Gli orfani “speciali” dei femminicidi che piangono le loro madri a luci spente

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25 Novembre 2022
Sono più di 80 le donne uccise dall’inizio dell’anno per mano di ex mariti, compagni, o conviventi. I dati diffusi dal Ministero dell’Interno parlano di un fenomeno cronicizzato che peggiora di giorno in giorno. Mentre il Senato approva all’unanimità la costituzione di una commissione bicamerale d’inchiesta sul femminicidio. E a Torino apre il primo centro dedicato agli orfani “speciali” di questi delitti. Figli che piangono le loro madri a luci spente, strappate alla vita in modo traumatico e crudele, perché considerate oggetti da distruggere

 

 

 

 

Stando ai dati sui femminicidi diffusi dal Ministero dell’Interno, dall’inizio del 2022, sarebbero 84 le donne rimaste uccise barbaramente per mano dei propri congiunti, mariti, compagni o ex. Un fenomeno quello della violenza di genere, a maggior incidenza femminile, oramai divenuto cronico e con una vergognosa parabola ascendente che rischia di produrre a breve, numeri ancora più sconvolgenti in termini di morti

Sebbene il Senato, nelle scorse ore, abbia approvato all’unanimità la costituzione di una commissione bicamerale  di inchiesta su femminicidi e altre forme di violenza di genere, e si attenda solo il via libera della Camera per dare attuazione al provvedimento, gli strumenti per contrastare il dramma che si consuma per tantissime donne e i loro affetti prossimi, appaiono ancora molto distanti dal raggiungimento di risultati efficaci e duraturi. In primis, riguardo alle soluzioni preventive ed alternative per allontanare la vittima designata, e spesse volte i suoi figli, dai tentacoli assassini di chi un tempo aveva condiviso sogni, progetti: vita.

Una piaga sanguinante che affligge la nostra società, avvelenandola, rimarcando le orme di un pregiudizio (che in realtà ne contempla miliardi) granitico, che mercanteggia sulla dignità ed i diritti delle donne, di determinare la propria vita, essendo libere di rivedere scelte riguardanti anche le relazioni, ufficiali e non, indossando i costumi che le facciano sentire più comode, intonate ai colori della propria anima. Libere di tagliare con un passato affilato come una lama che strappa senza anestesia, lembi di pelle già livida di disprezzo, umiliazione, angoscia, terrore, vergogna e senso di colpa. Retaggi di una cultura retriva e malata, alimentata da tante, troppe persone, non solo da uomini incancreniti dalle zavorre del possesso, abbrutiti da un’ossessione maleodorante, da una terribile morte spirituale, spacciata per “gelosia”.

Quante donne sono state uccise tra le mura amiche, e quante ancora lo saranno. In un modo beffardo, sottile o deflagrante. Perché non si viene uccise solo una volta, ma si può essere condannate anche ad una lenta e mostruosa agonia, basata su violenze che cancellano a poco a poco, ogni cellula del proprio corpo, doppiamente straziato dall’anima che non riesce a volare via, ma rimane inchiodata ad un martirio che avvolge il nome “Donna”.

E quanti figli, chiamati orfani “speciali”, hanno pianto e continuano a piangere le loro madri a luci spente?

L’epiteto “speciali” viene affibbiato loro, a causa della potenza traumatica dilaniante, con la quale vengono privati della persona più importante della loro vita. Un distacco che viene perpetrato, incapsulandoli in una spirale di incredulità, rabbia, mortificazione che crea una frattura insanabile tra la loro bolla di un dolore subito innocentemente e tutto il resto del mondo che continua a girare a velocità vorticosa. Come si può crescere, convivendo con un peso sullo sterno del genere? Quando a gettartelo addosso, magari, è stato proprio tuo padre, o qualcuno che comunque ritenevi parte di te. La specialità di questi orfani, sta, forse, nella difficoltà della sfida a cui sono chiamati: quella di non distruggere definitivamente la propria identità, quella di cercare di costruirsi e ricostruirsi, giorno dopo giorno, aggiungendo piccole boccate di ossigeno, che levighino quel pianto antico, senza volerlo cancellare, trasformando la rabbia, in coraggio e fierezza di battersi, perché la logica della violenza, della sopraffazione, su ogni donna, venga sconfitta. Un percorso di rinascita molto lungo, un processo che dura una vita intera, cercando di non cedere alla dittatura del risentimento cieco, tutelando la propria parte luminosa, quella del ricordo di chi non c’è più, celebrandolo con azioni cariche di solidarietà e speranza che alleggeriscano il presente e permettano di intravedere anche da lontano, un futuro, per sé stessi e per gli altri.

Nel nostro Paese, la strada per la cura degli orfani di femminicidi, è ancora assai contorta e scivolosa.

Ma, da qualche parte, si dovrà pur cominciare. E allora, comincia Torino, inaugurando il primo centro specializzato per i figli di donne uccise in modo barbaro da uomini di loro fiducia.

Uno spazio interamente dedicato ad offrire assistenza psicologica, legale e pedagogica sia per i ragazzi interessati da tali tragedie, che per le famiglie affidatarie. Una superficie che comprenderà al suo interno anche una biblioteca in tema di violenza di genere, con corsi di formazione ad hoc.

Il Centro S.o.s. (Sostegno orfani speciali), accoglierà sotto la sua supervisione diretta, tutti coloro che necessiteranno di una guida a cui aggrapparsi, già dal primo istante successivo all’evento traumatico. Un ambiente aperto per ricevere da lunedì al venerdì, provvisto di un numero di emergenza operativo h24 (366.4607803) ed un sito internet da consultare all’occorrenza, www.centrososorfani.it  ,con all’interno una apposita community per le famiglie degli orfani e per gli stessi orfani; un canale immediato con le autorità preposte, come il Comune, la Prefettura, il Tribunale per minori, con monitoraggio e sostegno per riprendere o continuare gi studi ed, inoltre, anche un utilissimo strumento di housing, per effettuare tirocini formativi. Una sorta di piccolo mondo rigenerato, all’interno di una selva oscura che colloca gli orfani di femminicidio, in un limbo che va incoraggiato e sospinto con tutte le nostre forze, lontano da quell’inferno, scaraventatogli contro, da chi mai e poi mai avrebbero creduto potesse spezzare i loro sogni e quelli delle loro madri. Madri che continuano a piangere a luci spente, aspettando che sorga di nuovo il Sole.

Prendendo in prestito alcuni versi splendidi della grande Alda Merini: “Sorridi Donna, il tuo sorriso sarà luce per il tuo cammino, faro per naviganti sperduti. Il tuo sorriso sarà un bacio di mamma, un battito d’ali, un raggio di sole per tutti“.

 

 

 

 

 

 

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CAT: Questioni di genere, Torino

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