Benessere
A Genova i primi diplomati doula del fine vita: nasce una nuova figura di cura
Trentatré professionisti hanno completato il primo corso italiano dedicato a formare figure capaci di offrire supporto umano e competente nel momento dell’addio. Unisce etica, scienza e umanità per rispondere a un bisogno profondo e così spesso invisibile
C’è un momento della vita in cui le parole si fanno leggere, la carezza diventa cura e il silenzio è la forma più sincera di compagnia. È lì, per quest’ultimo tratto del cammino, che sta nascendo una figura professionale nuova, delicata, coraggiosa: la doula del fine vita.
E Genova, città di partenze e approdi, ha visto nascere le prime in Italia.
Un diploma che cambia lo sguardo sulla morte
In un’aula del Centro Studi Edoardo Vitale, affacciata sul mare, trentatré persone hanno ricevuto il diploma dopo un percorso biennale intenso, multidisciplinare e profondamente umano. Sono le prime doule del fine vita d’Italia. A differenza delle più note doule della nascita, che assistono durante gravidanza e parto, queste nuove professioniste accompagnano le persone nel tratto finale dell’esistenza, offrendo ascolto, conforto, orientamento.
Un traguardo che non ha nulla di simbolico: è concreto, riconosciuto da enti autorevoli come l’International Chair in Bioethics, dagli Ordini professionali, dall’Università di Genova. Un percorso che ha ricevuto il sostegno di realtà come l’Istituto Italiano di Bioetica e la LILT, a conferma di quanto questo progetto abbia intercettato un bisogno reale e spesso ignorato.
Cosa fa una doula del fine vita?
Non è una figura medica, né religiosa. È una presenza competente, calda e non invasiva, capace di stare accanto a chi muore e alle loro famiglie, senza sostituirsi a nessuno. Una sorta di custode dell’intimità dell’addio, una testimone empatica capace di leggere i silenzi, sostenere la comunicazione tra i soggetti coinvolti, aiutare a dare un senso al tempo che resta.
La doula del fine vita non cura, ma si prende cura. Accompagna nel dolore fisico e in quello esistenziale, sostiene nelle scelte difficili, agevola il dialogo con i sanitari, ma soprattutto crea uno spazio dove le emozioni trovano voce. Dove anche la morte può essere vissuta con dignità.
Una risposta al nostro tempo
In un Paese che invecchia, dove le malattie croniche aumentano e il dibattito pubblico si interroga su eutanasia, accanimento terapeutico e libertà di scelta, questa figura professionale diventa necessaria. Non solo per chi è in fase terminale, ma per tutta la comunità: la doula del fine vita è un ponte tra medicina, etica, spiritualità e affetti, in un tempo che troppo spesso rimuove la morte come fosse una colpa, un errore, una sconfitta.
La responsabile del percorso formativo, la psicologa Linda Alfano, ha progettato un programma che intreccia saperi e sensibilità: dalla filosofia alla palliazione, dall’antropologia alla comunicazione in situazioni di crisi, fino al diritto e alla spiritualità. Un mosaico pensato per formare persone capaci di stare nel momento forse più fragile e, insieme, più potente della vita.
Morire accompagnati è possibile
Nel silenzio emozionato della cerimonia, chi ha ricevuto il diploma non ha celebrato solo un traguardo personale. Ha testimoniato un cambiamento culturale che si fa strada: morire accompagnati è possibile. Non è un’utopia, non è un lusso per pochi. È un diritto, e una scelta.
In un tempo che ci ha insegnato a temere il dolore e a medicalizzare ogni passaggio, queste nuove doule ci ricordano che la cura non finisce dove la medicina si arresta. Che il morire può essere vissuto, non solo subito. Che l’addio può essere umano, intero, condiviso.
Forse non cambieranno il mondo. Ma, una persona alla volta, cambieranno il modo in cui usciamo da questo mondo. E questo, oggi, è già rivoluzionario.
Foto di copertina: Opera di Pamela Busoni, guardala su Pixtury
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