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Parlamento

La frenesia delle dichiarazioni contro il passo lento del nuovo Parlamento

di Stefano Iannaccone
12 Giugno 2018

Dichiarazioni, annunci, promesse. E viaggi. Dal G7 alle zone colpite dal terremoto, con il presidente del Consiglio Conte nel nuovo ruolo, mentre tutto intorno infuriava la buriana della polemica sull’immigrazione. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, e il ministro del Lavoro e delle Infrastrutture, Luigi Di Maio, uniti dal sacro fuoco del cambiamento, fatto di interviste e interventismo. Insomma, sembra tutto partito a mille chilometri orari. Senza nemmeno un minuto di sosta.

Eppure, a questa velocità mediatica corrisponde un Parlamento compassato con un clima più da estate inoltrato. Un’aria sonnacchiosa, spenta, con un andamento lento. Più da vacanza che da battaglia. Alla Camera il Transatlantico è frequentato in gran parte da cronisti, i deputati sono pochi. C’è qualche sparuto gruppetto che si anima, parlando per lo più del caso-Aquarius, c’è poi chi si concentra sull’analisi del voto delle ultime Comunali. Al Senato, invece, si discute dell’istituzione della commissione per i diritti umani. A un certo punto manca addirittura il numero legale, a conferma di una presenza tutt’altro che massiccia dei senatori.

Sarà una questione di poche ore, al massimo di giorni, e poi anche in Parlamento dovrebbe registrarsi un’accelerazione. Il governo è in via di completamento con il rompimento delle caselle di viceministri e sottosegretari: un passaggio che consentirà la formazione delle Commissioni parlamentari, e l’indicazione dei presidenti, senza cui i lavori nelle Aule di Montecitorio e Palazzo Madama non possono iniziare. Insomma, tra non molto tutto scatterà dai blocchi di partenza. Solo che, a una prima occhiata, sorprende la differenza di velocità tra il Paese e il Parlamento.

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