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Relazioni

Vittorio F. e la tenerezza di un figliolo. Ma non è giornalismo, è Boris

di Michele Fusco
28 Novembre 2020

Ma no, ma no, non ci ho visto familismo, piuttosto tenerezza e protezione, sentimenti straordinari che fanno onore al sempre giovane Mattia, ma che nulla hanno a che vedere con il giornalismo e, marginalmente, anche con il ruolo di direttore ch’egli riveste all’Huffington. Quale sarebbe la colpa, del resto, di difendere il proprio padre dall’accusa d’essere un interprete malvagio dei sentimenti femminili più profondi? Lui stesso, orgogliosamente figlio, si è posto come obiettivo di non parlare o scrivere mai di Feltri Vittorio, orgogliosamente padre (e fuoriclasse del mestiere, en passant). Ma se ne scrivono gli altri, e potrebbero, come caspita dovrebbe comportarsi l’amore di papà, il quale, tra l’altro, ieri ha meravigliosamente sfidato Boldrini a battersi con lui e lasciare stare il piccolo? È un bel problema, che prima o poi si sarebbe posto e lo sapeva bene anche lui, vista la produzione torrenziale quotidiana di pezzi del buon Vittorio, che come valutazione giornalistica vanno generalmente dal 7+ al 9 e lasciamo volentieri quella morale/moralistica agli eserciti di Murgia&Co. Si è persino doluto, Mattia, della poca sensibilità di Boldrini che non doveva permettersi, e proprio sull’Huffington. C’è uno stile, un volare alto tra gentiluomini in giacca e cravatta come sono sempre stati Vittorio&Mattia, impeccabili inglesi in terra bergamasca. Ma la già presidente, insospettabilmente e per una volta parca di arroganza, aveva dedicato al Feltri più riconosciuto solo tre piccole righe di un lungo pezzo e neppure tre righe intinte nel veleno: «”Cosa dire del resto dell’intervento di Feltri su Libero, in cui si attribuiva la responsabilità dello stupro non all’imprenditore Genovese ma alla ragazza diciottenne vittima?”
Insomma, tre righe che a Vittorio avrebbero fatto notoriamente un baffo, e a cui, come poi ha simpaticamente minacciato, avrebbe anche “educatamente” risposto, a Mattia provocano un subbuglio. Accade che a differenza di nostro padre, che ha le spalle larghe, molto larghe, e ha certamente visto molto più di noi nella vita, noi che restiamo sempre figli non siamo mai pronti a sentire qualcosa di storto sulla persona che portiamo infinitamente nel cuore. Non siamo pronti, né saremo mai pronti.

È un difetto? Forse. Ma chi può darci la colpa, chi può puntare il dito? Certo, è un po’ da anima bella mettere in carico agli altri lo stile o la sensibilità, come ha fatto Mattia a scudo del cuore di papà. Non sono gli altri che devono mettersi i guanti, e peraltro in questo specifico caso la Boldrini li ha infilati, siamo noi che dobbiamo farci la nostra corazza sentimentale. Non vogliamo soffrire neppure un cicinin? Ma allora dichiariamolo in premessa. Mettiamolo nero su bianco sul contratto che un giorno dovesse insospettabilmente regalarci l’ebbrezza di una direzione giornalistica, facciamone un sottotestata visibile a tutti: «Questo è giornale libero, fino al momento in cui non rompete i coglioni su V. F., papà». Ma se arrivano tre righette su babbino che sono una stronzatina in mezzo a un oceano, non puoi chiudere il giornale, dai.

Poi ci sono i giornalisti che, come sapete bene, sono la parte più deprimente. E che fanno di una questione squisitamente giornalistica, un nobilissimo mischione sentimental-professionale. Si va da intonazioni vagamente comiche alla Gaia Tortora, che scambia la faccenda per un episodio de “Gli occhi del cuore 2” di Boris (“Un figlio oltre che un direttore“), a teneri foglianti tipo tal Vitiello che vorrebbe dettare tempi e modi del mestiere: «La cosa delirante, da caso clinico, è pensare che esista in Italia un solo direttore di giornale con il potere di “censurare” alcunché. L’ex presidente della Camera, poi: figurarsi». Tutti, al fondo, fanno capire una cosa: che Mattia è soprattutto un bravo figlio e che in fondo questo atto di modesto imperio di cancellare la Boldrini va riconsiderato esattamente in quell’ambito, l’ambito del cuore, di un figlio che adora il proprio padre e averne di figli così. Una sensibilità sulla quale poco c’è da commentare, ma che con il giornalismo c’entra nulla. Ma questa non è neanche una colpa di Mattia.

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