Sei mesi dopo la politica riesce solo a occuparsi dei nostri comportamenti

12 Ottobre 2020

“Io sono per la proibizione delle feste private. Come controlleremo? Contiamo sulle segnalazioni dei vicini”.*

Fa una certa impressione, ammettiamolo: la frase pronunciata dal ministro della Salute fa una certa impressione. Ma non solo, e per quanto mi riguarda non tanto, per la paura che uno stato democratico in cui viviamo da cittadini liberi si trasformi di colpo in una grottesca caricatura della DDR. Molto di più, è molto più realisticamente, a colpire negativamente, è che sei mesi dopo l’inizio dell’emergenza il capo della sanità italiana si ritrovi a dare, come risposta principale, disposizioni di ordine pubblico, regole di comportamento personale, in sostanza dispositivi sociali, a tacere del fatto che la legittimità e applicabilità di una norma che vieta ritrovi privati è tutta da dimostrare.

Sia ben chiaro: per questo tipo di epidemie regole di comportamento attento, anche rigido, sono importanti, e ormai lo abbiamo capito, e le conosciamo. Abbiamo anche dimenticato e perdonato il tempo in cui proprio il consulente principe di Speranza, Ricciardi, diceva che le mascherine le devono mettere solo i sintomatici. Che fare feste e affollarsi in questo tempo sia stupido e nocivo lo sappiamo, e lo ripetiamo volentieri.

Ma ci sono alcuni ma. Il ministro Speranza, in buona compagnia, date le competenze concorrenti delle regioni, in materia, ha avuto diversi mesi per preparare questa temuta e molte volte annunciata seconda ondata. Servivano più posti nelle rianimazioni, ma sono cresciuti lentamente. Servivano tante dosi di vaccini antinfluenzali, e i pasticci di alcune regioni – e proprio della flagellata Lombardia – ci dicono che ne mancheranno altrettante. Serviva allineare i tempi di quarantena e test rapidi al resto d’Europa, e sarà fatto solo ora, forse: ma sicuramente tardi. Serviva ordine e precisione nel raccomandare smart working e adeguamento dei mezzi pubblici. Serviva concretezza nel dimostrare che la scuola viene prima di tutto, e non solo del calcio Servivano molte cose di competenza della politica nazionale e regionale, e pare che tutti succeda tardi e male.

Peccato, davvero, perché facendo prima e meglio sarebbe stato più facile e forte raccomandare ai cittadini di mettere le mascherine, di evitare socialità accalcata e disattenta, di fare gli adulti, come adulto è stato il governo. Invece siamo dove siamo: con un ministro della Salute che parla da ministro dell’Interno e con Gallera che torna a fare capolino in diretta Facebook. Sei mesi fa ci mordemmo la lingua, stavolta parleremo più chiaramente. Naturalmente, tenendo bene la mascherina davanti a naso e bocca.

 

*la regola caldeggiata non è stata introdotta, nel nuovo DPCM, licenziato la notte seguente alla pubblicazione di questo articolo. A porre un veto rispetto all’obbligo, chiedendo di limitarsi a una raccomandazione, sarebbe stato anche il Quirinale, come riportato da diverse fonti di Stampa.

TAG: regione Lombardia, roberto speranza, sanità
CAT: Sanità

Nessun commento

Devi fare per commentare, è semplice e veloce.

CARICAMENTO...