore.
La sottosegretaria all’Economia, Paola De Micheli, nel corso del vertice delle parlamentari donne Women in Parliaments, ha sfoderato un ragionamento che lascia sorpresi. Forse è stata presa dall’euforia del premio assegnato all’Italia:
Una parità di genere raggiunta dopo una lunga storia di battaglie in nome delle ‘donne in politica’, e ora siamo orgogliosi dei risultati acquisiti. Non solo abbiamo ottenuto una buona percentuale di donne nel Governo, ma anche in Parlamento.
Se la lingua italiana ha ancora un senso, “parità” significa 50% e 50%. Una partita finisce in parità quando c’è un punteggio uguale. A voler essere meno pignoli, in politica potremmo accettare una divergenza del 10%; diciamo 60% e 40% potrebbe ancora essere definita “sostanziale parità”. Tanto che l’associazione Openpolis – quindi non un partito di matrice marxista leninista – ha annotato che la realtà è un’altra cosa rispetto alla “parità di genere” sbandierata al vertice Women in Parliaments. E forse dovrebbe rendere meno orgogliosa la sottosegretaria De Micheli (nonché tutte le altre donne presenti nelle Istituzioni italiane).
Scrive Openpolis:
Il governo nel suo complesso non è stato formato lo stesso giorno, ma si è proceduto a nomine successive per i diverse livelli. Prima i Ministri, poi i ViceMinistri e infine i sottosegretari. Se a questo aggiungiamo gli avvicendamenti avvenuti in corso, evidenziamo come l’iniziale parità di genere sia stata subito abbandonata per arrivare ad oggi ad un dato ben lontano: 27%.
E, come se non bastasse, l’associazione ha evidenziato che «la presenza di donne nel Governo Renzi non è solo diminuita ma ha perso enormemente peso a seguito dell’avvicendamento fra Mogherini e Gentiloni alla Farnesina». Il risultato appare abbastanza evidente: la presunta parità di genere esiste soltanto nella comunicazione, perché il 27% è un dato oggettivamente lontano dal 50% (e anche da quel 40% concesso come limite molto generoso).
Eppure nell’immaginario collettivo il presidente del Consiglio è l’uomo che sta “cambiando verso”, favorendo una maggiore presenza e un un maggior rilievo delle donne in politica.
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