A Segesta i Satiri di Virgilio Sieni

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4 Settembre 2022

SEGESTA. Mentre Jari Boldrini e Maurizio Giunti danzano su una scena che si sporge su un paesaggio che toglie il fiato, improvvisamente, nella forma stessa dei loro corpi balugina il disegno tipico e semplice di due kouroi della statuaria greca arcaica. È un solo attimo, una forma che si manifesta con la sua forza icastica e con tutta la sua fortissima pregnanza culturale. Non è una citazione, non una metafora: è un varco, strettissimo, ma attraverso di esso si può entrare o, meglio, si può provare a entrare nel senso dell’ultima coreografia di Virgilio Sieni. Parliamo di “Satiri”, lo spettacolo di danza pensato e costruito dal maestro fiorentino che si è visto il 26 agosto nel Teatro Greco di Segesta e nel contesto del ricco e interessante Festival di Segesta (dal 2 agosto al 4 settembre, diretto da Claudio Collovà). Non è il solo varco di senso ovviamente, ce ne sono altri, proposti, suggeriti, offerti con più o meno di delicatezza, di emozione, di forza espressiva: ad esempio la bellissima e perturbante maschera animale (la testa di un capro, e Sieni sembra rendersi conto perfettamente che quegli occhi toccano corde profonde) indossata da Maurizio Giunti nella prima parte della coreografia e le musiche di Bach suonate al violoncello da Naomi Berrill (che, per il resto, suona e canta altri pezzi di sua composizione). Qual è il concetto di fondo che presiede (anche) a questa costruzione coreografica di Sieni? È l’interrogazione colta, che si dispiega in scena e coinvolge il pubblico, la domanda emozionata, e agita sul piano del gesto e della danza, che concerne l’operatività della storia nella fibra vivente dell’umanità. Si tratta di un’interrogazione che il coreografo declina esplicitamente in senso sapienziale e trae, quasi metodologicamente, dalla grandiosa lezione filosofica di Giorgio Agamben. Un’interrogazione che non è racchiusa nei limiti gretti di una citazione ma diventa fonte di ispirazione e di esplorazione, fecondo rovello sul piano espressivo: di qui il cogliere di buon grado il confronto con segmenti della tradizione classica e della cultura antica e moderna (artistica, teatrale, religiosa, musicale) che, in quanto trovati misteriosamente vivi, diventano contemporanei e, con loro presenza nei corpi danzanti, sono capaci di comunicare emozione e senso. Si spiega così l’allusione, già nel titolo, alle figure mitologiche dei satiri: con il loro misterioso e aurorale collocarsi nella natura quasi come una, quanto mai ancestrale, possibilità dell’umano, con il loro misterioso legame con la nascita della tragedia così come l’ha descritta Nietzesche nel suo saggio celeberrimo e fondamentale per la nostra cultura sulla “Nascita della tragedia”, con il loro essere impliciti alla dialettica tra dionisiaco e apollineo che tanto ha saputo illuminare la presenza della lezione classica nella cultura occidentale. Chi potrà vedere questo spettacolo troverà utile, ad esempio, tenere a mente queste parole tratte appunto dalla nascita della Tragedia di Nietzesche: «La natura non elaborata ancora da nessuna conoscenza, in cui non sono ancora spuntate le regole della civiltà: ecco ciò che il greco vide nel suo satiro, che perciò non ha ancora nulla di comune con la scimmia. Tutto al contrario: era proprio l’immagine primitiva dell’uomo, l’espressione delle sue passioni più alte e più veementi, quale entusiasta sostenitore inebriato dalla presenza del dio, quale compagno compaziente che ripativa le sofferenze del dio, quale interprete della sapienza cavata dal più profondo cuore della natura, quale emblema dell’onnipotenza generativa della natura; proprio questo era ciò che il greco si era abituato a considerare con devoto stupore». Date queste premesse di pensiero si chiarisce quella che è la caratteristica più evidente del linguaggio coreografico che si dispiega sulla scena: la percepibile presenza di pensiero in ogni singolo gesto dei due danzatori, un pensiero pensante, attivo, aperto, problematico, non chiuso in risposte precostituite. I danzatori sembrano pensare e scrivere la danza che eseguono proprio mentre la eseguono e davvero si tratta di un concedersi affascinante a un’esperienza estetica che non può che essere condivisa profondamente col pubblico. Ad affascinare è, in altre parole, la capacità di questa danza non tanto di raccontare storie, quanto di prendere per mano il pubblico e indurlo a riflettere sulla meravigliosa ed insieme tremenda complessità dell’umano.

 

 

 

SATIRI

Coreografia e spazio di Virgilio Sieni. Interpretazione di Maurizio Giunti e Jari Boldrini. Violoncello dal vivo di Naomi Berrill con musiche di Johann Sebastian Bach (Suite n. 3 in Do Maggiore, BWV 1009; Suite n. 4 in Mi bemolle Maggiore, BWV 1010) e compszioni originali. Luci di Marco Cassini. Allestimento di Daniele Ferro. Maschere animali di Chiara Occhini. Produzione del Centro di Produzione della Danza Virgilio Sieni, in collaborazione con AMAT & Civitanova Danza, Galleria Nazionale delle Marche; con il sostegno di MIC Ministero della Cultura, Regione Toscana, Comune di Firenze, Fondazione CR Firenze. Crediti Fotografici: Francesco Panasci

TAG: Danza contemporanea, festival di Segesta, suoni e visioni, virgilio sieni
CAT: Religione, Teatro

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