Nervi da pandemia? Anche colpa delle governance

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9 Gennaio 2021

Ci ritroviamo tutti in una condizione oggettivamente difficile, complicata e per certi versi incerta, con molte probabilità di svolgere le nostre attività quotidiane al di sotto dello standard a cui eravamo abituati. Nella continuità di una situazione così penalizzante rischiamo di fare l’abitudine a una insoddisfazione di fondo i cui effetti si ripercuotono nelle nostre azioni e nei nostri pensieri. Nessuno di noi era preparato a vivere simili evenienze. Nessuno di noi è convenientemente attrezzato per superare in scioltezza i dilemmi psicologici dovuti a una routine limitante. Ci sono precluse le relazioni, i luoghi, lo svago. Non possiamo trascorrere il tempo come vorremmo e dobbiamo, per un tempo non certamente illimitato, farcene una ragione, perché il sacrificio serve a uscire fuori da una situazione oltre modo complicata.

Sacrificarsi, invero, non vuol dire bloccarsi, sospendere le nostre pulsioni di vita, inibire qualsiasi slancio emozionale. La pandemia è indubbiamente una tremenda emergenza globale, non un conflitto mondiale che minaccia l’ecatombe, o un disastro ambientale che porterà all’estinzione dell’umanità. Si tratta di un’emergenza dove sensibilità di diversa formazione sono chiamate a reagire per conservare spirito e corpo in una forma integra e funzionale, atta a garantire l’inalterabilità delle proprie personalità. Certo, talvolta diventa lecito “sbroccare”: è umano e finanche salutare, ma poi bisogna rientrare in sé, e alla svelta! In questo frangente, restare il più possibile lucidi è di fondamentale importanza. Il covid, fin qui, ha sottratto vita, lavoro, sentimenti, ed è giusto non sottovalutarne la pericolosità e il raggio di devastazione. Ma, non possiamo e non dobbiamo rischiare la paralisi nella contemplazione della sua azione distruttiva, tanto più che ora si dispone di un vaccino per restarne immuni.

Non si può fare a meno di osservare, però, che si è fatto davvero poco per attenuare i risvolti psicologici dovuti al contagio. La velocità e l’estensione della pandemia hanno obbligato ciascuno di noi a confrontarsi con la propria fragilità. La vita è esistenza, non sopravvivenza. Ecco perché il nucleo centrale dell’esistenza di giovani e bambini, la scuola, deve ritornare quanto prima alle sue mansioni irrinunciabili di formazione e crescita. Una scuola ferma, chiusa, arresa alle conseguenze contingenti dell’epidemia, toglie sostegno a intere generazioni, col rischio di danneggiarne l’evoluzione sociale. Va da sé che chi è deputato, per mandato, a provvedere alla vita della collettività, dovrebbe, ora più che mai, conservarsi ancora più lucido e attento per far fronte convenientemente alle esigenze comuni maggiormente impellenti, necessarie alla serenità, allo sviluppo e alla conservazione della civiltà. Dopo aver vaccinato il personale medico, si dia priorità a quello scolastico! La ripresa non può che partire dalla scuola. Questo, una governance che si rispetti, dovrebbe saperlo.

 

 

 

TAG: Covid, psicologia della pandemia, ripresa, scuola
CAT: Psicologia

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