«Troviamo il modo di riaprire anche le moschee»

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28 Aprile 2020

Il ramadan è iniziato ormai da alcuni giorni, ma le porte delle moschee italiane rimangono, almeno per il momento, ancora chiuse. Colpa del Coronavirus, certo. Ma qui «si parla di riaprire bar, tabaccherie, pasticcerie; si parla di sport e si parla pochissimo o quasi niente dei luoghi di culto. Questo un po’ ci amareggia», dice Yassine Lafram, presidente dell’Unione delle comunità islamiche italiane, la più diffusa e radicata associazione islamica in Italia. Ma una soluzione va trovata e il prima possibile. E deve essere una soluzione, spiega Lafram, che deve essere valida per tutti i fedeli di tutte le confessioni: «E’ normale che una riapertura dei luoghi di culto valga per tutti, non solo per la celebrazione delle messe».

Le moschee e i centri islamici, anche in questa fase 2, rimangono chiuse, dunque?

Sì, rimangono chiuse. Ma siamo un po’ amareggiati per il fatto che i luoghi di culto non vengano menzionati, né considerati più di tanto nelle disposizioni del governo.

Ma per voi sarebbe giusto far ripartire le funzioni religiose in questo momento?

Noi vorremmo ripartire in sicurezza, ma questo deve rientrare in un protocollo condiviso con il governo. Non abbiamo assolutamente intenzione di riaprire le nostre moschee con una scelta unilaterale.

Vorreste, insomma, che il governo vi indicasse un modo per riaprire le moschee evitando il rischio di contagi

Esattamente. Il nostro intento è quello di interloquire con le istituzioni per capire come uscire da questa fase di chiusura totale. Va bene riaprire negozi, uffici, però i luoghi di culto non possono essere l’ultima ruota del carro…

E secondo voi, invece, sono stati trattati come l’ultima ruota del carro…

Sì, perché se ne è parlato poco e niente. E questo ci dispiace tanto, perché la dimensione religiosa è importante per i cittadini che hanno un credo e professano una fede.

I vescovi pressano il governo: oggi si ipotizzava addirittura che le messe potessero riprendere il 4 o il 10 maggio, magari all’aperto. Voi cosa ne pensate: non avrebbe più senso far riprendere tutte le funzioni religiose – non solo quelle cattoliche, ma appunto anche quelle musulmane, protestanti e di tutte le altre confessioni – tutte assieme?

Sicuramente non ci potrà mai essere una riapertura selettiva. Sappiamo che viviamo in uno stato laico e di diritto e che quando si parla di luoghi di culto si parla di tutti i luoghi di culto e dunque qualsiasi riapertura che viene concessa deve essere estesa a tutti i luoghi di culto. Poi bisogna vedere effettivamente se questi luoghi di culto hanno le condizioni per poter gestire la riapertura: alcuni sono piccoli e molto frequentati; altri, più grandi, hanno più spazio e possono gestire meglio il flusso dei fedeli. Anche l’idea di pregare all’aperto…

Pregare all’aperto potrebbe essere una soluzione anche per voi?

Assolutamente. L’abbiamo già provato in diverse situazioni al di là di quella che è l’emergenza e ha funzionato

Però voi dite: se ripartono le messe, devono ripartire anche le preghiere nei nostri centri islamici e nelle nostre moschee

Penso non ci sia neanche da chiederlo. E’ normale che una riapertura dei luoghi di culto valga per tutti, non solo per la celebrazione delle messe.

Il Covid ha colpito duramente la comunità mussulmana in Italia. Comunità musulmana che ha pagato un prezzo in vite umane, ma non ha rinunciato a fare la sua parte. Penso alle raccolte fondi che anche voi avete fatto in queste settimane e in questi mesi…

Con le donazioni adesso abbiamo superato i 600mila euro, soldi che sono andati alla Protezione civile, alla Croce rossa, agli ospedali e a tutti quelli che sono in prima linea per fronteggiare la pandemia. E le nostre moschee sono chiuse per la preghiera, ma fanno da punti di raccolta di generi alimentari che vengono impacchettati per essere consegnati settimanalmente alle famiglie più bisognose: sono centinaia e centinaia i pacchi alimentari che vengono consegnati da diversi centri islamici e moschee in giro per l’Italia. E bisogna considerare anche i medici musulmani che sono morti perché si sono contagiati curando i malati di questo Covid19.

Eppure continuano a mancare cimiteri islamici nel nostro paese, tanto che alcune famiglie musulmane hanno faticato, in questi giorni di emergenza, a dare degna sepoltura ai propri cari. 

Mentre stiamo parlando, proprio adesso, ci sono diverse decine di salme che sono da diverse settimane in celle frigorifere, negli obitori, e che non trovano una degna sepoltura. Diversi sindaci hanno risposto positivamente alle nostre richieste concedendo uno spazio cimiteriale per i defunti di fede islamica (che devono essere sepolti seguendo alcune regole particolari, come avevamo spiegato in un’inchiesta qui su Gli Stati Generali ndr). Alcuni, ahimè, non hanno avuto questa sensibilità, invece…

Una cinquantina di cimiteri islamici, in Italia, per una comunità di alcuni milioni di persone. Si può andare avanti così?

Assolutamente, no. Noi già in una situazione ordinaria, di non emergenza, abbiamo cercato più volte di dialogare con le istituzioni e soprattutto con i Comuni, ma sono stati purtroppo pochi quelli che ci hanno risposto. Adesso,  proprio con questa emergenza abbiamo aperti altri cimiteri islamici e siamo arrivati ad una settantina…

… qualche passo avanti si è fatto…

Sì, si è fatto. Ma se consideriamo che ci sono 70 cimiteri in 70 comuni, quando i comuni in Italia sono 8mila e i musulmani in Italia sono 2 milioni e mezzo ci rendiamo conto che siamo veramente in una situazione molto critica. Per questa fase emergenziale avevamo proposto che ogni città capoluogo si dovesse munire di un’area cimiteriale per il culto islamico, ma così non è stato. Solo pochissimi comuni capoluogo ci hanno risposto e dopo che abbiamo fatto pressioni perché c’era una salma che non trovava una degna sepoltura.

(In copertina: foto di Yassine Lafram, presidente Ucoii)

TAG: coronavirus, Luoghi di culto, messe, moschee, Ucoii, Unione comunità islamiche italiane
CAT: Religione

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