Dentro Villa Miralago, dove tra le montagne si curano i disturbi alimentari

16 Aprile 2021

Perché mangiamo? Certo, per nutrirci, eppure il cibo soddisfa bisogni fisiologici ma anche emotivi, psicologici, sociali. Non scegliamo di mangiare o di non farlo solo per appagare o meno la fame. Secondo il Ministero della Sanità in Italia sono più di tre milioni le persone affette da disturbi del comportamento alimentare (dca) e durante la pandemia sarebbero aumentate del 30%. Come affermò la dottoressa Cynthia Bulik durante un congresso del National Institute of Mental Health, «i dca non sono scelte ma malattie e colpiscono persone di tutti i generi, età, razze, etnie, di tutte le forme del corpo e di tutti i pesi, di ogni orientamento sessuale, e di differenti strati socio-economici». E sono anche un problema di sanità pubblica ma non sono stati identificati, ad oggi, fattori di rischio unici e specifici direttamente collegati allo sviluppo di un dca con un rapporto causa effetto. Sia i fattori genetici sia quelli ambientali giocano però un ruolo importante.

L’Istituto Superiore di Sanità ci dice che in Occidente, Italia inclusa, si stima una prevalenza dell’anoressia dello 0,2-0,8 percento e della bulimia di circa il 3 percento, con un’età di esordio tra i 10 e i 30 anni, e un’età media di insorgenza di 17 anni. L’anoressia nervosa è una patologia che si manifesta generalmente con una perdita di peso, accompagnata da un rifiuto di alimentarsi ed un’intensa paura di ingrassare; a differenza della bulimia nervosa che causa una spinta incontrollata a ingerire grandi quantità di cibo in tempi piuttosto ristretti, le cosiddette “abbuffate”, seguite da vomito autoindotto, o da altre forme di compensazione, come lunghi periodi di digiuno, eccessivo esercizio fisico o abuso di lassativi e diuretici. Oggi però, sentiamo sempre più spesso parlare anche di binge eating disorder, un disturbo che porta la persona a nutrirsi in modo incontrollato senza mettere in atto condotte compensatorie o eliminatorie. E poi c’è chi soffre di ortoressia nervosa e prova un’intensa paura all’idea di mangiare cibi contaminati o insalubri, tale da compromettere la sua vita quotidiana e sociale, schiavo delle proprie scelte alimentari iperselettive e ossessive, oppure chi manifesta la vigoressia e percepisce il suo corpo sempre esile e poco muscoloso tanto da stremarlo in palestra e metterlo in pericolo con anabolizzanti e altri intrugli.

Richiamare l’attenzione sui disturbi del comportamento alimentare è importante nel corso della pandemia da Covid-19, non solo per l’inadeguatezza dell’offerta di trattamenti psicologici e psichiatrici ma anche perché il rischio di ricaduta o peggioramento della patologia è alto, e la comparsa di un disturbo dell’alimentazione ex novo è più probabile in un momento di stress e isolamento sociale. Ma guarire si può.

Tra i boschi di Cuasso al Monte, in provincia di Varese, si trova Villa Miralago, un centro di eccellenza per la cura dei disturbi del comportamento alimentare che accoglie persone che soffrono di anoressia, bulimia, disturbo da alimentazione incontrollata e obesità. Il centro, in mezzo al silenzio delle montagne, è costituito da tre comunità per adulti e una comunità per minori. È convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale e ad oggi ospita una sessantina di pazienti.

Per l’equipe di Villa Miralago, composta da psichiatri, psicologi, nutrizionisti, educatori, “guarire vuol dire non aver più bisogno di manomettere il proprio rapporto con il cibo e con il corpo. Guarire significa non essere più costretti a ricorrere al cibo per assecondare le proprie aspettative di perfezione, significa non dover più fustigare il proprio corpo per le lenire le proprie colpe (chissà poi per quale reato commesso), guarire significa essere liberi di entrare in risonanza con la propria umanità senza sentirsi troppo giudicati o in balia dello sguardo altrui”.

Abbiamo incontrato, seppur a distanza, il dottor Luca Modolo, neuropsichiatra infantile e direttore sanitario di Villa Miralago e la dottoressa Marta Agosti, psichiatra, psicoterapeuta e vicedirettrice sanitaria. 

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Quando parliamo di dca di cosa parliamo?

Luca Modolo: il disturbo del comportamento alimentare è un disturbo psichiatrico che influenza il comportamento alimentare. Ha una base psicogena, l’origine è psichica ma l’espressione del disagio è somatica, si manifesta sul e attraverso il corpo. L’espressione del disturbo è variegata.

Esistono disturbi di cui in passato si sentiva parlare poco, come l’ortoressia, la vigoressia, la drunkoressia, la sindrome dell’alimentazione notturna…

Luca Modolo: questa è una “superselezione” dei sintomi. Si tratta di segnali di allarme, oppure di particolari espressioni di un disturbo maggiore, che vanno indagati e inquadrati meglio nella persona che le manifesta.

Marta Agosti: oltre a poter essere parte di disturbi più grandi, queste forme come la vigoressia, l’ortoressia, le abbuffate, fanno parte di sintomi che si verificano all’interno della storia clinica di una stessa persona. I sintomi possono variare. Oggi come oggi è difficile ritrovare un’anoressia restrittiva pura rimasta tale magari per vent’anni. Succede più frequentemente che ci sia una variazione di sintomi, si passa dall’anoressia alla bulimia, con all’interno questo corredo di sintomi. Di sicuro, ho potuto notare, nella mia esperienza da medico, un maggior numero di casi di ortoressia, casi di abbuffate compulsive, o abbuffate alcoliche.

Ma è vero che i dca colpiscono ancora oggi maggiormente le donne?

Marta Agosti: è vero che rimangono problematiche principalmente femminili ma ancora oggi è abbastanza difficile per un uomo, un ragazzo, far venire alla luce certi disturbi che purtroppo vengono considerati di appannaggio femminile. Oggi però si rilevano maggiormente rispetto a un tempo.

Sono molti invece gli adolescenti e i ragazzini che soffrono di questi disturbi?

Luca Modolo: Villa Miralago ha una sezione dedicata all’età evolutiva (la comunità Primavera; ndr) e l’incidenza purtroppo è sempre crescente in questa fascia di età. Le segnalazioni che riguardano minori sono sempre di più. A volte l’esordio è molto precoce: ci sono casi dell’età infantile, che vengono trattati in ambulatorio. Arrivano in comunità però anche all’età di 13 anni.

Come e perché nascono i disturbi del comportamento alimentare?

Luca Modolo: Quello che è da mettere in evidenza è che non c’è una causa che possiamo precisare che spiega la genesi del disturbo. La spiegazione migliore è la “multifattorialità”, la causa è legata alla persona, ai rapporti che la persona instaura con gli altri, alle esperienze concrete che ha avuto nella vita. La somma di queste variabili precipitano in un disturbo che per ognuno è differente.

I modelli sociali influenzano l’insorgere di questi disturbi? Mi riferisco soprattutto ai modelli femminili proposti dai media che spesso si dice condizionino in età evolutiva…

Luca Modolo: si è vero ma il problema non va preso a spiegazione della malattia. Quello che importa, per esempio, è che tipo di esperienza di attaccamento ha avuto quella persona durante l’infanzia con i propri genitori, come sono stati i suoi scambi relazionali fin dai primi anni di vita e se le altre esperienze relazionali hanno confermato quel modello o no. La domanda da porsi è: come i fattori sociali si sono intersecati con la vita affettiva? Non additerei i fattori sociali. In alcuni attecchiscono, soprattutto se ci sono fattori predisponenti, per in altri invece non promuovono niente.

Perché però il cibo ha una relazione così potente con la salute mentale e i suoi disturbi?

Luca Modolo: il cibo rimanda all’oralità e l’oralità rimanda a questo, all’approccio relazionale che il bambino ha a partire dalla sua nascita con la madre. È una cosa molto antica nell’esperienza di una persona ed è quella che ti mette in contatto con l’altro. L’adulto è stato bambino.

Com’è il vostro modello di cura a Villa Miralago?

Luca Modolo: a Villa Miralago abbiamo sessanta ospiti tra adulti e minori. Il nostro è un approccio complesso ma dedicato alla persona, non al disturbo. Cerchiamo di capire in ogni singola persona perché e come si è sviluppato quel disturbo. La cura è molto personalizzata, cerchiamo di capire che significato ha quel sintomo per la persona per poi trattarlo. Questo è l’aspetto analitico del nostro approccio. Inoltre, i disturbi del comportamento alimentare, di questa gravità, spesso non vengono trattati prima dell’ingresso in comunità e hanno la necessità di un trattamento complesso, non basta il rapporto uno a uno, medico paziente. C’è bisogno di una squadra di professionisti che insieme al paziente, coinvolgendo se possibile la famiglia e la rete del territorio che lo seguirà dopo la comunità, collaborino. Questo è il metodo di cura che dà risultati migliori.

Marta Agosti: il nostro metodo si basa molto sul lavoro di gruppo, dei professionisti, ma anche con i pazienti. È un approccio dedicato alla persona ma basato sul lavoro gruppale, questo è quello che ci contraddistingue. Lavoriamo in maniera integrata. I pazienti, inoltre, hanno una parte di vita comunitaria, oltre agli interventi individuali, ci sono attività riabilitative, terapeutiche di gruppo ma anche momenti di svago, di tempo libero. È un modello di cura fortemente improntato allo stare insieme.

Luca Modolo: quello che dico sempre è che la comunità è fatta da persone che pensano e fanno insieme, tra colleghi e con i pazienti. Noi cerchiamo di trovare un modo per stare insieme e superare le difficoltà per stare insieme e curare i nostri pazienti rispetto alle difficoltà di relazione con gli altri e con il cibo.

Quanto può durare il percorso di cura di un paziente in comunità?
 
Luca Modolo: dipende dalle risorse e dalla complessità del caso ma normalmente arriviamo ad alcuni mesi, di solito diciotto. Il percorso di cura complessivo dura invece, secondo letteratura, circa sei otto anni.

La rete del territorio funziona? Non c’è difficoltà di cura fuori dalla comunità?

Luca Modolo: dobbiamo instaurare la cultura di intervento che purtroppo è ancora da costruire. Le risorse possono mancare ma molto dipende anche dalle persone che i pazienti incontrano in queste reti. Le reti sono fatte di persone prima di tutto. La comunità è una parte dell’intervento, il caso deve essere ben costruito prima e poi seguito e preso in carica dopo la comunità. Noi abbiamo dei casi di minori presi in carico in maniera molto più completa rispetto agli adulti, alcune reti vanno migliorate. L’invio in comunità è fatto principalmente dalle istituzioni pubbliche ed è quello che poi promuoviamo, mi riferisco al Centro Psico Sociale o all’Unità Operativa Neuropsichiatria Infanzia e Adolescenza (UONPIA) per esempio.

La pandemia quanto ha influenzato la vita in comunità e quanto ha influenzato invece l’insorgere di questi disturbi?
 
Marta Agosti: in comunità è stato un anno difficile per la gestione del Covid, per un periodo abbiamo dovuto rallentare i ricoveri, sono state sospese le uscite, le visite a casa e questo si riflette sul percorso di cura dei pazienti. La fase del rapporto con l’esterno è molto importante. L’isolamento sociale poi è un problema già molto spesso concomitante a questi disturbi e per chi non è in comunità si è aggiunto anche il problema di un minor accesso alle cure a causa del Covid. Da un punto di vista psicologico, invece, il fattore morte e malattia, da cui siamo condizionati da oltre un anno, e il fatto che ci troviamo in un periodo storico in cui l’unica cosa aperta è il supermercato, è la situazione ideale per far esplodere certi disturbi, già in essere o latenti. Soprattutto se guardiamo a chi ha già un rapporto particolare con il corpo, con il cibo. Quello che abbiamo notato è di sicuro un incremento delle richieste dei ricoveri, alcune anche con una certa urgenza, con lo scopo di allontanare il paziente da situazioni familiari particolari che mantengono o peggiorano il disturbo.

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L’associazione Ananke ha inaugurato in questi giorni a Milano “Mi…in..formo”, uno sportello informativo di ascolto sulle problematiche inerenti i disturbi del comportamento alimentare. Si tratta di uno spazio che si trova proprio nella sede di Ananke, al civico 2 di via Fabio Filzi, e che dal 15 aprile al 15 luglio offrirà accoglienza telefonica, video web o in presenza, totalmente gratuita. 

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Foto: Villa Miralago

TAG: dca, disturbi del comportamento alimentare, Psichiatria, Villa Miralago
CAT: salute e benessere

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