60 milioni di telecamere. Il balsamo per l’insicurezza

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24 Novembre 2015

Il “panico da Giubileo” è ufficialmente partito. Oggi la rassegna stampa è tutta un fiorire di iniziative in stile “Grande Fratello”: centinaia di migliaia di telecamere da installare in tutti i pali della luce della Capitale, circa 200 mila. Questa inondazione di “occhi digitali” andrà a sommarsi alle attuali reti di Atac, della Polizia Locale di Roma Capitale, della Sovrintendenza e delle forze dell’ordine. Alla fine del percorso, le telecamere dovrebbero essere tutte in rete e controllabili da uno stesso “gestore”.

Bene. L’effetto-annuncio c’è e dunque la “democrazia di emozione” (Paul Virilio) può stare tranquilla: ci sono centinaia di migliaia di occhi che vigilano sulla nostra sicurezza.

Ma cosa può fare una telecamera? Su questo nessuno si interroga seriamente, forse perché è meglio così. Si sta più tranquilli.

Quando ero direttore del Dipartimento di Comunicazione di Roma Capitale ho visionato (con alcuni altri colleghi) diversi sistemi avanzati di video-sorveglianza, per capire se e come poter potenziare la “Sala Sistema Roma” già presente e operativa in quegli anni. Le aziende che incontrai (di cui ovviamente non farò il nome) mi presentarono numerosi progetti già in uso all’estero: Tel-Aviv, Francoforte, Londra, Berlino. Sistemi “intelligenti” con telecamere dotate di riconoscimento facciale e di alert in tempo reale per i comportamenti “sospetti”. In teoria, un sistema molto performante.

Tuttavia notai che, non a caso, gli esempi che mi venivano presentati riguardavano aeroporti, stazioni della metropolitana, centri commerciali. Cioè ambienti “chiusi”, nei quali peraltro il comportamento degli individui è tendenzialmente standardizzato. È relativamente facile individuare un comportamento sospetto in una stazione della metro o in un aeroporto. Lo è molto meno quando ci spostiamo su un viale o in una piazza. Un artista di strada attua comportamenti sospetti? Un pedone che non attraversa sulle strisce pedonali? Un’auto che sosta in doppia fila? Un turista (o un senzatetto) che si appisola su una panchina? Cinque adolescenti che simulano una rissa per scherzo? E così via, l’elenco sarebbe lunghissimo.

Quando andai a visitare la Sala Sistema Roma della Polizia Locale di Roma Capitale ebbi la riprova di questo problema. Notai che sui monitor di controllo, circa 15, ogni tanto si apriva una finestra che segnalava un alert, cioè appunto qualcosa di sospetto. Ma vidi anche che nella Sala non si allertava proprio nessuno. Per di più mi dissero che avevano disattivato l’avviso sonoro perché altrimenti sarebbero impazziti. In mezz’ora si saranno aperte centinaia di finestre di “allarme”, ma, a giudicare dalle immagini, effettivamente di allarmante non c’era un bel niente.

Cosa significa tutto ciò? Che, per quanto si possano alfabetizzare tali sistemi, non esiste un algoritmo tale da individuare con precisione un comportamento realmente sospetto, se non “pescando” nel mucchio, a maglie larghe. E dunque si finisce per avere tanti occhi che registrano, utili per indagini ma inutili per interventi in tempo reale o per prevenire comportamenti delittuosi.

Poi ci sarebbe il “capitolo” organizzativo. Ad oggi tutte queste reti non sono collegate tra loro. Ognuno gestisce e visiona le proprie immagini, custodite gelosamente come sempre, per ragioni di micro-potere, di investimenti fatti, e così via. Se davvero un domani ci sarà un unico “gestore”, chi sarà? La Difesa, il Viminale, i Servizi Segreti? E quanto ci metteremo a deciderlo? Capitolo delicatissimo, da cui derivano l’efficacia e l’efficienza delle “risposte” e che viene sistematicamente ignorato dal dibattito pubblico. Come se avessimo un solo corpo dedicato alla nostra sicurezza…

Al momento abbiamo poche certezze. Le telecamere a Roma sono poche migliaia, all’interno di reti che non comunicano, e gestite da – almeno – 5 istituzioni/enti pubblici.

Ma da oggi abbiamo una “certezza” in più. L’annuncio di un’alluvione di telecamere “intelligenti” e gestite alla perfezione da un decisore unico. Il balsamo tranquillizzante per provare a tenere a bada le nostre “Città Panico”. Tuttavia potrebbe bastare, dato che “l’arma della comunicazione di massa è strategicamente superiore all’arma di distruzione di massa” (sempre Paul Virilio). E chi ci combatte, terrorizzandoci, lo sa anche meglio di noi.

 

TAG: charlie hebdo, Francia, giubileo, insicurezza, isis, italia, Roma, sicurezza, terrorismo
CAT: Roma, Terrorismo

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