
Relazioni
Abbiamo smesso di abitare le persone
Tutti parlano di rigenerazione urbana. Nessuno parla di corpi che non ricevono più visita. Il Paese ha restaurato muri, ma ha lasciato sbriciolare i volti.
Abbiamo ristrutturato tutto. Abbiamo rifatto i centri storici, i borghi, i marciapiedi. Abbiamo recuperato i ruderi, bonificato le cave, asfaltato le strade. Abbiamo sistemato i muri, le travi, i tetti. Ma abbiamo smesso di guardare dentro le finestre. Abbiamo curato le case. Ma abbiamo smesso di abitare le persone.
Mi è capitato di entrare in un appartamento appena ristrutturato. Tutto nuovo. Cucina a induzione, pavimenti chiari, arredi minimali. Al centro c’era una donna. Seduta. In silenzio. Nessuno andava più a trovarla. Le stanze erano perfette. Il suo volto, no.
Il nostro Paese è diventato un cantiere di rigenerazione estetica. Ogni piano urbanistico promette luce, verde, condivisione. Ma nei quartieri non ci si parla più. Nelle RSA i vecchi muoiono senza nomi. Nei condomini si litiga per il cane che abbaia. Abbiamo rifatto le porte, ma non sappiamo più bussare.
L’assistenza è diventata una facciata. I progetti sono puliti, ordinati, moderni. Ma chi entra davvero nelle vite? Chi si siede sul letto di chi piange? Chi resta con chi ha perso tutto? Chi accompagna davvero?
Le case sono belle. Ma disabitate. Disabitate nel senso più feroce: c’è dentro qualcuno, ma nessuno lo vede. Abbiamo confuso l’abitare con il possedere. L’assistenza con la burocrazia. La cura con l’estetica.
Ci congratuliamo o bestemmiamo per i bonus, per i fondi PNRR, per la coesione territoriale. Ma non ci accorgiamo che abbiamo smesso di toccarci. Di entrare. Di perdere tempo con chi non produce. Con chi non serve.
Le nostre città sono piene di terrazze fiorite e balconi silenziosi. Lì, dentro, c’è qualcuno che aspetta. Qualcuno che non ha bisogno di una casa nuova. Ma di qualcuno che bussi, e si fermi.
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