Europa a trazione Schäuble

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20 Novembre 2015

Immaginate di poter tornare indietro nel tempo e di poter rivivere quelle ore concitate e quella notte insonne del 13 luglio 2015 quando il premier greco Tsipras firmò il terzo Memorandum dopo un Eurosummit dalla durata record di oltre 17 ore. Cosa bolliva in pentola? Quali erano i documenti, le richieste scottanti che giravano da ufficio ad ufficio degli alti funzionari europei?

In un lungo articolo, il Guardian rivela alcuni retroscena dai contorni amari e aspri. Secondo un funzionario europeo rimasto anonimo, durante l’Eurosummit contro Tsipras fu usato un waterboarding, una tecnica di interrogatorio della Cia, che consiste nel simulare un affogamento per intimidire la vittima ed estorcergli informazioni. Nel caso specifico di Tsipras, fu un «waterboarding mentale» che Angela Merkel e Donald Tusk usarono per intimare il leader di Syriza di accettare il memorandum o di rassegnarsi a vedere la Grecia fuori dall’euro con le banche che una dopo l’altra collassavano.

Facciamo un passo indietro: sono le 6 del pomeriggio del venerdì 10 luglio 2015, una luce che lampeggia segnala un nuovo messaggio nella casella di posta di un gruppo ristretto di alti funzionari: un messaggio, direttamente dal ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble. Una «e-mail scioccante» – così la definiranno alcuni destinatari. Un messaggio «chiaro, nero su bianco, duro e brutale», Schäuble aveva suonato alle porte di tutti i Paesi per lanciare un monito: espulsione della Grecia dall’euro.

L’opzione Grexit, spesso sventolata ma mai formalmente proposta, era realtà. Secondo un alto funzionario coinvolto negli incontri, ciò avrebbe significato che il lunedì 13 luglio sarebbero iniziati i preparativi per mettere fuori dalla moneta unica per la prima volta un Paese dell’Ue.

Quel documento impresso sugli schermi del PC, anche se non fu mai distribuito ufficialmente, aveva rotto un tabù europeo, ovvero l’irrevocabilità dell’adesione all’euro e non era un Paese a volerne uscire, bensì era la Germania che si assumeva tutta la responsabilità a spingere un altro Paese, anche con una certa forza di intimidazione, fuori dalla moneta unica.

Le richieste di Schäuble erano partite da uno dei suoi sottosegretari e le premesse erano chiare: Atene avrebbe dovuto «capitolare alle richieste di austerity della Germania, ristrutturare welfare, pensioni e sistema fiscale e cedere un’ampia parte di sovranità». Il memorandum firmato Schäuble era strutturato con una precisione lapidaria, si proponeva la «sospensione della Grecia per almeno 5 anni, Atene avrebbe anche dovuto trasferire asset per 50 miliardi – un quarto della ricchezza nazionale – in un fondo fiduciario basato in Lussemburgo e controllato dall’Esm (ndr. meccanismo europeo di stabilità)». Una «massiccia opera di sottrazione di asset, sul modello della privatizzazione dei beni statali della Germania Est» che a poco a poco sarebbero stati svenduti e usati per ripagare il debito greco.

Nello scorrere le righe di quella proposta molti «erano scandalizzati», davvero «nessun paese avrebbe potuto accettare questo» ha confermato un diplomatico di Bruxelles. Perfino per Matteo Renzi l’ultimatum di Schäuble era un insostenibile esercizio tedesco per umiliare la Grecia. I politici, i banchieri centrali e i ministri delle finanze della zona euro sapevano che le proposte del numero due del Governo tedesco erano serie, anzi Schäuble, prima ancora che Tsipras salisse al governo, si era auto-convinto che «l’eurozona doveva essere protetta dalle fragilità, la Grecia era un peso e doveva essere messa fuori».

Sabato 11 luglio 2015 si riunisce l’Eurogruppo dei ministri delle Finanze con i funzionari della Commissione europea, della Banca centrale europea e del Fondo Monetario Internazionale per discutere dell’ultime proposte del governo Tsipras. La giornata sembrò iniziare bene: consultando il documento greco, i funzionari della Commissione europea e della Banca centrale europea valutarono le proposte come un serio tentativo di compromesso e un punto di partenza presentabile. Quando Schäuble e Dijsselbloem arrivarono alla riunione le premesse positive si dissiparono. «Come possiamo aspettarci che il governo greco possa attuare quello che ora promette?» rispose in maniera infuocata il falco dell’austerity Dijsselbloem. Il ministro delle Finanze tedesco stracciò l’ultima offerta di Tsipras dichiarando che le proposte mancavano di una serie di importanti riforme su settori fondamentali per modernizzare la Grecia. Si passa immediatamente alla linea dura, il cosiddetto Piano B: espulsione della Grecia e discussione sulle possibili ricadute in Europa. La riunione si fa concitata, tesa e cupa, i toni si alzano finché il ministro delle Finanze francese Michel Sapin sfida apertamente l’omologo tedesco dichiarando, anche pubblicamente, che espellere Atene era «illegale». Non bastava: pur di scioccare gli interlocutori e umiliare la Grecia, Schäuble propose anche di «rispedire tutti i funzionari greci dell’Ue ad Atene per ricostruire il Paese, visto che la pubblica amministrazione greca era notoriamente inefficiente». Di fronte alle voci di protesta che si alzarono, Schäuble avrebbe ribattuto con tono beffardo di essere «l’unico creativo». Secondo alcuni intervistati del Guardian, fu il dibattito più intenso, più irritabile e più acceso mai tenuto dai responsabili per l’economia europea. La tensione la si poteva toccare, Schäuble stava lanciando un avvertimento forte e terrificante allo stesso tempo ai paesi più deboli della zona euro che doveva suonare in questa maniera: o diventate più tedeschi o diventerete la nuova Grecia.

Fu Mario Draghi, Presidente della Banca centrale europea, a scontrarsi, in un primo momento, su alcuni punti con Schäuble insistendo che metà dei 50 miliardi di euro servissero per ricapitalizzare le banche elleniche. Il Ministro delle Finanze tedesco era contrario a concedere altro spazio alla Grecia, ma l’insistenza di Mario Draghi fu il punto di partenza per gestire una trattativa troppo unidirezionale.

Le trattative erano allo stallo. Schäuble suggerì a Dijsselbloem e alla sua squadra di redigere il nuovo memorandum sulla base della sua proposta con i punti controversi messi tra parentesi, ovvero un documento che non era stato concordato con le altre parti.  La domenica del 12 luglio 2015, Tsipras si siede attorno ad un tavolo con il memorandum firmato Schäuble tra le mani. La riunione essenzialmente ruotava intorno a un negoziato tra Merkel e Tsipras, mediata da Tusk e François Hollande. Tutti gli altri leader europei furono semplici spettatori, cenando amorevolmente mentre nell’altra stanza Tsipras subiva un ampio waterboarding mentale. Il resto è storia: alla mattina del 13 luglio 2015 Tsipras e Merkel trovarono un accordo.

Qui non c’è da scegliere se stare dalla parte del bullo tedesco o dalla parte del fragile e amichevole greco. Immaginate quella notte il premier di un piccolo paese sotto intimazione che passo dopo passo cerca di trattare briciola dopo briciola, che cerca di smantellare e rivoltare un memorandum capestro scritto con tutta la sfrontatezza di Schäuble. Prendiamo atto che c’è una parte di Europa che fatica a credere nel suo stesso progetto. Il resoconto del Guardian mostra un lato violento di quella trattativa, l’Europa a trazione Schäuble è il progetto europeo incompiuto e smantellato, incapace di trovare soluzioni inclusive, ma prevalentemente escludenti: non c’è un lieto fine, c’è qualcosa di profondamente e intimamente sbagliato in questa storia.

@salviokalamera

TAG: atene, bce, commissione europea, Dijsselbloem, Draghi, euro, fmi, grecia, grexit, Memorandum, Schäuble, the guardian, tsipras
CAT: Politiche comunitarie

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