Carlo Ratti sul Corriere della Sera cita il bosco verticale di Stefano Boeri a Milano

L'architettura e noi

Importare la natura? Bella idea, ma per realizzarla bisogna dismettere pezzi di città

di Cristoforo Bono 10 Maggio 2025

Un lungo articolo di Carlo Ratti, sul Corriere  del 12 aprile 2025, intitolato “Natura e città, una nuova alleanza”, merita di essere riletto e meditato. I progressi del paesaggio, in genere, sono tanti e difformi: nel tempo e nello spazio. Se c’è anche un progresso della città esso è molto lento, essendo la città una seconda natura, quindi non adattabile facilmente.  Ratti invece la vorrebbe adattabile, in base a un principio di ruralizzazione urbana che fatalmente può interessare solo i vuoti esistenti o le aree interstiziali. Ma la città cosa dismette di se stessa, per poter aumentare questi vuoti? Ben poco, qualche scalo ferroviario, qualche industria residua entro i suoi confini.

Ratti, dopo aver ricordato l’esperienza storica delle “città giardino” che hanno realtà solo aumentato il consumo di suolo e creato distretti del tutto dipendenti dall’automobile afferma: “Oggi sappiamo che la traiettoria da seguire non è più la città che colonizza la campagna, ma la campagna che ritorna in città. Grazie alle nuove tecnologie è possibile oggi portare la natura dove prima non c’era”. E al proposito cita, quale esempio, la cultura idroponica, facendo poi l’esempio concreto di un progetto del suo studio: “La teca di cristallo del dehors è sormontata da arbusti e specie rampicanti”. Inoltre fa un riferimento al Bosco verticale di Stefano Boeri.

Tutto ciò ha un senso: ma non è ovviamente il senso della città nel suo insieme. Il senso di una città che possa accogliere una natura umanizzata non può che proiettarsi nel tempo e, rispetto a questo, nei tempi lunghi. La vera soluzione, quindi, non è, nonostante la tesi di Ratti, a portata di mano, ma si attuerà solo attraverso ampie sostituzioni, che comporteranno abbattimenti volontari, e non solo indotti da necrosi, di ampie parti urbane. Parti che non corrispondono all’idea di città che si vuole, parti che costituiscono una infinita conurbazione.

Queste parti andranno sostituite con frammenti di città nuova. Così come a suo tempo i grandi boulevards parigini hanno sostituito le parti medievali della città. La città vuole la “natura” entro se stessa, ma la natura vuole un’altra città, un’altra idea di città. In sostanza un’altra storia.

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