Salute mentale

L’Io virale: le conseguenze caratteriali

1 Maggio 2020

Passata la fase acuta della pandemia (speriamo…), si afferma che dovremo per un po’ convivere con la presenza, sia pure attenuata e seminascosta del virus, e ci saranno cambiamenti del nostro modo di vivere. Non mi interessa qui considerare, dal punto di vista sociologico, economico e sanitario lo strascico di quanto sta succedendo. Vorrei mettere in luce, dal punto di vista clinico, l’ipotesi del danno “permanente” psichico che potrebbe essere stato provocato dall’attraversamento,anche indenne, di questa drammatica situazione presente. Mi riferisco alle modificazioni non tanto degli atteggiamenti e dei comportamenti, ma della matrice interiore di questi e che, in modo abbastanza generalizzato, definiamo in termini di “carattere”.

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Ci sono tante ipotesi su come si sviluppa il carattere e si riferiscono a variabili di tipo neurofisiologico, a quelle relative allo sviluppo infantile o all’influenza delle circostanze storiche e sociali e simili.

C’è però una costante che in genere, anche attraverso punti di vista diversi, viene riconosciuta al carattere delle persone, un certo grado di stabilità e fissità. Cioè, con aria sconsolata, ogni tanto qualcuno afferma (magari a proposito di un altro) che “ognuno ha il proprio carattere”. Anche per noi clinici, la fissità del carattere dei pazienti, diventa spesso un ostacolo contro il quale si infrangono anni di terapia analitica. Ma vi sono però certe altre situazioni nelle quali il carattere, o parte di esso, viene modificato.

Sono le cosiddette situazioni traumatiche e cioè eventi di una tale intensità che destabilizzano l’asserita stabilità caratteriale. Freud se ne era occupato considerando le nevrosi di guerra relative al primo conflitto mondiale. E aveva anche fatto presente che non solo ci fossero, come ormai la psichiatria militare era costretta ad ammettere, i gravi disturbi psichici dei soldati traumatizzati ma, anche, il fatto che la maggior parte dei militari, nelle stesse condizioni, non avessero questi disturbi. E aveva avanzato un ipotesi, e cioè che, per motivi difensivi, una parte del carattere si fosse modificata adattandosi alla situazione traumatica, e cioè facendo coabitare, nella psichicità di questi soldati, accanto all’Io di base, un “Io militare”. Tutto ciò verrà poi sistemato, successivamente, teoricamente col concetto di “scissione dell’Io”.

Perché ci interessa qui questa ipotesi e cioè che eventi traumatici possiamo provocare trasformazioni caratteriali? Perché forse anche la situazione epidemica, può lasciare degli strascichi caratteriali, cioè con un certo grado di stabilizzazione. Parafrasando Freud, invece di un Io militare, forse,vassistiamo ad una scissione interna di una parte di noi, in un “Io virale”.

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Il rafforzamento di questo processo può avvenire anche perché, purtroppo, la pandemia non cesserà tutta di un colpo ma il virus, in modo nascosto e ,speriamo, per lo più inoffensivo, continuerà a circolare, richiamando alla vigilanza le istituzioni ma anche l’immaginario collettivo. E quali potrebbero essere le conseguenze psicologiche di questo “Io virale”? Aumenterebbero le tendenze narcisistiche (l’allontanamento dagli altri), la maniacalità (l’onnipotenza senza freni) ma anche depressione esistenziale e persecutorietà paranoide (gli altri come nemici). Lo so che invece si fanno affermazioni quasi vivificatrici dell’esperienza epidemica, e cioè il ritrovamento di una propria riflessività esistenziale interiore, il rafforzarsi della solidarietà e tante altre cose edificanti che si pensano magari andando al funerale di qualcuno. Ma io faccio una professione medica e devo badare solo alle malattie.

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