
L'architettura e noi
La nuova regione Campania dello Studio Hadid: le star non dovrebbero essere gli architetti, ma le città
Ma questo progetto, la Nuova Regione Campania di Zaha Hadid, a Napoli, sale verso il cielo, appunto come un faro, o scende da una improbabile cimasa verso terra, dove si complica all’infinito? Stando all’immagine, che viene anche proposta in due pagine del Corriere della Sera del 22 febbraio scorso, a noi sembra la seconda cosa. Ciò a dispetto dell’intenzione compositiva, tutta giocata sull’innalzamento verso il cielo di immaginari binari, che nella realtà sono lì accanto. Si tratta di progetto che comprende auditorium, parco, e molti altri elementi, ideato quale riqualificazione di Piazza Garibaldi.
Il progetto è attinente il “Concorso di progettazione per la realizzazione del Nodo intermodale Complesso di Napoli Garibaldi e la rigenerazione urbana”. L’unico rapporto reale con il terreno, sul quale il complesso si adagia, consiste nell’interramento dei fasci dei binari: per il resto è sconosciuto il pianeta dal quale atterra. L’ossessione dei binari crea in realtà uno strano sradicamento dal terreno, una esitazione tra terra e cielo del progetto stesso.
Al contrario delle intenzioni di progetto.
La verità è che, a parte i binari, di Napoli, alla progetto non interessa quasi nulla; è solo un pretesto per proporre un grande oggetto, nato da una ricerca, sempre per la verità lecita, tutta svolta nel chiuso dello studio, e autoreferenziale: non sul territorio. Il progetto, perciò, appare retorico, oppure non è destinato ad invecchiare bene, a causa delle grandi inutilità che paludano la macchina funzionale e comportamentale. Quasi una sublime decorazione.
Eppure, nonostante tutto, vi è nel progetto una maestria nella composizione degli spazi, per cui, a dispetto dell’intenzionalità estetica, funzionerà: sarà un’isola, ma funzionerà. E’ il doppio aspetto dell’opera di Hadid: vaga suggestione e padronanza degli spazi.
Nonostante i tic c’é un clic. Niente paura quindi; quella degli archistar e dei loro vezzi sarà alla fine un’era come un’altra: e ogni cosa diventerà parte urbana.
A noi resta da chiedere: quando infatti star ridiventeranno le città e non saranno gli architetti?
Abbiamo peraltro la sensazione che quest’epoca sia già iniziata; e allora abbiamo capito che il pianeta dal quale discende il progetto è solo una meteora: e come tale verrà percepito. Mentre la metafora dei binari, così ingenua, verrà vista con tenerezza nella “macchina” intermodale e polisfunzionale che – tutto sommato – ha una sua ragione.
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