Betafence 2. Il delegato: ‘Licenziamenti ingiustificati. Li fermeremo’
Intervista ad Antonio Errico, RSU FIM CISL, Betafence Italia
Mercoledì, il giorno dopo l’incontro tra governo, azienda e sindacati, e poche ore dopo l’assemblea tenuta in fabbrica per informare i colleghi circa l’esito del tavolo ministeriale abbiamo sentito Antonio Errico, RSU dello stabilimento di Tortoreto, per chiedergli alcune valutazioni dall’interno della fabbrica.
Com’è andato l’incontro col MISE e l’azienda?
L’incontro, contrariamente a quello che chiedevamo, si è svolto in modalità ‘virtuale’, perché il MISE ci ha fatto sapere che non disponeva di una stanza dove si potessero riunire le delegazioni nel rispetto del distanziamento sociale. Inoltre ha partecipato l’amministratore delegato di Praesidiad, il gruppo di cui fa parte Betafence, ma non c’era nessun rappresentante di Carlyle, proprietario di Praesidiad. Come organizzazioni sindacali avevamo chiesto la presenza di Marco Debenedetti o comunque di un rappresentante del fondo e la loro assenza è un fatto negativo, anche perché Carlyle in Italia in questo momento ha interessi che in qualche modo si intrecciano con l’attività di Betafence. Nei mesi scorsi, ad esempio, ha presentato un’offerta per rilevare le Officine Maccaferi di Zola Predosa, in amministrazione controllata, di cui il nostro stabilimento è un fornitore. Infine l’Azienda ha ribadito l’intenzione di trasferire la produzione facendo partire le procedure di licenziamento il primo di gennaio. Vuol dire che calcolando i tempi stabiliti dalla legge a metà marzo i giochi sarebbero fatti.
Quanti lavoratori verrebbero licenziati?
130 su 155. Rimarrebbero 25 dipendenti, cioè magazzino e logistica, ma con un’azienda che non ha una reale prospettiva di sviluppo industriale credo che anche quei posti di lavoro non durerebbero fino alla fine del 2021.
Come vi siete lasciati?
Noi abbiamo ribadito che consideriamo il piano inaccettabile e non giustificato dai numeri che la stessa Betafence Italia ci ha fornito venerdì scorso. Secondo i manager italiani il fatturato nel 2020 è rimasto invariato nonostante il covid e i profitti sono addirittura aumentati del 20%. I manager londinesi del gruppo invece sostengono che lo stabilimento italiano ha problemi di produttività e che ci sono produzioni in perdita. Alla fine siamo rimasti che ci rivediamo nelle prossime settimane, forse già la prossima, dopo che loro avranno fatto una verifica sui numeri.
Una verifica sui numeri? Non è strano? Sembrerebbe che ci sia qualche problema anche nel management…
Forse, ma potrebbero anche esserci altre ragioni. In ogni caso a noi pare chiaro che il quadro negativo dipinto dagli inglesi è funzionale a creare le condizioni per chiedere la cassa integrazione covid, mentre a nostro avviso queste condizioni non sussistono, perché l’attività dello stabilimento non ha risentito del lockdown.
E il Governo? I commenti sono stati abbastanza positivi…
In effetti la sottosegretaria Todde durante l’incontro si è schierata al nostro fianco.
Il MISE ha fatto delle proposte o annunciato iniziative?
No, diciamo che hanno sostenuto la posizione del sindacato, ma non si sono spinti su quel terreno.
Qual è il clima che si respira in fabbrica?
Oggi abbiamo fatto un’assemblea per fare un resoconto dell’incontro di ieri ai colleghi. E’ chiaro che tutti sono molto delusi dall’atteggiamento di chiusura dell’azienda, ma non c’è un atteggiamento di scoraggiamento o, peggio ancora, di depressione. Nel mese di agosto abbiamo fatto uno sciopero e organizzato numerose iniziative per sensibilizzare la politica e i cittadini. Continuiamo a tenere il presidio in fabbrica e siamo pronti a lottare per bloccare i licenziamenti. Ora però aspettiamo di sapere quando sarà convocato il prossimo incontro, che, come dicevo, potrebbe arrivare in tempi brevi e vediamo che cosa ne uscirà.
Intervista tratta dalla newsletter di PuntoCritico.info del 4 settembre.
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