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EUREKA (Archimede Pitagorico e me)

di Salvatore De Luca
29 Dicembre 2021

Le feste di Natale e il semi-lockdown mi hanno giocato un brutto scherzo e adesso ho bisogno di aiuto.
Tornato a casa mia ho incontrato vecchi amici, uno in particolare.
E’ sempre stato strano ma adesso è davvero diverso da chiunque, dice di non capire, dice di non aver paura come gli altri, come me, come tutti. Io ci provo a convincerlo, ma senza successo e vorrei solo che la smettesse di tentare di farmi rinunciare ad avere paura, proprio adesso che mi ci sono abituato e comincia a sembrarmi normale.
Il mio amico ha più o meno la mia età. Mi sono accorto di non sapere esattamente quanti anni ha e vorrei evitare di chiederglielo…, se no sai che palle le sue teorie sulla relatività del tempo lineare, la curvatura dell’universo e la vita eterna. Tra l’altro è sano come un pesce, si prende cura di sé e a dire il vero è pure piuttosto antipatico con la sua alimentazione sana, la sua meditazione e la sua mezza-maratona sempre e ovunque. E’ un professore universitario, laureato in filosofia, statistica e lingue. Insomma un mezzo genio che si intende di cose umanistiche, spiritualità, filosofia, diritto, tradizioni ed etica, roba facile e inutile, ma pure di numeri e analisi, che sono cose difficili e reali. Dice che confida nel dubbio che muove la scienza vera, nel suo intuito, nell’esperienza e nel sentimento, e non capisce quelli come me, come noi che viviamo costantemente sovrastati dalla paura della morte che ci attende ogni volta che beviamo un caffè o andiamo al cinema.
Il mio amico riduce tutto all’essenza, trasforma problemi giganteschi che noi non sappiamo neppure come definire, in cose semplici e ragionamenti essenziali, crede all’esperienza diretta, al discernimento ed al libero arbitrio. Temo che creda pure nella libertà di espressione, opinione e azione e forse (addirittura) in Dio.
Insomma, per farmi capire cosa lo agita, mi ha messo di fronte a un esercizio e mi ha fatto alcune domande.
“Quante persone conosci che sono morte di C19 (manco con il suo nome intero lo chiama) dall’inizio ?”
Ho risposto due e gli ho detto chi erano, poiché li conosceva anche lui ha chiosato: “il primo era sopravvissuto a stento ad una patologia cardiaca ed è stato curato con un tubo che gli ha soffiato litri d’ossigeno nei polmoni, uccidendolo, la famiglia ha fatto causa all’ospedale. Il secondo aveva almeno quattro malattie gravi e croniche che lo avrebbero ucciso, una volta per una”.
Le ha pure citate a memoria ma io mi rifiuto di ripetere.
L’altra domanda è stata: “quante persone conosci che si sono ammalate seriamente da quando esiste il vaccino ?”
Ho risposto dopo un po’ perché ho scoperto che sono molte di più delle due di prima. Molte di più. Ho dovuto ammettere che uno è pure morto ed era giovanissimo, ma poi ho trovato la soluzione e l’ho zittito. “Mica sono sicuro che si siano ammalati perché hanno fatto il vaccino, nessuno lo ha certificato”. Meno male, se no sai che dramma, anche se mi è parso che sorridesse e che mi prendesse in giro.
Infine, mi ha chiesto quante persone conoscessi che sono morte dall’avvento della paranoia mondiale, per altre cause tipo cancro, ictus, infarto, malattie gravi ecc. Anche qui ci ho messo un po’ e ne ho contate un trentina, ma non credo di essere stato preciso.
Dopo questo interrogatorio del cavolo, mi ha messo davanti una pagina del Sole 24 ore del 28 dicembre con alcuni numeri, i dati dell’ultima settimana.
1)    Nuovi casi: + 78.313
2)    Attualmente positivi: + 61.352
3)    Morti: + 202
4)    Dimessi guariti: + 16.746.
“Beh ?”, gli ho detto.
“Beh…non è di morire per questa cosa che hai paura ogni giorno ? E allora leggi i dati usando il cervello, dato che ti vanti sempre di essere nato nella città di Pitagora prova almeno a fare due conti come Archimede Pitagorico, quello di “TOPOLINO””.
Giuro che mi ha fatto davvero incazzare, ma ha continuato: “fai due semplici operazioni: dividi i morti per il numero 1 e avrai la percentuale di morti rispetto ai malati, somma il numero 1 e il numero 2 e poi dividi il numero di morti per il risultato e avrai la percentuale di morti rispetto a tutti i positivi rilevati”.
Stavo per fare il calcolo e mi ha preceduto: “Ti aiuto io, Archimede. Fa lo 0,00257939 nel primo caso e lo 0,00144632% nel secondo”. “I morti sono più o meno lo zerovigolaventicinque percento dei casi diagnosticati di malattia”.
Non sapevo cosa dire e allora il genio mi ha incalzato: “Ti dò qualche elemento per fare un confronto come quello di prima. I morti per cancro sono ogni anno quasi 180.000 su un numero di diagnosi di circa 377.000, ovvero lo 0,47745358. Cioè, i morti sono più o meno il 47% dei nuovi casi diagnosticati.
Vuoi che ti parli di infarto ? 120.000 casi all’anno e quasi il 29 % di morti.
Passiamo all’ictus ?  Si muore in circa il 20-30% dei 200.000 casi di ogni anno a seconda di alcuni fattori.”
Me ne stavo lì, tramortito a guardare quella pagina rosa quando il professore ha concluso: “muore lo 0,25% di chi si ammala in un momento di grande diffusione del virus e tu muori di paura dopo tre dosi di vaccino e nessun buon motivo per farlo. Al tuo posto proverei a cambiare qualcosa, non credi ?”
Poi ha ammesso che la sua esemplificazione è sbrigativa e che i risultati dovrebbero essere ponderati e sottoposti a qualche metodo che non ho capito per essere bilanciati e resi scientifici, ma che il dato rilevante rimane pressappoco quello del calcolo da bottega fatto poco prima.
Ha concluso dicendo che aspetterà fino alla fine delle feste che io lo smentisca, con qualsiasi mezzo.
Adesso il problema è questo, qualcuno mi aiuti a dargli torto e smonti le sue conclusioni. Io non ne sarei capace ma di certo ci saranno mille scienziati, virologi, epidemiologi, opinionisti, tronisti, massaie, geometri, avvocati e pastori (di pecore o d’anime è uguale) tra quelli che ogni giorno predicano il terrore cosmico che possono facilmente dimostrare che sto virus è pericoloso come la peste e per questo abbiamo trasformato le nostre vite in questa pantomima.
Per favore, fornitemi gli argomenti giusti entro l’Epifania.
Così potrò sputtanare il mio amico professore, continuare ad avere paura e vivere normalmente, come tutti.

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