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Partiti e politici

De’ relitti e de’ Le Pen

di Federico Preziosi
7 Dicembre 2015

Francia, elezioni regionali. Il Fronte Nazionale, guidato da Marine Le Pen, è il primo partito del paese. Un’ondata di elettori impazzita si è recata alle urne e, al primo turno, ha portato l’estrema destra in testa a 6 regioni su 13, facendola schizzare a livelli mai visti prima. Uno choc, come lo ha definito qualcuno, il segno che la cultura europea si lascia gradualmente sprofondare nel baratro del becero populismo, nel solco di un deprimente conservatorismo. Segnali allarmanti che gettano un’ombra inquietante su tutti i paesi dell’Unione dopo altre sconcertanti affermazioni elettorali (chiedere a Polonia e Ungheria).
La situazione, esaminandola meglio, è ben più drammatica di quanto ho appena descritto. Il problema non risiede in Marine Le Pen e nemmeno nella sua ideologia ottocentesca che, stando a quanto si racconta sui giornali, sembri ormai un moto inarrestabile. Il grande dramma, mascherato da farsa, prende il nome di classe dirigente europea la quale, incapace di interpretare la società, non è in grado di rappresentarla. Prendiamo un dato su tutti, probabilmente il più rilevante: il 50% dei francesi si è astenuto da questa tornata elettorale. Il FN si è affermato quale primo partito con percentuali poco al di sotto del 30% su un totale di 50% di elettori votanti. Certo, in termini di potere questo è un dato significativo, tuttavia non lo è in termini ideologici, né tanto dal punto di vista del consenso. Se il 50% dei francesi, come quasi il 50% degli italiani (considerando le ultime elezioni regionali svoltesi di recente) non si reca alle urne, il dato da trarre è il seguente: i partiti non sono in grado di rappresentare alcunché. Quale credibilità possono avere in termini di consenso popolare? Se la democrazia per essere feconda necessita di un certo grado di fiducia, ha ancora senso parlare di vittorie elettorali nei nostri regimi democratici? E dal Corriere della Sera, in un editoriale di Stefano Montefiori, si parla di egemonia in senso gramsciano, consolidata negli anni da parte del FN. Certo, a Marine Le Pen non manca certo una posizione chiara su tante tematiche, così come è altrettanto vero il radicamento del FN sui territori consolidatosi negli anni. Eppure di quale egemonia culturale si vuol parlare con questi numeri?
L’altro dato che bisogna considerare è la caduta a picco dei socialisti. I motivi non risiedono nell’Isis, ma in uno smarrimento dell’identità socialista che, ormai da decenni, si è trasformata nella versione soft del liberismo contemporaneo. Occorre pertanto una ridefinizione delle categorie politiche in Europa a partire dalla sedicente sinistra. L’Unione Europea è un progetto culturale o soltanto di respiro economico-burocratico? Che senso ha definirsi socialisti quando si abbracciano politiche di austerità? E sull’immigrazione? Hollande, che a Ventimiglia schiera la polizia contro gli immigrati, che bombarda furiosamente Raqqa, incapace di indicare un cammino nella lotta allo scontro ideologico tra cittadini francesi (considerando che gli attentatori del 13 Novembre erano cittadini europei) può ambire a rappresentare qualche forma di socialismo? Il Presidente francese, chiedendo di cambiare la Costituzione in nome della sicurezza, quanto è meno nazional populista di Madame Le Pen? Hollande perde perché politicamente non si dimostra tanto diverso. La sua azione rende vana la contesa politica perché è lo stesso retroterra culturale, qualora ve ne fosse uno, che viene a mancare.
La politica di oggi, in Francia come in Italia, in Germania, in Ungheria o in Repubblica Ceca, è tutta populista. Nessuna forza elabora e diffonde una visione di una società o di una civiltà da perseguire, anche a costo di essere impopolari. Tutti si proclamano a favore del popolo, una retorica sulla ggente portata avanti con quella odiosa schizofrenia monitorata dai sondaggi. Non c’è alcun orizzonte da perseguire, ci si preoccupa esclusivamente della tenuta del consenso per il consenso. Chi ha veramente a cuore l’Europa, quella popolare, civica, partecipativa e soprattutto culturale e multiculturale, lasci perdere la guerra all’antieuropeismo farfugliante di concetti astratti, non dia fiducia all’altra faccia del populismo e abbandoni questi luoghi di scontri pseudo-ideologici. Semmai ritorni a De Gasperi e Adenauer, laddove un orizzonte continentale ed extra-continentale è perseguibile, senza il timore di doversi sentire dare del buonista dal giornalista in malafede di turno.

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